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Vuoi prevenire diabete e obesità? Mangia cibi amari

Per sconfiggere la tirannia dello zuccherato, bisogna spostare il gusto dai sapori dolci verso quelli amari. L'idea dal congresso annuale della Società italiana di diabetologia

Rieducare il palato, abituandolo ad apprezzare un gusto più amaro piuttosto che cibi sempre molto dolci, grassi o salati. Una strategia che potrebbe aiutare a prevenire la pandemia di obesità e diabete che ha colpito la società occidentale nell’ultimo decennio. L’idea arriva da un’esperta di basi molecolari al congresso della Società Italiana di Diabetologia (Sid), in corso a Riccione dal 27 al 30 novembre.

Cosa sono i recettori del gusto

«Noi avvertiamo sapori diversi grazie ad una serie di recettori del gusto specializzati» spiega Angela Bassoli, professore associato di chimica organica e basi molecolari del gusto, Università di Milano. Questi recettori «dovrebbero portarci a cercare alimenti diversi, sulla base delle necessità del nostro organismo in un particolare momento». In natura, in effetti, non esistono animali selvatici obesi. Perché non mangiano tutto quello che gli si para davanti, ma solo quello che gli serve in quel momento. E nella giusta quantità. «I nostri recettori del gusto dovrebbero spingerci a scegliere quello che ci serve. Ma oggi noi non li ascoltiamo più, perché non abbiamo bisogno di procacciarci il cibo in natura. Ci basta entrare al supermercato».

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L’amaro ha 25 sfumature, il dolce una

Il recettore più potente? Ovviamente quello del dolce. Perché lo zucchero è la nostra principale fonte di energia. Come uscire dalla “tirannia” del sapore zuccherato? Imparando di nuovo ad ascoltare i nostri recettori. Per farlo, però, bisogna fare una sorta di allenamento. Pensate che abbiamo in dotazione 25 diversi sensori per apprezzare le sfumature del gusto amaro, ma non li usiamo da tempo ed è come se si fossero atrofizzati. Per il gusto dolce, invece, abbiamo un unico recettore. Per allenare i sensori dell’amaro, consiglia Bassoli, è necessario iniziare «a mangiare delle cose un po’ più amare (vegetali, spezie, caffè senza zucchero) rispetto a quanto facciamo abitualmente. Se pian piano mi riespongo a questi sapori, i miei recettori si riadatteranno».

Mangiare cibi amari: i vantaggi

Più verdura

Portare in tavola cibi amari ha due vantaggi. «Il primo è diretto perché ricomincio a mangiare alimenti che mi fanno bene. Ad esempio le verdure che contengono più flavonoidi, più polifenoli, antiossidanti protettivi nei confronti dei tumori e delle malattie cardio-metaboliche». Tra le verdure dal gusto amaro ricordiamo la cicoria, il radicchio, il ravanello, il rafano, e così via.

Meno zuccheri

Il secondo invece è un vantaggio indiretto. «Se mi abituo a un gusto un po’ più amaro e meno dolce automaticamente consumo anche meno zucchero». Ad esempio, si smetterà di dolcificare il caffè, il tè o le tisane.

I dolcificanti ingannano il cervello

«Una volta le nostre nonne mangiavano tante erbe di campo amarissime. Oggi le abbiamo lasciate da parte e consumiamo invece verdure ottenute con incroci, con selezione genetica, che risultano sempre meno amare. L’industria modifica il sapore dei cibi anche attraverso gli additivi. Ad esempio con i dolcificanti che di certo non hanno fatto diminuire né l’obesità, né il diabete. Questo perché sono un fake. Non ci forniscono zucchero, ma il nostro recettore si abitua al dolce e ce lo fa desiderare sempre più». Altri esempi sono gli yogurt industriali, ai quali vengono aggiunti grassi, lecitina, zuccheri e frutta per renderli meno acidi e i succhi di frutta, addizionati di sostanze in grado di togliere l’amaro.

Amaro vuol dire antiossidante

Ma cosa ci facciamo con questi 25 recettori? «Alcuni potrebbero essere più specializzati nel riconoscere i tossici, altri le sostanze benefiche. Stiamo cercando di capire meglio come funziona. Queste ricerche sono state finora solo dall’industria farmaceutica, mentre il mondo della scienza alimentare ha cominciato da poco» precisa l’esperta.

«Di recente, ad esempio, una start up tedesca ha cominciato a produrre degli additivi amaricanti (cioè estratti di piante amare) per alimenti. Ma non è quella la strada da seguire. Abbiamo bisogno di uno switch mentale» conclude l’esperta. «Se il gusto amaro è conferito dai polifenoli, allora bisogna spiegare al consumatore che quell’amaro gli fa bene e non va escluso dalla dieta. Più che aggiungere amaricanti negli alimenti, dunque, dovremmo far leva sull’educazione alimentare, a cominciare dai bambini delle scuole».

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