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La scienza della stupidità: come riconoscere gli stupidi

Lo stupido è la persona più pericolosa che esista. Per sé e per gli altri. Ma è possibile porgli dei freni. A patto di saperlo individuare

C’è una caratteristica umana che mette d’accordo la religione e la scienza. La stupidità. Con la Bibbia che sostiene come «infinito è il numero degli stolti» (Ecclesiaste) concorda, infatti, il padre della fisica moderna, Albert Einstein. «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità. Sull’universo non sono sicuro».

Stupidità che va a braccetto con l’uomo fin dalla sua comparsa sul pianeta. E che è motore della storia in quanto, come scriveva il pubblicitario Giancarlo Livraghi ne Il potere della stupidità (Monti & Ambrosini Editori, 2004), non solo «principale causa di terribili errori», ma anche fattore determinante per aggravare i problemi e ostacolarne la soluzione. Da qui l’ammonimento dello storico dell’economia Carlo Cipolla contenuto in due delle sue Cinque leggi fondamentali della stupidità umana (Allegro ma non troppo, il Mulino, 1988). «Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di stupidi in circolazione. Lo stupido è il tipo di persona più pericoloso che esista».

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Eppure la stupidologia non è una branca né della psicologia né della psichiatria. E sono rari i libri e gli studi che ne trattano in maniera seria. Questo perché, come spiega lo psicologo clinico e del lavoro e psicoterapeuta Andrea Castiello d’Antonio, «è scienza complessa. Comportamenti e tipologie degli stupidi non si lasciano facilmente categorizzare, stante anche il fatto che possono darsi casi di falsi stupidi, di pseudo-intelligenti, di persone che strumentalmente si fingono stupide e di persone che credono, contro ogni evidenza, di essere intelligenti. Comprendere le radici della stupidità è cosa ardua. Così come comprendere i motivi dell’infliggere dolore e sofferenza ad altri. Tanto che si potrebbe indagare, parafrasando il titolo del famoso testo di Hannah Arendt, “la banalità della stupidità”».

La definizione di stupidità

Innanzitutto, per dare il via all’indagine, è necessario dare una definizione della stupidità. Ci soccorre ancora Cipolla, che con la terza delle sue Cinque leggi sintetizza: «Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita».

È praticamente impossibile, quindi, non correlare la stupidità «all’assenza o “deficienza” d’intelligenza. Cioè della capacità di “gestire” problemi (soprattutto se nuovi o imprevisti): di visualizzarli, analizzarli, capirli, ipotizzandone diverse soluzioni e scegliendo, infine, la soluzione migliore», suggerisce Castiello d’Antonio, rifacendosi alla definizione in negativo che propone Ferrando Mantovani, professore emerito di diritto penale dell’Università di Firenze. «Stupidità è assenza di intelligenza, stupido essendo tutto ciò che intelligente non è», scrive quest’ultimo in Stupidi si nasce o si diventa? (Edizioni ETS, 2015).

«Ed intelligenza è la capacità non soltanto di risolvere – come si dice – i problemi. Ma, ancora prima, di non crearli, minimizzarli, semplificarli. (…) Ergo, stupidità è la capacità di non risolvere i problemi. Ma anzi di crearli, esasperarli, complicarli. Di risolvere un problema creandone due. Di non cogliere le correlazioni tra causa ed effetto e di agire, di conseguenza, stupidamente. E, tra più soluzioni lungamente ponderate, di optare per la peggiore. Non per la costruttiva, ma per la distruttiva: che porta al nulla».

In poche parole, continua Castiello d’Antonio, è un «problem maker. Il vecchio concetto di deficienza mentale e insufficienza mentale rimanda all’idea della non-intelligenza. Così qualcuno ironicamente ha suggerito di associare al quoziente d’intelligenza (QI) il quoziente di stupidità (QS)».

Stupidi, si nasce o si diventa?

È la domanda del millennio oltre a essere il titolo del citato saggio di Mantovani. Il quale propone tre risposte: si nasce, si diventa e taluni nascono stupidi, altri lo diventano. Indipendentemente da un’eventuale predisposizione genetica, interviene Castiello d’Antonio, «certamente lo sviluppo del pensiero stupido può essere incentivato dalle grandi comunità di socializzazione e di educazione. Cioè la famiglia e la scuola (ogni grado e sistema di istruzione, università compresa). La figlia di Sigmund Freud, Anna, scrisse una volta che gli esseri umani diventano stupidi quando entrano nel circuito scolastico, intendendo dire che con un certo genere di educazione i bambini perdono autenticità, spontaneità, capacità di vedere in modo originale le cose, iniziativa e creatività».

Stupidità e ignoranza: due cose diverse

Attenzione, però. La stupidità non va confusa con l’ignoranza. «Ci possono essere persone molto stupide con un ricco bagaglio di nozioni. Come ci possono essere persone poco informate, o con una scarsa educazione scolastica, dotate di grande intelligenza», annotava Livraghi, concludendo che nonostante non vi sia «alcuna correlazione, univoca e diretta», fra ignoranza e stupidità, «quando i due fattori si combinano il risultato è molto preoccupante». Una delle tante alleanze nocive di una lista assai lunga. «L’arroganza, l’egocentrismo, la supponenza, l’incapacità di ascoltare, la meschinità, il servilismo, la pigrizia mentale…».

Le colpe della comunicazione di massa

Per Mantovani anche i mass media – «televisione, cinema, radio, stampa fumettistica, cartellonistica» – fanno la loro parte, colpevoli di diffondere, «in termini suggestivi e allettanti, modelli totalmente stupiditari, antisociali o criminali». Presentando gli stupidi come «personaggi invidiabili». Ma grandi diffusori di stupidità sono anche i social media, come ricordò lo scrittore e semiologo Umberto Eco nel 2015. «Danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Tanto che il giornalista Enrico Mentana, direttore del telegiornale di La7, ha coniato il neologismo «webete», derivante dalla crasi tra «web» ed «ebete».

Proprio l’hi-tech è stata individuata come causa dell’estinzione in corso dell’intelligenza da Gerald Crabtree, genetista della statunitense Stanford University. Quest’ultimo, in un articolo del 2012 su Trends in Genetics, ha sostenuto la tesi, per la verità assai criticata dal mondo scientifico, secondo cui i progressi tecnologici hanno fatto impigrire le nostre abilità cognitive. Eliminando quella selezione naturale a favore dei più scaltri che, invece, esisteva in passato. «Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale», la sua conclusione, «e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6.000 e i 2.000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa, che subito il nostro patrimonio intellettuale s’indebolisce».

L’intelligenza bersaglio del potere

Livraghi, da parte sua, invitava anche a non dimenticare quella che aveva definito «la stupidità del potere» in tutte le sue forme. Dalle aziende private agli uffici pubblici. «I sistemi di potere tendono spesso a collocare al vertice persone più dedite al proprio vantaggio (o a quello di gruppi ristretti) che al bene collettivo. E questi, a loro volta, tendono a favorire e proteggere la stupidità e a tenere la vera intelligenza il più lontano possibile».

Un argomento approfondito da Castiello d’Antonio nei suoi libri dedicati alle psicopatologie dei manager e dei leader. Come L’assessment delle qualità manageriali e della leadership (FrancoAngeli, 2013), in cui ha trattato del semplificazionismo, della superficialità, del comportamento lavorativo intriso di stupidità e del pressapochismo che generano danni e che rendono sofferente l’ambiente di lavoro. «È proprio nel modo di pensare dei peggiori manager e leader, cioè di coloro che gestiscono il potere», dice, «che si può osservare la chiusura mentale che porta a combattere coloro che presentano idee diverse da quelle proprie o da quelle attese».

Le tipologie di stupidità

stupidità

La stupidità, insomma, invade ogni campo della società, nota Mantovani. Dalla politica allo sport, dal mondo della cultura alla burocrazia, ma è anche vero che non tutti gli stupidi sono uguali. «Sono state identificate diverse tipologie di stupidi», elenca Castiello d’Antonio. «Da quelli del tutto inconsapevoli a coloro che giocano sulla loro stupidità. Dagli sciocchi simpatici (tontoloni, scemotti, citrulli) agli stupidi cattivi e ostili che manifestano una miscela di cretineria, idiozia e imbecillità intrisa di aggressività e piacere nel fare del male agli altri». Lo psicologo individua, comunque, alcune particolari categorie di stupidità.

Situazionale

In questo caso la stupidità si accende solo in determinate condizioni. Per esempio quando si è al volante dell’automobile.

Autodistruttiva

Propria di coloro che con le loro azioni fanno più male a loro stessi che agli altri.

Funzionale

È quella forma di chiusura mentale per cui le persone si concentrano solo sul proprio, limitato oggetto di lavoro. Non dando alcuna attenzione a ciò che è prima e dopo, a ciò che è intorno a loro.

Autodifensiva

Riguarda in genere la vita di coppia. Quando, a dispetto di ogni evidenza, non ci si accorge di nulla, si diventa per così dire ciechi di fronte a comportamenti del partner che potrebbero far molto soffrire.

Il vero stupido non sa di esserlo

«Alcuni», prosegue lo specialista, «ritengono che vi sia un gradiente di stupidità, intesa proprio come mancanza d’intelligenza, anche nelle persone che distruggono la vita in senso lato. Quelli che inquinano, rovinano il paesaggio, sterminano specie animali. In questi casi, tuttavia, il confine tra stupidità e delinquenzialità è difficile da tracciare».

Il paradigma resta, però, immutabile. «Il “vero stupido”, lo stupido al cento per cento, non sa di esserlo. E ciò rappresenta un grave pericolo per tutti. Anche perché causa comportamenti recidivanti, ripetizioni e pure il rischio del contagio, della diffusione della stupidità. Un fenomeno, come notato in precedenza, assai rilevante nell’ambito della socio-dinamica dei gruppi».

Come difendersi dagli stupidi

Resta, infine, il problema, serio, di come difendersi dagli stupidi. Pericolosissimi proprio perché, come evidenziava Cipolla nella quarta delle sue Cinque leggi, «le persone non stupide sottovalutano sempre il potere nocivo delle persone stupide». Sono, così, due i passi fondamentali da compiere, secondo Castiello d’Antonio.

Riconoscerli

Per una persona intelligente può essere molto difficile rendersi conto della sua esistenza. Perché si andranno sempre a cercare motivi, cause, spinte, idee là dove, invece, idee e motivazioni sono del tutto assenti. Spesso lo stupido parla tanto per parlare. Dice cose che non hanno alcun riscontro, può ostentare con orgoglio la propria ignoranza, caratterizzarsi con un cinismo che vuole di fatto immobilizzare ogni presa di decisioni o possibilità di miglioramento sul lavoro come in famiglia o nel mondo.

Non affidare loro responsabilità

Altrimenti i rischi degli effetti negativi del loro agire si amplificano e diventano quasi irrecuperabili. Soprattutto a danno della collettività. Il potere degli stupidi può essere immenso. Ma anche gli stupidi al potere sono assai pericolosi. Non dimentichiamo che cosa ha scritto il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, in Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi (Boringhieri, 1975): «Nella vita non vi è nulla di così dispendioso quanto la malattia e la stupidità».

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