Salute

Allattare dopo il tumore al seno è possibile e sicuro?

Due nuovi studi confermano che questa pratica non aumenta il rischio di recidive e migliora il benessere emotivo della donna

Allattare dopo un tumore al seno non solo è sicuro per la mamma ma rappresenta anche un plus dal punto di vista psicologico-relazionale. A confermarlo sono due studi importantissimi pubblicati sulle riviste scientifiche Journal of Clinical Oncology (JCO) e Journal of the National Cancer Institute (JNCI), che vedono rispettivamente come primo autore e come coautore Fedro Peccatori, Direttore dell’Unità Fertilità e Procreazione dell‘Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano.

Allattare dopo il tumore al seno: cosa dicono gli studi

Lo studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute

Lo studio su JNCI ha analizzato i dati relativi a 4372 donne operate per tumore al seno, portatrici di variante patogenetica BRCA1 o BRCA2, e provenienti da 78 centri nel mondo. Tra queste, 659 sono rimaste incinte dopo la diagnosi di tumore al seno ma solo 474 hanno partorito un figlio. Dopo il parto, 110 hanno allattato, 68 non hanno allattato, 225 hanno eseguito la mastectomia bilaterale profilattica e 71 presentavano uno stato di allattamento sconosciuto.

Gli studiosi hanno confrontato il gruppo in cui le pazienti hanno allattato e quello in cui non lo hanno fatto: dopo un monitoraggio medio di 7 anni dopo il parto, non si sono osservate differenze nell’incidenza di eventi di tumore al seno. Inoltre i ricercatori non hanno riscontrato alcun impatto dell’allattamento sulle recidive locoregionali e/o controlaterali.

Lo studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology

Lo studio su JCO, che fa parte del trial POSITIVE, ha esaminato donne con carcinoma mammario ormono-responsivo, di età non superiore ai 42 anni, che avevano interrotto la terapia endocrina per tentare la gravidanza ed eventualmente scegliere di allattare.

Fra le 317 donne che hanno avuto almeno un parto, 196 hanno allattato mediamente per 4,4 mesi. Occasionalmente, l’allattamento è stato unilaterale (solo dalla mammella non operata). Dopo un follow-up di 41 mesi, il tasso di eventi oncologici (recidive o nuovi tumori) è risultato simile tra le donne che hanno allattato e quelle che non l’hanno fatto: circa il 3,6 % contro il 3,1 % per i rispettivi gruppi.

Allattare dopo il tumore al seno: nessun rischio aumentato di recidiva

Perché molte donne erano caute nel considerare l’allattamento dopo un tumore al seno? Perché questa pratica, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove fortemente almeno per i primi sei mesi di vita del bambino, comporta aumenti nella produzione di ormoni come prolattina e ossitocina. In passato si temeva che questi ormoni potessero stimolare residui tumorali, specie nei tumori ormono-sensibili.

Tuttavia, i dati raccolti nei nuovi studi mostrano che di fatto non c’è un aumento del rischio correlato all’allattamento, almeno nel breve-medio termine. Inoltre, nella popolazione generale l’allattamento è un fattore protettivo per il tumore al seno, in particolar modo nei casi di mutazione BRCA1.

Infine, l’interruzione controllata della terapia endocrina per consentire alla donna di tentare una gravidanza e poi di scegliere consapevolmente l’allattamento è risultata non associata, nei dati emersi dal trial POSITIVE, a un rischio significativamente maggiore di recidiva nel breve termine.

«Chi lo desidera può allattare al seno senza paura di compromettere in qualche modo gli esiti della terapia oncologica o di aumentare le probabilità che la malattia si ripresenti», commenta il professor Peccatori. «Possiamo inoltre affermare, sulla base dei dati, che l’allattamento dalla sola mammella che non ha subìto l’intervento non solo è possibile, ma è del tutto equivalente a quello bilaterale. Molte donne pensano che una sola mammella produca la metà del nutrimento necessario al neonato, ma non è così. La quantità di latte dipende da quanto spesso e quanto a lungo la mamma attacca al seno il suo bambino».

Una pratica che può fare stare bene la mamma dal punto di vista psicologico

Oltre ai benefici medici, l’allattamento migliora il benessere emotivo della mamma. «È possibile che alcune donne non provino il desiderio o non si sentano pronte ad allattare dopo il tumore al seno e questo è perfettamente normale», continua lo specialista. «Tuttavia, per molte di loro l’allattamento ha un valore anche psicologico perché permette di prolungare la relazione esclusiva con il bambino, vissuta durante la gravidanza, anche dopo la nascita».

Allattare (o no) dopo un tumore al seno: alcuni consigli

Ecco alcuni consigli destinati a chi, dopo aver avuto un tumore al seno, sta valutando (o no) di allattare il proprio bambino:

  • parla con il tuo oncologo o il tuo team di cura per valutare i rischi alla luce della tipologia di tumore, della terapia fatta, della durata residua di terapia endocrina e così via;
  • sappi che, anche in casi di tumori ormono-sensibili, l’allattamento è possibile purché il rischio sia valutato caso per caso;
  • non sentirti in colpa se non provi il desiderio di allattare e non sentirti in obbligo di farlo: ogni scelta è personale e va rispettata;
  • affidati, anche su consiglio del tuo oncologo, a gruppi di sostegno, consultori, consulenti per l’allattamento e psicologi per sentirti sostenuta in questo percorso.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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