Salute

L’artista con la sindrome dei piedi che bruciano

La testimonianza di Giulio Astengo, lettore di OK: «Da due anni mi sentivo ardere dall'alluce alle caviglie. Escluse varie cause, dai disturbi circolatori al diabete, ne restava una. Molto, ma molto particolare»

Giulio Astengo, 75 anni, drammaturgo, regista, attore, scenografo e pittore genovese, soffre di sindrome dei piedi brucianti: è costretto a immergerli ogni due ore in acqua. Questa è la sua testimonianza per OK La salute prima di tutto.

«Arrivai a casa del mio amico coi piedi nudi infilati in un paio di ciabatte aperte, come al solito. Uno degli ospiti che non conoscevo mi fissava stranito. “Piacere Giulio, Astuccia (storpiatura di astuzia) per gli amici”, mi presentai. Lui era Dante Facchetti, professore di fisiologia presso l’università di Milano. Gli tesi la mano dopo aver posato il secchio d’acqua e le tavolette congelate che mi ero portato appresso. Il medico mi chiese subito come mai camminassi con quell’armamentario. Risposi che da due anni avevo i piedi in fiamme, che mi bruciavano come carboni ardenti e che se non li raffreddavo in continuazione non riuscivo a dipingere, a recitare nel gruppo di prosa che dirigevo al teatro del Leoncavallo di Milano. Insomma non riuscivo a vivere.
La curiosità del professore non si estinse per quella mia stringata spiegazione, così più tardi volle saperne di più. Gli spiegai che i miei piedi al tatto erano normali, ma io li sentivo insopportabilmente caldi.
Per avere un po’ di sollievo ogni ora dovevo immergerli nell’acqua, di giorno e di notte. E se ciò non avveniva venivo preso dalla nausea e il mio respiro diventava affannoso.

Gruppo San Donato

Le scarpe? Non più di mezz’ora
Questo fenomeno inspiegabile aveva a poco a poco trasformato la mia esistenza. Anche perché la mia autonomia si era progressivamente ridotta: niente metropolitana, niente lunghe passeggiate, no a qualsiasi attività che mi tenesse lontano da una fonte di freddo. Calze e scarpe giusto per mezz’ora e solo sul palcoscenico. Giravo a piedi nudi quasi sempre, anche nel prato del condominio. “Ma non le viene il raffreddore?”, mi chiedevano i coinquilini. E io scuotevo la testa, che potevo dire? Nessuno mi avrebbe capito.

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La prima porta a cui avevo bussato per cercare di capire qualcosa era stata quella del mio medico di famiglia. Mi preoccupavo per la circolazione: mio padre era morto di ictus e io nel 1997 avevo avuto un infarto. Mi ero sottoposto all’ecodoppler per verificare l’integrità di vene e arterie delle gambe. Tutto nella norma. Allora ogni mio amico aveva iniziato a suggerirmi uno specialista diverso. Così ero finito da un agopuntore, che mi aveva promesso: “Mi paga solo se la guarisco”. Avevo fatto dieci sedute gratis. Poi era stata la volta di uno psicologo, di un massaggiatore shatzu, di un epilettologo, di un dermatologo. Niente. Per tutti ero sano come un pesce.
Che fosse questione di nervi? Con questa idea ero approdato da un neurologo. Mi aveva fatto fare un accuratissimo esame del sangue, che aveva escluso diabete, anemia, deficit da vitamina B1, infiammazioni in corso, Aids, tumori e insufficienza renale. Ancora nessuna diagnosi.

Disfunzione del sistema nervoso periferico
Quella sera il professor Facchetti mi propose: “Venga nel mio ambulatorio, se vuole, proviamo a vedere di che cosa si tratta”. Qualche giorno dopo andai a trovarlo all’ospedale Niguarda, dove il professore Facchetti dirige la struttura semplice di neurofisiopatologia.
Il medico, dopo avermi visitato (forza, sensibilità e riflessi erano a posto), mi ha prescritto una risonanza magnetica nucleare alla parte lombare della colonna. Poiché le vertebre non schiacciavano nessun nervo, sono stato sottoposto all’elettromiografia, che valuta la salute dei muscoli e dei nervi: nulla che potesse giustificare i sintomi.
Escludendo a quel punto tutte le patologie possibili, ne restava una. Facchetti disse: “Lei ha la sindrome dei piedi brucianti, burning feet il termine inglese. Un disturbo raro: in vent’anni ho osservato solo due-tre casi”. La causa? Probabilmente si trattava di un’alterazione del sistema nervoso periferico. O meglio delle piccole fibre responsabili della nostra sensibilità al dolore e del controllo della microcircolazione. Si potevano dunque alleviare solo i sintomi con un farmaco che agisce sui canali del calcio, imparentati con i neurotrasmettitori responsabili del dolore. E così è stato. Ora sto meglio».
Giulio Astengo – OK La salute prima di tutto

Ultimo aggiornamento: 28 dicembre 2009

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