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Calazio: perché viene e come si elimina la ciste sulla palpebra?

Si tratta di un'infiammazione delle ghiandole di Meibomio, responsabili della formazione delle lacrime. Ecco come mai può accadere e in che modo si può intervenire

Quelle del Meibomio sono ghiandole localizzate all’interno della palpebra che, grazie al proprio secreto, contribuiscono alla formazione delle lacrime. Se i canali di queste strutture si ostruiscono può insorgere un’infiammazione che, in alcuni casi, si cronicizza e si manifesta attraverso una piccola neoformazione gonfia e dolorosa, simile a una ciste, proprio sulla zona palpebrale.

Quali sono le cause?

Come sottolinea anche l’Istituto Superiore di Sanità, non è ancora stata individuata una causa specifica all’origine del disturbo, che è molto comune e colpisce solitamente gli individui tra i 30 e i 50 anni. Si ipotizza, però, che la calazio possa essere favorita da disordini alimentari, da difetti visivi non corretti in età pediatrica, da blefariti o anche da disturbi dermatologici come l’acne rosacea e l’eczema. Può anche dipendere da un orzaiolo curato male.

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Quali sono i sintomi?

La calazio si manifesta, appunto, con un granuloma, che può riguardare sia la palpebra superiore sia quella inferiore, accompagnato da gonfiore più o meno esteso, arrossamento, fotofobia, secrezione di liquido, infiammazione della congiuntiva e visione annebbiata. L’entità della ciste può variare: se è di grandi dimensioni, però, può comprimere la cornea e creare disturbi alla vista e impedire alla palpebra di aprirsi correttamente.

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Come si cura?

Nella gran parte dei casi la calazio tende a guarire spontaneamente nel giro di 2-8 settimane. Nel caso in cui ciò non dovesse accadere, lo specialista può optare per una terapia locale a base di farmaci antinfiammatori steroidei (corticosteroidi), con la raccomandazione che i bordi della palpebra siano sempre ben detersi e asciutti per mantenere sgombri i dotti delle ghiandole. Se la pelle è molto tumefatta e arrossata, sarebbe meglio evitare di fare impacchi con acqua calda perché potrebbero aggravare la situazione. Entro una decina di giorni il disturbo dovrebbe sparire.

Quando si opta per l’intervento

Nel caso in cui la terapia farmacologica non dovesse dare i risultati sperati, allora l’oculista può suggerire l’intervento chirurgico, sempre preceduto e seguito da un trattamento antibiotico che prevenga o contrasti eventuali infezioni batteriche. Lo specialista incide la palpebra e procede con un courettage, cioè un raschiamento atto a rimuovere la neofromazione benigna. L’operazione, in regime ambulatoriale, viene eseguita generalmente in anestesia locale (ad eccezione dei bambini, che vengono sedati profondamente).

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