Salute

Vertigini: quando la paura dell’altezza non c’entra niente

Ecco i meccanismi che generano le vertigini e i rimedi per ritrovare la stabilità

È come stare su una giostra che gira vorticosamente o è come incedere barcollando dopo avere alzato un po’ troppo il gomito. Così si sente chi soffre di vertigini (dal latino vertere, girare, ruotare), un disturbo piuttosto frequente che, secondo i dati più recenti, colpisce circa il 5-10% della popolazione. Stiamo parlando di malesseri che si presentano nella quotidianità, e non quando si guarda giù da una torre, un balcone o un qualsiasi luogo elevato (un disturbo chiamato acrofobia). «Il nostro corpo, che si estende in verticale e possiede una base d’appoggio ristretta, oltre a numerosi snodi (ginocchia, bacino, colonna vertebrale), è molto instabile», osserva Sergio Albanese, direttore dell’unità di otorinolaringoiatria dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona).

«Proprio per consentire la postura eretta, nel corso dell’evoluzione si è gradualmente sviluppato un sistema di governo dell’equilibrio complesso e sofisticato. Il sistema è formato da una rete di sensori periferici e da una centrale di elaborazione dei dati. I due sensori principali, i labirinti, localizzati nella zona più interna dell’orecchio, captano, in sinergia con altri sistemi di rilevamento posti negli occhi e nella colonna vertebrale, la posizione corporea nello spazio e, attraverso i nervi, inviano le informazioni alla centrale di controllo, collocata alla base del cervello, precisamente nel midollo allungato. Quest’ultimo organo produce istantaneamente una risposta su misura, garantendo la stabilità dell’organismo». Per intenderci, il tutto può essere paragonato a un impianto antifurto, in cui i radar, una volta captata la presenza di un ladro, inviano le informazioni alla centralina, che provvede a fare scattare l’allarme.

Gruppo San Donato

Vertigini periferiche e vertigini centrali

Come si generano le vertigini? Per restare nella metafora, può capitare che i radar (i sensori) oppure la centralina (il cervello) presentino dei problemi di funzionamento. Di conseguenza, si manifestano rispettivamente le vertigini periferiche o le vertigini centrali. «Le prime sono improvvise, violentissime, associate a una sensazione di rotazione con nausea, vomito, difficoltà a mantenere la posizione eretta», spiega lo specialista. «Le seconde generano, invece, una sensazione di instabilità e di sbandamento».

Le cause delle vertigini periferiche

La causa più comune delle vertigini periferiche è la labirintite (o neuronite vestibolare), un’infezione del labirinto provocata da un virus, perlopiù l’herpes zoster, lo stesso del fuoco di sant’Antonio. «In tale caso, il cervello mette in moto dei meccanismi compensativi volti a neutralizzare il problema», prosegue Albanese. «Per questo, nel giro di qualche giorno i sintomi gradualmente migliorano. Nel tempo, il labirinto può guarire del tutto oppure può restare danneggiato. In quest’ultimo caso, il paziente, pur asintomatico, avrà un equilibrio fittizio e dovrà pertanto prestare attenzione nel compiere alcuni movimenti a rischio, come salire su una scala a pioli, andare in bicicletta, sciare, pattinare».

Un’altra possibile causa è la malattia di Ménière, nella quale aumenta, per motivi non noti, la pressione del liquido presente nell’orecchio interno, provocando una grave anomalia che interferisce negativamente anche con la capacità uditiva. In questo caso gli attacchi, che possono ripetersi più volte nel corso di un anno, durano in media dalle 24 alle 72 ore. Un’altra causa ancora è l’otolitopatia (o vertigine parossistica posizionale benigna), in cui alcuni frammenti di cristalli di carbonato di calcio, una sorta di piccoli sassolini chiamati otoliti, presenti nell’orecchio, si spostano dalla loro sede abituale urtando le terminazioni nervose. Ne consegue una vertigine di breve durata (due-quattro minuti), che si manifesta solo durante i cambi di posizione (da sdraiati a seduti e viceversa).

Le cause delle vertigini centrali

«Le vertigini centrali, invece, sono di solito provocate da vasculopatie cerebrali, ovvero disturbi del microcircolo del cervello che colpiscono soprattutto gli anziani, oppure da malattie cardiache o da patologie neurologiche, come la sclerosi multipla», chiarisce l’esperto. «Il principale strumento impiegato per la diagnosi è la videooculonistagmografia (Vng), un test computerizzato che consente di rilevare la presenza dei movimenti ritmici e involontari degli occhi tipici delle vertigini (nistagmo). A questo esame se ne possono poi aggiungere altri, come la stabilometria, un test che valuta e misura l’equilibrio attraverso una pedana computerizzata».

Come si curano le vertigini

In presenza di vertigini, il medico di base può generalmente prescrivere alcuni medicinali efficaci sui sintomi, come la betaistina e la cinarizina. «Il trattamento specifico dipende, invece, dalla causa sottesa al disturbo», puntualizza Albanese. «Nel caso della labirintite, per esempio, vengono utilizzati i farmaci antivirali, mentre nella malattia di Ménière, che spesso richiede il ricovero ospedaliero, vengono impiegati farmaci antiemetici per contrastare nausea e vomito, cortisone per diminuire il gonfiore, mannitolo per ridurre la pressione del liquido.

Diverso è il caso dell’otolitopatia, che guarisce spontaneamente nel giro di qualche settimana o mese, perché i frammenti di cristalli prima o poi assumeranno una posizione che non interferisce più con il decorso del nervo. Lo specialista è in grado di accelerare questo processo attraverso una manovra liberatoria, durante la quale fa compiere alla testa del paziente determinati movimenti in modo da riposizionare i frammenti. Quando questi ultimi vengono sbloccati l’assistito avverte un’ultima vertigine, definita liberatoria, in seguito alla quale i sintomi si possono considerare risolti. Infine, le vertigini centrali possono essere trattate somministrando medicinali volti a migliorare la circolazione del sangue».

Piccoli e utili consigli per affrontare le vertigini

Oltre ai trattamenti, ci sono alcuni consigli da mettere in pratica in caso di vertigini. «Durante la fase acuta del disturbo è bene restare immobili con gli occhi chiusi, bere a piccoli sorsi, mangiare poco prediligendo alimenti non grassi e poco conditi», conclude lo specialista. «Appena i sintomi migliorano è, invece, indispensabile alzarsi dal letto e muoversi il più possibile per stimolare i sistemi dell’equilibrio che si stanno “ritarando”. Ci si può mettere alla guida di moto, scooter, biciclette solo dopo avere ottenuto il via libera da parte dello specialista, mentre è possibile mettersi subito al volante dell’auto, purché a bassa velocità, non di notte e non in autostrada».

Aumento di labirintiti dovute al Covid

Durante la pandemia, molti pazienti hanno bussato alla porta del medico lamentando fastidiose vertigini. L’associazione tra infezione da Sars-CoV-2 e capogiri è stata ipotizzata in uno studio pubblicato nel 2021 sull’International Journal of Audiology e condotto dai ricercatori dell’Università di Manchester, nel Regno Unito. I risultati hanno mostrato che il 7,2% di pazienti con Covid-19 presenta vertigini, che possono persistere, magari in forma attenuata, anche dopo il tanto atteso tampone negativo. «Il Sars-Cov-2 ha pure la capacità di riattivare il virus dell’herpes zoster, una delle principali cause di infezioni del labirinto», aggiunge l’otorinolaringoiatra Sergio Albanese. «E non a caso durante l’emergenza sanitaria si è verificato un consistente incremento di labirintiti».

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