Salute

Riparare i tendini con un prelievo di sangue: ecco come si fa

Una nuova tecnica per risolvere gomito del tennista, pubalgia o fascite plantare: basta un'iniezione dei fattori piastrinici dello stesso paziente

Riparare i tendini con un prelievo di sangue. Miracolo? «No, una soluzione messa a punto negli Stati Uniti pochi anni fa e ora disponibile anche nei reparti ortopedici di numerosi ospedali italiani», assicura Marco Maria Moscati, chirurgo del piede all’ospedale Niguarda di Milano.
Nella tendinopatia, o tendinite cronica, il dolore la fa da padrone, accompagnato da una riduzione della forza dei muscoli collegati. Il tendine degenerato potrebbe anche subire una rottura completa o parziale.

Riparare i tendini con un prelievo di sangue: il ruolo delle piastrine

Antinfiammatori? Cortisone? Fisioterapia? Sì, ma se queste armi dovessero fallire, e comunque prima dell’ultima spiaggia (il bisturi), ecco arrivare in soccorso questa tecnica. «Il trattamento consiste nell’iniettare nella parte dolente una specie di pappa di fattori piastrinici», continua Moscati. «Le piastrine sono cellule che circolano nel flusso sanguigno, capaci di riversare diversi fattori di crescita. Giocano un ruolo centrale nella guarigione delle ferite. In pratica, sono cruciali nell’orchestrare la riparazione dei tessuti. E dei tendini, nel nostro caso».

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Riparare i tendini con un prelievo di sangue: una tecnica in day hospital

«Il medico estrae dalla vena, come in un comune prelievo, 30-60 millilitri di sangue», spiega Moscati. «Il campione, grazie a uno specifico macchinario, subisce una centrifugazione per pochi minuti. Nella provetta si ottengono tre strati:

  1. il plasma povero di piastrine,
  2. quello ricco di piastrine,
  3. i globuli rossi.

A questo punto, il paziente si distende, supino. Il medico inietta nella zona da trattare un po’ di anestetico locale. Dopo due-tre minuti, lo specialista inietta il concentrato di piastrine, che raggiunge il tendine. Una semplice medicazione e via».

Precauzioni dopo il trattamento 

Dopo il trattamento, nei primi giorni bisognerà assumere un analgesico e magari applicare del ghiaccio. No alle attività fisiche intense per almeno quattro settimane. Dopo 48 ore parte la riabilitazione con esercizi di allungamento e poi di potenziamento muscolare.
«Di norma è sufficiente una singola iniezione per un beneficio significativo», prosegue Moscati. «Altrimenti è possibile un’altra seduta, ma solitamente non si superano le tre».

Riparare i tendini con un prelievo di sangue: quando si può fare?

  • Epicondilite (gomito del tennista): una dolorosa infiammazione dei tendini che si inseriscono sulla sporgenza ossea laterale del gomito.
  • Epitrocleite: coinvolge il tendine d’inserzione comune dei muscoli flessori del polso e delle dita.
  • Fascite plantare: l’infiammazione cronica della fascia plantare del piede.
  • Tendinopatie croniche del tendine d’Achille.
  • Periartrite scapolo-omerale: infiammazione di uno o più tendini della spalla (quelli chiamati cuffia dei rotatori).
  • Primi stadi dell’artrosi al ginocchio e alla caviglia.
  • Pubalgia: un’infiammazione dei tendini adduttori del muscolo gracile della coscia.

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