Salute

Le ischemie: cosa sono? Quali organi possono colpire?

Quali sono gli organi che può colpire e quali i differenti sintomi? Come viene diagnosticata? Come si cura. Tutte le risposte

Ischemie

Le ischemie racchiudono diverse manifestazioni. Abbiamo fatto chiarezza sulle diverse tipologie d’ischemia con l’esperto di Ok Agatino Manganaro, Professore di malattie cardiovascolari all’Università di Messina. È responsabile della sezione di angiologia medica del policlinico universitario dello stesso Ateneo, annessa all’UOC di Cardiologia. Puoi chiedergli un consulto qui

Ischemie: cosa sono e quali organi possono colpire?

Le ischemie si verificano tutte le volte che a un organo o a un distretto del corpo umano arriva una minore quantità di sangue e quindi una minore quantità di ossigeno. In qualsiasi distretto si manifesti, l’ischemia è quasi sempre espressione della stessa patologia: l’aterosclerosi.

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In passato s’identificava erroneamente con un fisiologico invecchiamento delle arterie, ma oggi si sa che è una realtà molto più complessa che può interessare anche i giovani, e riconosce molteplici cause.

La stenosi

L’ischemia si verifica tutte le volte che i vasi deputati al trasporto di sangue ai tessuti periferici (le arterie) vengono interessati da processi sclerotici e trombotici che ne riducono progressivamente il calibro. Quando questa riduzione, detta stenosi, supera il 70% del lume, l’organo di destinazione entra in sofferenza, a meno che nel frattempo non si siano creati circoli collaterali attraverso vasi che bypassano la sede di restringimento o di ostruzione.
Fra i distretti più sensibili sicuramente ci sono il cervello, il cuore, l’intestino, il rene e gli arti inferiori.

Ischemia cerebrale

Ischemia cerebraleL’ischemia cerebrale può essere transitoria (attacchi ischemici transitori o TIA) o permanente con necrosi (Ictus o Stroke). I sintomi del deficit neurologico possono essere di gravità diversa e vanno dalla vertigine alla sincope, dalla difficoltà di articolare la parola alla paralisi degli arti.

L’ischemia cerebrale si differenzia dagli altri distretti perché sono tanti i vasi che portano, o possono portare, sangue al cervello. Pertanto anche l’ostruzione di uno solo di essi, ad esempio una carotide, può non provocare ischemia ed essere asintomatica, a meno che l’ostruzione non riguardi un vaso intracerebrale. L’ischemia cerebrale è prevalentemente causata dalla partenza di emboli da placche vascolari irregolari o infiammate, oppure a partire dal cuore; addirittura l’embolo può partire da lontano, da una trombosi venosa.

Ischemia cardiaca

L’ischemia cardiaca è secondaria a una riduzione del lume di una o più arterie coronarie. Può essere:

  • di breve durata e reversibile (angina),
  • oppure prolungata e irreversibile con morte delle cellule del miocardio (infarto).

I sintomi sono rappresentati essenzialmente dal dolore toracico, con varie irradiazioni, o da difficoltà respiratorie. Le complicanze possono essere molteplici e anche gravi, andando dalle modeste aritmie fino alla fibrillazione ventricolare o alla rottura del cuore. Per questo in caso d’infarto, se non s’interviene subito in ospedale con una dilatazione della coronaria interessata dall’ostruzione attraverso un’angioplastica sotto guida radiologica, ci può essere rischio di morte per arresto cardiaco.

Ischemia intestinale

L’ischemia intestinale è legata a restringimenti delle arterie distrettuali, le arterie mesenteriche. Se queste sono anche parzialmente ostruite, possono dare dolori ai pasti e difficoltà alla digestione. Nei casi più gravi si può arrivare all’infarto intestinale.
Tra i vasi addominali ci sono anche le arterie renali: la loro stenosi o costruzione può portare all’insufficienza renale o a quadri gravi e non controllabili d’ipertensione.

Quando l’ischemia colpisce gli arti

La localizzazione della patologia alle arterie degli arti inferiori provoca spesso la cosiddetta “sindrome delle vetrine”. Il paziente che a riposo o per piccoli sforzi è asintomatico, sotto sforzo presenta dolori crampiformi ai polpacci che lo portano a fermarsi fino alla scomparsa del dolore. Cessato il dolore riprende il cammino fino ala successiva tappa. Spesso il paziente per nascondere il disturbo finge di fermarsi per guardare le vetrine. Dal punto di vista scientifico questa sindrome è chiamata claudicatio intermittens. Si tratta di una tappa intermedia dell’evoluzione della patologia. Andando avanti evolve verso il dolore a riposo fino, alla gangrena dell’arto con possibile amputazione dello stesso.

L’importanza della diagnosi precoce nelle ischemie

La diagnosi precoce è necessaria per evitare di arrivare a un punto di non ritorno in cui la riduzione dell’apporto nutrizionale è totale o quasi e le cellule vanno incontro a necrosi e muoiono. Prima di arrivare a questa condizione estrema la patologia dà dei segnali di avvertimento. È importante che siano intercettati e curati, prima che la situazione precipiti sul piano clinico. Addirittura oggi è possibile intercettare la patologia ancora prima che si manifesti anche solo sul piano organico.

I markers precoci delle ischemie

Esistono i cosiddetti markers precoci, ottenibili con apparecchiature come l’ecocolordoppler (una tecnica a ultrasuoni), o biochimici attraverso studi sofisticati sulla coagulazione e sui suoi difetti genetici. L’ecocolordoppler consente di marcare la patologia sin dagli esordi prima che abbia dato manifestazioni cliniche e soprattutto consente di monitorarla nel tempo. È in grado di svelare con test specifici anche la semplice predisposizione a questo tipo di patologia.

Come si possono prevenire le ischemie?

L’ischemia aterosclerotica va prevenuta correggendo quei fattori di rischio non genetici e pertanto modificabili che spesso si accompagnano a essa: il diabete, l’iperlipemia, l’ipertensione, il fumo, l’obesità, la sedentarietà. Alcuni fattori di rischio sono stati scoperti più di recente come l’iperomocisteinemia, gli indici laboratoristici di flogosi come la proteina c reattiva, l’apnea notturna. Possono entrare in campo anche fattori batterici o virali. Tutti questi fattori vanno tenuti sotto controllo e corretti se è possibile con dieta, attività fisica e farmaci.

Come si cura

La patologia va curata con la correzione dei fattori di rischio, ma anche con farmaci che migliorano la fluidità del sangue come gli antiaggreganti. Altri farmaci importanti sono le statine. Com’è noto hanno la funzione di abbassare il livello dei grassi nel sangue e di stabilizzare la placca, gli anticoagulanti orali vecchi e nuovi, in qualche caso anche gli antinfiammatori e gli antibiotici. Nei casi più avanzati può essere necessario ricorrere alla radiologia interventistica (angioplastica) o addirittura all’intervento chirurgico di disostruzione o di applicazione di bypass. Naturalmente bisogna fare il possibile per evitare di arrivare a questo punto, ma l’obiettivo primario resta quello di evitare la necrosi dei tessuti. Il futuro sarà sempre più legato al riconoscimento sempre più precoce della patologia sotto il profilo genetico e strumentale.

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