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Fibrillazione atriale: cause, sintomi e rischi. Cosa fare?

La fibrillazione atriale si manifesta con irregolarità del battito cardiaco, mancanza di respiro e vertigine. Ecco cause, sintomi e cure

Se con l’avanzare dell’età ci capita spesso di avere palpitazioni o tachicardia e sentiamo mancare il respiro, potrebbe trattarsi di fibrillazione atriale? «Sì, perché la sensazione di irregolarità del battito cardiaco, soprattutto se si accompagna a un aumento del numero delle pulsazioni al minuto, è uno dei primi segnali di questa patologia» chiarisce Riccardo Bigi, Coordinatore del Reparto di Cardiologia del Centro Diagnostico Italiano di Milano.

L’incidenza di fibrillazione atriale cresce con l’età e secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità negli ultimi 20 anni si è osservato un incremento del 66% delle ospedalizzazioni dovute alla sua insorgenza. Ma vediamo nel dettaglio col professor Bigi come si presenta questo tipo di aritmia e come possiamo trattarla per scongiurare altri eventi cardiovascolari.

Cos’è la fibrillazione atriale?

«Si tratta del più diffuso disordine del ritmo cardiaco, che porta al maggior numero di accessi ospedalieri per aritmia. È caratterizzata da una perdita di coordinazione della contrazione delle fibre della muscolature atriale con conseguente irregolarità delle contrazioni del cuore. Di solito si accompagna a un aumento della frequenza media, cioè del numero delle pulsazioni che si contano in un minuto. Più raramente, soprattutto nelle persone molto anziane, si può invece accompagnare a una riduzione del numero delle pulsazioni».

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Al battito cardiaco irregolare e accelerato, possono sommarsi altri sintomi?

«Sì certamente. Se il numero delle pulsazioni è troppo elevato, il paziente potrebbe percepire una sensazione di affanno o di vertigine: ciò è causato dal fatto che la riduzione della pausa fra una pulsazione e l’altra provoca un ridotto riempimento del cuore e di conseguenza una ridotta azione di pompa. Il paziente potrebbe avvertire, inoltre, una sensazione di estrema stanchezza. La mancanza di respiro può inizialmente accompagnarsi solo ad uno sforzo fisico anche se leggero (come, ad esempio, salire le scale o portare un peso) ma in caso di pulsazioni particolarmente veloci può comparire anche a riposo».

Chi ne soffre maggiormente?

«L’incidenza di fibrillazione atriale aumenta certamente con l’età: il 70% dei casi si verifica in persone fra i 65 e gli 85 anni. C’è una certa distribuzione anche di genere, nel senso che a parità di età gli uomini sono più colpiti delle donne. Esistono, tuttavia, numerosi altri fattori predisponenti, fra cui i più importanti sono l’ipertensione arteriosa, l’obesità, il fumo e il diabete mellito. Naturalmente la presenza di cardiopatie organiche preesistenti (per esempio, una malattia delle valvole o delle coronarie) aumenta ulteriormente il rischio di fibrillazione atriale», continua Bigi.

Quali sono le cause della fibrillazione atriale?

«I meccanismi alla base dell’origine di questa aritmia sono complessi. In termini generici e in estrema sintesi, si può dire che l’origine dell’impulso elettrico che governa il battito cardiaco risulta alterato e a partenza anomala con conseguente disorganizzazione e irregolarità dello stesso».

La fibrillazione atriale si manifesta sempre con i sintomi o può essere anche “silente”?

«Possono accadere entrambe le cose», spiega il cardiologo. «Nella maggior parte dei casi il paziente si accorge improvvisamente di avere un’irregolarità dei battiti cardiaci o a causa dei sintomi citati o anche, banalmente, attraverso il riscontro di un’irregolarità del polso. In questo caso è bene che consulti rapidamente il medico curante. Esiste però anche una buona percentuale di individui che non si accorge della presenza dell’anomalia. Ciò accade di solito quando la frequenza del polso non risulta alterata in modo molto evidente».

A quali esami bisogna sottoporsi per confermare la diagnosi?

«Basta un banalissimo elettrocardiogramma. Una volta diagnosticata la fibrillazione atriale è necessario fare uno screening per cercare di capire se si tratta di una fibrillazione “isolata”, cioè dovuta semplicemente al disordine del ritmo cardiaco e quindi non basata su una patologia sottostante, oppure se è una manifestazione secondaria di una patologia già esistente, per esempio una malattia delle valvole o del muscolo cardiaco».

Come possiamo curarla?

Ad oggi il trattamento della fibrillazione atriale poggia su due cardini fondamentali: la terapia farmacologica e quella interventistica.

«La prima si basa su una serie di farmaci con meccanismi d’azione diversi e che hanno due tipi di finalità: o quella di interrompere la fibrillazione atriale riportando il ritmo nella norma, o quella di controllare la frequenza cardiaca, facendo in modo che i battiti non siano troppo veloci», continua Bigi.

«La terapia interventistica, invece, si basa soprattutto sulle tecniche ablative transcatetere: queste consentono di isolare le zone del cuore dalle quali parte l’impulso di fibrillazione atriale tramite la creazione di una struttura fibrotica dalla quale l’impulso elettrico non può uscire. Questo viene ottenuto o con la radiofrequenza, che è la tecnica più tradizionale, o con il freddo, cioè la cosiddetta crioablazione».

Meglio i farmaci o l’ablazione?

Una ricerca americana ha messo a confronto i risultati della terapia farmacologica con quelli dell’ablazione. Quest’ultimo è un vero e proprio intervento. Il cardio chirurgo inserisce degli elettrocateteri, che sono sonde, nella vena femorale o in quella giugulare interna, in modo da raggiungere il cuore. Qui rilasciano impulsi elettrici capaci di distruggere il tessuto malato.

La fibrillazione atriale può favorire l’insorgenza di altre patologie cardiovascolari?

«Sfortunatamente la fibrillazione atriale si accompagna ad un elevato tasso di mortalità (circa 25-30% a 5 anni). Le conseguenza sono l’ischemia cerebrale tromboembolica e lo scompenso cardiaco. La prima è causata dall’occlusione di un’arteria cerebrale da parte di un piccolo coagulo (trombo) originatosi nella cavità atriale non più capace di contrarsi regolarmente; il secondo dal progressivo deterioramento della meccanica cardiaca che consegue al disturbo dell’impulso elettrico che ne governa il ritmo».

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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