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Procreazione medicalmente assistita: la guida completa

Tutto quello che bisogna sapere prima di rivolgersi a un centro per la PMA

Un aumento costante e progressivo di coppie italiane che si rivolgono ai centri di procreazione medicalmente assistita nella speranza di avere un figlio. Nel 2019 erano 78.618, nel 2014 non arrivavano alle 71.000. Le cifre sono contenute nell’ultima relazione del ministero della Salute. Sono 14.162 i nati vivi con tutte le tecniche di procreazione assistita. Si tratta del 3,4% degli oltre 420 mila nati nel 2019. Uno studio ha confermato che non ci sono differenze di salute tra i bambini nati con la fecondazione assistita, rispetto a quelli concepiti senza aiuto.

Perché le cifre aumentano?

I motivi sono molteplici. Innanzitutto l’età, che è la più avanzata di tutto il mondo. Troppo spesso le coppie pensano a realizzarsi in tutti gli altri campi della vita e superati i 40 anni pensano a un figlio. Questo è il primo paradosso, perché più si è avanti con l’età più è difficile avere una gravidanza anche medicalmente assistita.

Gruppo San Donato

Va poi sottolineata l’influenza ambientale. È ormai certo che l’inquinamento aumenti i casi di infertilità soprattutto negli uomini.

Le donne italiane le più anziane d’Europa in media per il primo parto

«In Italia la fertilità naturale si sta perdendo in primis perché l’età media di ricerca del primo figlio per la donna è in costante e drammatico aumento. Nell’Unione Europea siamo ultimi per età media delle mamme al primo parto, 31 anni e due mesi». Enrico Papaleo è responsabile del Centro scienze della natalità dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Questo a causa del fatto che, «nei Paesi come il nostro in cui non esiste un welfare o, comunque, una situazione sociale che supporti la maternità, le gravidanze si posticipano».

Fertilità cala in modo sensibile dopo i 35 anni

«La curva della fertilità cala gradualmente dopo i 35 anni. Purtroppo a oggi di fertilità femminile e di tutela della stessa si parla molto poco. Le donne sono convinte che la loro fertilità rimanga intaccata fino all’arrivo della menopausa. La realtà è molto diversa. La sola presenza del ciclo mestruale, infatti, non è di per sé indice di fertilità. Purtroppo questo la gran parte delle donne non lo sa». Daniela Galliano è direttrice della sede di Roma dell’Istituto Valenciano di Infertilità (IVI).

Ecco allora che la PMA viene vista da molte persone come un modo per avere figli al limite (a volte anche oltre) di quanto consente l’età biologica. Per questo, pronostica l’esperta, «sicuramente in futuro si assisterà a un ulteriore incremento di coppie che si rivolgeranno alla fecondazione assistita».

Il successo è inversamente proporzionale all’età

Se da un lato è vero che le tecniche di preservazione della fertilità che prevedono il congelamento dei propri ovociti per poterli usare in futuro (social freezing) permettono di ritardare la gravidanza, dall’altro, dopo una certa età, le possibilità di esito positivo di tecniche di Fecondazione Assistita sono molto basse. «Nonostante le tecnologie odierne diano la possibilità di avere tassi di successo molto più alti rispetto anche a pochi anni fa, il fattore determinante è ancora l’età. Approcciarsi alla PMA omologa superati da poco i 35 anni permette una percentuale di successo maggiore rispetto a un trattamento intrapreso oltre i 40-45 anni».

Non c’è limite di età

«In età avanzata è la gestione ostetrica post-trattamento a costituire il problema. Più si va in là con gli anni e maggiore è il rischio di problematiche fisiche dovute all’invecchiamento biologico. In Italia la legge non stabilisce un limite di età di accesso alla PMA. Si parla solo di donne in età fertile. In generale i grandi centri si stanno orientando, soprattutto sulla più rischiosa fecondazione eterologa, a porre un limite omogeneo sui 49-50 anni. Oltre i 55 anni è discutibile se sia una buona pratica clinica o una malpractice. Dai 60 in su è senza dubbio una pratica illecita», spiega Papaleo. Per le donne può essere utile ricorrere a un esame che si chiama isterosalpingografia. Si tratta di un esame che permette di indagare la morfologia delle tube e della cavità uterina. Quest’esame, oltre ad indicazioni in merito alla fertilità, può fornire anche informazioni utili nei casi in cui la paziente abbia dovuto sostenere aborti ripetuti.

Procreazione medicalmente assistita: il Registro Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità

Proprio perché l’efficacia del trattamento è inversamente proporzionale all’età della donna. Per avere una stima della reale possibilità che la coppia ha di ottenere una gravidanza da qualche anno il Registro Nazionale della PMA dell’Istituto superiore di sanità fornisce la percentuale di gravidanza cumulativa. Espressione di successo che prende in considerazione le gravidanze ottenute con i cicli iniziati a fresco. Ci sono anche tutte le gravidanze ottenute con i cicli eseguiti con scongelamento di embrioni e di ovociti e quelle ottenute con tecniche di donazione di gameti.

Procreazione medicalmente assistita: il no a donne single e a coppie lesbiche

Limiti di età a parte, prosegue la specialista dell’IVI, «come Paese siamo ancora indietro dal punto di vista legislativo. Si pensi, per esempio, agli embrioni che vengono congelati a seguito di un trattamento di fecondazione assistita. Il loro destino in Italia, se non impiantati, è vivere in un limbo eterno. Non possono, infatti, essere dati alla scienza o donati, mentre in altri Stati questo è possibile. Un simile discorso può essere fatto per l’accesso alle tecniche di PMA per donne single o coppie di donne omosessuali, che in Italia non è permesso, mentre in Paesi quali la Spagna sì».

I problemi che si erano creati con la legge 40 sono stati superati da alcune sentenze

Per questo Daniela Galliano è firmataria di un appello ai nostri parlamentari per la riforma di quella legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita che, fa notare Papaleo, «ha cambiato drasticamente il nostro modo di lavorare. Nel senso che, ponendo limiti al numero utilizzabile di ovociti e producibile di embrioni, era andata a impattare in maniera negativa sulle cure e sui successi dei trattamenti. Prima della sua entrata in vigore erano più o meno allineati a quelli europei. Le successive sentenze della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti umani ci hanno, però, riallineati ai trattamenti standard internazionali e di buona pratica clinica per le coppie italiane».

La fecondazione eterologa in Italia

Il giro di boa, secondo la direttrice della sede romana dell’IVI, è arrivato nel 2014 con la possibilità di effettuare anche nel nostro Paese la fecondazione eterolog. «Questo è stato un enorme passo avanti per l’Italia. Fino a quel momento ammetteva solo la fecondazione omologa, ossia fecondazione assistita con gameti propri. Questo ha permesso a tantissime coppie di accedere alle tecniche di PMA e avverare il proprio desiderio di avere un bimbo». Tanto che nel 2017 sono stati effettuati 7.514 cicli di procreazione medicalmente assistita con tecniche di I, II e III livello con la donazione di gameti, in linea con la media europea che si attesta intorno ai 7/8mila cicli annui. In particolare, in Italia per il 2017 l’83% dei cicli effettuati con donazione di gameti è stato svolto in strutture private. Il restante 17% in strutture pubbliche, quindi questo dato può indicare al momento ancora una disparità di accesso alla tecnica.

Resta un grande divario tra Nord e Sud

In effetti in Italia la PMA non è ancora per tutti. Lo spiega chiaramente l’esperto del San Raffaele: «A livello statale non ci sono grandi fondi. Inoltre, l’organizzazione dei budget per la medicina della riproduzione viene demandata ai singoli enti territoriali regionali. C’è grande eterogeneità di trattamenti. Vi sono regioni virtuose, perlopiù al Nord, che supportano la totalità o quasi delle cure delle coppie con diagnosi di infertilità. Garantiscono una buona offerta sul territorio e anche la possibilità di accedere a strutture di altre Regioni con copertura del Sistema sanitario nazionale (SSN). In Lombardia, per esempio, si esegue quasi il 15% dei cicli nazionali, 10.000 su 75.000, tutti coperti dal SSN e i tassi di successo sono i più alti d’Italia.

Scegliete centri da almeno 1.000 trattamenti all’anno

Una corretta scelta del centro in cui sottoporsi ai cicli di PMA è fondamentale. «Sia in Italia sia in Europa il numero di trattamenti è la discriminante, tra l’altro connessa al numero di successi. La soglia che garantisce la buona qualità è mille all’anno», puntualizza Papaleo. «Nel nostro Paese il 75% dei cicli è fatto da meno del 20% dei centri. I più piccoli non riescono a garantire la stessa efficienza di quelli maggiori, non avendo né la tecnologia, lo staff e il know-how per offrire la miglior cura». Proprio i volumi di attività «congrui», come li definisce la citata relazione ministeriale, sono garanzia anche di sicurezza. Qui puoi trovare le cinque regole per trovare il centro giusto.

In Italia ci sono ottimi centri

«In Italia siamo a un ottimo punto rispetto a qualche anno fa. La sicurezza dei laboratori e la qualità dei trattamenti è garantita da una serie di normative del Centro nazionale trapianti, che, in unione alle aziende sanitarie locali, ha ormai praticamente ispezionato tutti i centri». Un altro indice di efficienza è, poi, la percentuale di gravidanze gemellari. «Sotto il 10% si è promossi, la soglia sostenibile è il 15 per cento. Sopra vuol dire che il centro trasferisce tutti gli embrioni in suo possesso perché non si sente sicuro del successo. Questo rende ancora più pericolose le fecondazioni eterologhe. In Italia purtroppo la media è ancora sopra il 15%, mentre, per esempio, al San Raffaele siamo al 7%».

Procreazione medicalmente assistita: quali sono le principali tecniche?

La PMA è indicata quando:

  • il concepimento spontaneo è impossibile o estremamente remoto,
  • altri interventi farmacologici o chirurgici sono inadeguati.

Si avvale, a seconda della gravità dei casi d’infertilità, di tecniche

Di base (I livello), meno invasive

Inseminazione intrauterina (IUI). Il liquido seminale, concentrato e potenziato in laboratorio, viene introdotto direttamente nella cavità uterina. Può essere attuato un ciclo spontaneo, cioè senza terapie di stimolazione ovarica, o con induzione farmacologica dell’ovulazione.

Avanzate (II e III livello), più invasive

Possono essere applicate in cicli di fresco (vengono utilizzati gameti ed embrioni non crioconservati) o in cicli di scongelamento (con gameti ed embrioni crioconservati, cioè conservati a temperature bassissime).

Fertilizzazione in vitro e trasferimento dell’embrione (FIVET)

L’unione di ovociti e spermatozoi avviene in provetta così da ottenere embrioni già fecondati da trasferire nell’utero materno.

La Icsi

C’è poi la microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI). Un singolo e selezionato spermatozoo viene iniettato all’interno del citoplasma ovocitario con trasferimento degli embrioni nell’utero a fecondazione avvenuta.

Il ricorso alla donazione di gameti – ovociti o spermatozoi – è definito fecondazione eterologa.

Procreazione medicalmente assistita: il futuro tra genetica e staminali

Gli sviluppi futuri della fecondazione assistita hanno come obiettivo l’aumento delle percentuali di gravidanza con trattamenti sicuri e ridotti al minor numero possibile per le donne. Gli scienziati si stanno muovendo in diverse direzioni, come:

  • l’applicazione della genetica ai trattamenti di PMA per permettere di ridurre il rischio che il feto sia colpito da malattie genetiche,
  • la ricerca sull’utero con il fine di migliorare le percentuali di impianto e di successo del trattamento,
  • gli studi sul trattamento delle cellule staminali che potrebbero, per esempio, essere utilizzate per rigenerare l’endometrio.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Un aiuto potrebbe, infine, arrivare anche dall’intelligenza artificiale «per la selezione del miglior embrione e della miglior cura grazie ad algoritmi che valutano diversi parametri», conclude Papaleo. «In discussione è anche la diagnosi preimpianto per anomalie cromosomiche. Dopo risultati iniziali apparentemente buoni, gli studi non hanno confermato l’efficienza della tecnica. Per la stessa diagnosi dell’embrione si stanno ancora cercando metodologie non invasive».

Procreazione medicalmente assistita: quali sono i risvolti psicologici per la coppia?

Prima la scoperta di non poter avere figli per via «naturale» e le mille incertezze se rivolgersi o no al medico, poi la gestione di ansie e paure durante tutto il percorso terapeutico. Ma anche i dubbi se rivelare al figlio la verità sul suo concepimento. Il sostegno psicologico è fondamentale per la coppia che ricorre alla fecondazione medicalmente assistita (PMA) sin dalla scoperta dell’infertilità di uno o di entrambi gli aspiranti genitori. Quali sono gli effetti collaterali di questi trattamenti che più preoccupano gli italiani?

L’infertilità resta un tabù

«Spesso», spiega Vincenza Zimbardi, psicologa dell’Istituto Valenciano di Infertilità (IVI), «le coppie aspettano molto, troppo, per fare la fatidica telefonata al centro di PMA. Ammettere di avere un problema di infertilità può essere molto difficile. L’infertilità è ancora oggi un argomento tabù, che provoca imbarazzo, vergogna e senso di inadeguatezza, spesso per entrambi i membri della coppia. A volte fa capolino anche un vago senso di colpa per aver fatto scelte che si percepiscono come “sbagliate” in passato o per aver posticipato più volte la scelta della filiazione».

Attenzione ai problemi di autostima

Tale scoperta può avere un impatto molto profondo sulla vita di coppia, andando a incidere sulla progettualità della vita sia a due sia della singola persona. «In particolare se la causa di infertilità è di origine femminile, la donna potrebbe vivere il problema con un calo di autostima. Potrebbe sentirsi inferiore rispetto alle altre donne che “riescono” tranquillamente ad avere una gravidanza. Si piò arrivare anche all’autosvalutazione. Ci si vede incapaci di raggiungere un proprio obiettivo di vita. C’è poi che il compagno possa chiudere la relazione e forse realizzare il suo desiderio di paternità con un’altra persona».

La paura per la tenuta della coppia

E il fatto che il partner maschile cerchi di mostrarsi rassicurante può sortire effetti opposti a quelli desiderati. «La donna può percepire questa posizione del compagno come finalizzata esclusivamente a darle sollievo, ma non autentica. Addirittura può sentire sminuito il proprio dolore e provare un senso di smarrimento nel non capire fino in fondo cosa realmente provi il compagno». Se, invece, il problema è di lui, «può accadere che si confonda, sul piano simbolico, fertilità con potenza sessuale, potenza riproduttiva con virilità, provocando ulteriore rabbia, dolore e senso di perdita».

Incertezza e paura

Le emozioni più comuni nelle coppie che si avvicinano alla fecondazione assistita sono paura, senso di incertezza, timori, ma anche grandi speranze. «Soprattutto di fronte alla necessità di effettuare un trattamento di fecondazione con donazione di gameti, molte coppie sembrano trincerarsi dietro un iniziale senso di chiusura e di diffidenza. Immaginare di procreare un figlio non originato da uno o entrambi i gameti dei genitori può rappresentare un’esperienza vissuta come traumatica. Grazie all’aiuto di un counseling è possibile superare e accettare con maggiore serenità anche questa strada».

E se va male?

Durante un trattamento di PMA è necessario avere una forte tenuta emotiva, in quanto la coppia si troverà davanti a bivi, incertezze, delusioni, speranze e ansie. «Risulta importante cercare di mantenere un atteggiamento realistico e non un ottimismo o, peggio, un pessimismo infondati, ma, soprattutto», consiglia ancora Vincenza Zimbardi, «sono preziosi buoni canali interni di comunicazione, di contatto e di svelamento delle proprie emozioni. Se si riesce a seguire questa linea, spesso una coppia può uscire rafforzata da un’esperienza potente come questa, anche in caso di esito negativo». Pertanto il supporto psicologico in questi casi è fondamentale.

Al bambino si dice o no?

Il consiglio che generalmente viene dato ai genitori durante il counseling è quello di dire apertamente al proprio bambino che è stato concepito grazie alla fecondazione assistita. Ovviamente con le dovute cautele e parole giuste, nel momento che mamma e papà sentiranno, anche per loro stessi, adeguato. I dubbi dei futuri genitori nascono principalmente in caso di fecondazione eterologa. In generale, anche in questo caso molti studi ritengono che sia giusto rendere il piccolo consapevole. È estremamente importante che non vi siano segreti in famiglia e si accetti questa nascita comunque come naturale.

 

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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