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Istiocitosi a cellule di Langerhans: cause, sintomi, cure

Si tratta di una malattia rara che colpisce 1-2 persone su 100.000. Può colpire organi diversi e i sintomi variano in base alla sede interessata

L’istiocitosi a cellule di Langerhans è una malattia rara che, stando ai dati dell’Osservatorio Malattie Rare – OMAR, ha un’incidenza di 1-2 persone su 100.000. Può colpire solo un organo (in questo caso è detta monosistemica), come il polmone, la pelle, le ossa, le mucose, il fegato, la milza e il sistema nervoso centrale, o estendersi a più organi (multisistemica).

I primi sintomi possono comparire già dalla prima infanzia o in età adulta, indistintamente nei maschi e nelle femmine. L’età del paziente, così come la localizzazione e la diffusione della malattia, incidono su prognosi e scelte terapeutiche. L’istiocitosi è una malattia variabile anche nel suo decorso nel tempo perché può regredire spontaneamente oppure alternare fasi di «riposo» a periodi di riattivazione.

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Istiocitosi a cellule di Langerhans: quali sono le cause?

Le cause di questa patologia sono ancora sconosciute e non sono ancora stati individuati fattori che predispongono alla malattia. Nella forma polmonare sembra esserci, però, un legame con il fumo di sigaretta.

Quel che è certo è che nello sviluppo dell’istiocitosi giocano un ruolo chiave alcune cellule del sistema immunitario, quelle di Langerhans appunto, che, quando sono difettose, proliferano e si accumulano in modo anomalo nei vari organi, causando l’insorgenza di granulomi e dei sintomi associati.

Quali sono i sintomi?

I sintomi dell’istiocitosi a cellule di Langerhans variano in base alla sede colpita. Come fa sapere l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, le lesioni possono colpire:

  • Cute. Le zone più colpite sono le pieghe della pelle, la testa e il tronco. Le lesioni possono presentarsi sottoforma di papule, vescicole, pustole, ulcere con o senza croste.
  • Osso. Le zone più colpite sono il cranio, le ossa lunghe, il bacino, le ossa piatte e le vertebre. Si possono verificare tumefazioni con o senza dolore.
  • Linfonodi. Si manifesta con un ingrossamento dei linfonodi, soprattutto quelli del collo.
  • Sistema endocrino. Quando colpisce questo apparato, la malattia si presenta con diabete insipido, i cui sintomi sono l’emissione elevata di urine e la sensazione di sete intensa.
  • Sistema nervoso centrale. I disturbi neurologici variano in base alla sede colpita ma, in generale, il paziente può andare incontro a movimento involontario degli occhi, alterazione della parola, perdita della coordinazione dei movimenti muscolari.
  • Apparato digerente. I sintomi possono essere vomito, diarrea, ritardo di crescita in peso.
  • Cavo orale. Le lesioni possono interessare la mandibola, l’osso mascellare, la mucosa orale o i denti.

Istiocitosi a cellule di Langerhans: come si fa la diagnosi?

Non esiste un test specifico. Sono diversi gli esami che consentono di formulare la diagnosi: esami del sangue e delle urine, ricerca genetica della mutazione del gene BRAF V600E, radiografia del torace e dello scheletro, TC e risonanza magnetica. Importantissima è, poi, la valutazione istologica (mediante biopsia) del tessuto colpito: un medico patologo può, infatti, rilevarvi un accumulo di cellule di Langerhans. Una volta ottenuta la diagnosi, è fondamentale recarsi in uno dei Centri di riferimento della malattia per intraprendere il percorso terapeutico.

Come si cura?

Non esiste una terapia standard per l’istiocitosi. La cura è variabile, dipende dall’organo colpito e dall’estensione della malattia. In assenza di sintomi si tende solo a monitorare il paziente. Quando presenti, invece, si ricorre a terapie. Come fa sapere l’Osservatorio Malattie Rare – OMAR, attualmente i farmaci più efficaci sono i cortisonici, impiegati in associazione a chemioterapici (come vinblastina, vincristina, citarabina e cladribina), e alcuni tipi di antinfiammatori (indometacina). Per il paziente fumatore è fondamentale smettere di fumare.

La malattia deve essere gestita e tenuta sotto controllo, per tutta la vita, con regolari controlli clinici, da parte di una équipe composta da diversi specialisti. Anche quando è in remissione, perché potrebbe riaccendersi da un momento all’altro o associarsi allo sviluppo di tumori. Nei casi più gravi, quando le terapie risultano inefficaci e l’aspettativa di vita è ridotta, si ricorre al trapianto: di polmone, di fegato o midollo osseo, a seconda dell’organo compromesso.

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