Salute

Mav: come si cura il groviglio di vene e arterie in testa

Le malformazioni arterovenose cerebrali si formano durante lo sviluppo dell'embrione. Possono causare emorragie e si trattano in tre modi

Le malformazioni arterovenose (mav) cerebrali non sono ereditarie e hanno probabilmente un’origine congenita: derivano, cioè, da errori genetici che si creano durante lo sviluppo embrionale.

IL PROBLEMA. Le mav si presentano quasi sempre come un groviglio di centinaia di piccoli vasi arteriosi e venosi, senza la normale rete dei capillari, in cui il sangue arterioso cede ossigeno e nutrimento alle cellule, per poi passare nelle vene e tornare al cuore e ai polmoni.

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«Il sangue arterioso raggiunge le vene con una velocità e una pressione molto alte», spiega Edoardo Boccardi, direttore dell’unità di neuroradiologia interventistica all’ospedale Niguarda di Milano. «Le vene allora si dilatano e il tessuto del cervello può irritarsi, con mal di testa anche molto intensi e, a volte, crisi epilettiche. Nei casi più gravi le pareti venose possono rompersi, determinando un’emorragia cerebrale».

LE CURE. Tre i possibili interventi, da valutare caso per caso.
• Embolizzazione. «In anestesia generale, s’inserisce un catetere di circa due millimetri di diametro nell’arteria femorale destra e lo si fa risalire per le arterie del collo, controllando gli spostamenti con i raggi X», spiega Boccardi. «All’interno di questo tubicino se ne spinge un altro molto più morbido e sottile, fino a raggiungere il “nido” della mav. Qui si inietta il materiale embolizzante, che subito comincia a solidificarsi. Lo scopo è di riempire i vasi malformati e quindi escluderli dalla circolazione sanguigna, sino all’eliminazione».
• Radiochirurgia. «Senza anestesia, si somministrano alte dosi di raggi gamma in modo preciso sulla malformazione, preservando le strutture cerebrali circostanti e determinando la progressiva chiusura dei vasi, nel giro di diversi mesi», dice Boccardi.
• Chirurgia tradizionale. A volte è necessario intervenire con il bisturi, a cranio aperto, per asportare la malformazione.
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