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Tattoo mania: le nuove tendenze ma anche come farsi un tatuaggio sicuro e come cancellarlo

Effetto 3D o pizzo sulla pelle, decorazioni ispirate all'alta moda e tanto tanto colore. I tatuaggi questa estate saranno più diffusi che mai

Questa estate ne vedremo delle belle. Sinuose schiene femminili velate da raffinati pizzi e merletti. Lattine di birra e freccette che sembrano spuntare da polpacci e bicipiti scolpiti. Inutile stropicciarsi gli occhi. Non si tratta di miraggi e neppure di colpi di calore: sono le ultime creazioni dei maestri tatuatori.

Decorazioni ispirate all’alta moda, disegni in 3D e tanto, tanto colore. Parola di Marco Manzo, uno degli artisti più quotati del settore, con oltre 50 premi nazionali ed internazionali: i suoi aghi hanno punzecchiato e decorato Vip di ogni genere, dai calciatori alle showgirl della Tv, passando per attori come Asia Argento e Gabriel Garko.

Gruppo San Donato

Una passione trasversale
Se pensate che i tatuaggi siano roba da gente dello spettacolo, però, vi sbagliate. Non sono neppure un vezzo per ragazzini ribelli, biker ed ergastolani. La passione per i tattoo non ha confini e coinvolge le persone più insospettabili: assicuratori, insegnanti, perfino nonni. «Un tempo gli adolescenti venivano da noi di nascosto, mentre oggi arrivano accompagnati dai genitori, che spesso accettano di farsi tatuare insieme a loro», spiega Manzo.

In oltre vent’anni di attività, nel suo studio sulla Cassia a Roma ne sono successe di tutti i colori. «Una volta è venuta persino una simpatica signora di quasi 90 anni che si era da poco avvicinata al mondo dei tattoo nonostante le perplessità dei parenti», ricorda il tatuatore. «Era molto convinta della sua scelta. Diceva che per lei i tatuaggi erano un modo per comunicare con gli altri: spesso, infatti, le capitava di fermarsi per strada per raccontare il perché di quei disegni a passanti e conoscenti incuriositi».

Il corpo come un libro
In effetti la magia dei tatuaggi è proprio questa: trasformare «il nostro corpo nella pagina bianca di un libro da scrivere», come afferma Giovanna Salvioni, docente di antropologia culturale ed etnologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

«Ancora oggi, come nell’antichità, le motivazioni profonde che ci inducono a fare un tatuaggio sono sempre le stesse, anche se forse le abbiamo un po’ perse di vista: c’è ancora la voglia di comunicare attraverso il proprio corpo, ma anche il desiderio di segnalare l’appartenenza a un gruppo e di fissare un momento importante della nostra vita con un segno permanente che viene ottenuto superando una dolorosa prova di coraggio».

Aghi e colori anche sotto il sole
E poi, ovviamente, c’è anche una buona dose di narcisismo. In una società che ti riconosce solo se compari in un selfie o davanti a una telecamera, è diventata ormai un’esigenza avere qualcosa da mostrare sulla pelle nuda quando ci si spoglia con i primi caldi. Già, l’estate: è la stagione migliore per sfoggiare i propri tatuaggi, ma non certo quella ideale per farseli imprimere sulla pelle.

«Il tatuaggio», spiega Manzo, «deve essere fatto almeno 15 giorni prima dell’esposizione ai raggi diretti del sole». Il rischio non è solo quello di far scolorire l’opera appena realizzata, ma anche quello di creare problemi più seri alla pelle, che dopo l’azione dell’ago risulta essere più delicata e particolarmente sensibile alle scottature. Per questo, anche dopo i fatidici 15 giorni, «bisogna continuare a usare creme con un alto fattore di protezione solare».

Qualcosa però sta cambiando. Da poche settimane è disponibile anche in Italia una «speciale pellicola protettiva che difende la pelle appena tatuata dall’azione di batteri, acqua e raggi del sole: in questo modo», precisa Manzo, «è possibile andare subito in spiaggia senza pensieri».

Quando non si può fare
La scelta di farsi un tatuaggio, però, non va presa troppo alla leggera. Tanto per cominciare, ci sono persone che proprio non possono permetterselo. «Il tatuaggio è del tutto sconsigliato a quei pazienti che soffrono di malattie della pelle come la psoriasi o l’eczema», spiega il dermatologo Ivano Luppino, responsabile del dipartimento laser dell’Ispida – International Society of Plastic-Regenerative and Oncologic Dermatology (puoi chiedergli un consulto qui).

«Anche se si va a tatuare una porzione di pelle apparentemente sana», precisa l’esperto, «c’è comunque il rischio che l’azione dell’ago induca una riattivazione a distanza della malattia». Un’altra importante raccomandazione è quella di non fare «mai un tatuaggio in prossimità di un neo: il pigmento potrebbe infatti finire col camuffarlo, rendendo più difficile l’eventuale diagnosi di melanoma».

Occhio anche alle parti del corpo che si vogliono decorare: «sarebbe opportuno evitare le zone cutanee più sensibili ed esposte al rischio di infiammazioni, irritazioni e infezioni, come quella dell’inguine, delle ascelle e del collo», afferma il dermatologo. Se si intende ricorrere al tatuaggio per camuffare una cicatrice, invece, meglio sentire prima il parere del medico. «Il mio consiglio», afferma Luppino, «è quello di aspettare almeno un anno e mezzo dalla formazione della cicatrice, in modo da vedere come si evolve».

Le 5 regole di sicurezza
Una volta presa la decisione, è bene attenersi a queste cinque regole.

1 Affidatevi solo a tatuatori esperti, che hanno seguito i corsi professionali obbligatori e superato l’esame di abilitazione.

2 Controllate che lo studio dove viene fatto il tatuaggio sia un locale pulito e arieggiato, dotato dell’autorizzazione della Asl.

3 Il tatuatore deve utilizzare materiali sterilizzati, camice, guanti e aghi monouso.

4 Attenzione alla data di scadenza riportata su puntali, aghi e pigmenti.

5 I colori devono essere certificati, atossici, privi di metalli pesanti e amine aromatiche.

Il laser per i pentiti
Una volta fatto, il tatuaggio è lì per rimanere: un segno indelebile che marchierà a vita la nostra pelle. «Quando c’è sentimento, non c’è mai pentimento», recitava una canzone qualche anno fa. Eppure quanti sono i fidanzatini che corrono a cancellare il tatuaggio con il nome dell’ex?

L’unico metodo scientificamente provato per farlo è il laser. Quello più sofisticato e all’avanguardia è «il laser Q-switched», spiega il dermatologo Luppino. «Questo dispositivo non opera attraverso la cessione di calore, ma con un effetto meccanico, fotoacustico, che in pochi milionesimi di secondo permette di estrudere il pigmento dal derma».

Ne esistono quattro tipi differenti, a seconda del pigmento che si deve distruggere: per il colore nero c’è il laser Neodimio:YAG, che emette una lunghezza d’onda di 1.064 nanometri; per il rosso si usa invece il laser Rubinio, con una lunghezza d’onda di 694 nanometri; per il nero, il blu e il verde c’è invece il laser Alessandrite, che emette onde a 755 nanometri; infine, per i colori più accesi come rosso, giallo, arancio e marrone, si usa il laser KTP, con una lunghezza d’onda di 532 nanometri.

Quando il laser colpisce il pigmento, lo «caccia» dalle fibre di collagene del derma dove si era depositato: entrano poi in azione le cellule spazzino del nostro corpo, i macrofagi, che nei due mesi che intercorrono tra una seduta di laser e l’altra, «mangiano» i resti del colore ripulendo tutta la zona.

Il dolore bisogna un po’ metterlo in conto, perché più è abbondante il pigmento da eliminare, maggiore è la quantità di energia emessa dal laser. La durata della singola seduta può variare da 40 secondi, per un tatuaggio di 5 centimetri, fino a un’ora, per scolorire una schiena intera. Per cancellare un intero tatuaggio di medie dimensioni si può impiegare quasi un anno, con tre-cinque sedute, ma tutto dipende poi dalla grandezza del tatuaggio, dalla sua profondità nel derma e pure dai colori usati: occhio soprattutto al bianco e al rosa chiaro, praticamente impossibili da rimuovere.

Diffidate dalle imitazioni
Diffidate sempre da quanti vi propongono «strani metodi alternativi al laser», ammonisce il dermatologo Ivano Luppino. «Ci sono fantomatici esperti che propongono ancora la dermoabrasione, per rimuovere il tatuaggio con una fresa rotante, e altri che suggeriscono invece la chemiosalatura, promettendo di cancellare il disegno grattando la pelle con del sale grosso. Queste tecniche possono essere molto pericolose», ammonisce l’esperto. «Il rischio è di ritrovarsi con cicatrici abnormi, buchi, infezioni e cheloidi che segneranno in maniera indelebile la pelle».

Elisa Buson, tratto da OK Salute e benessere maggio 2015

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