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L’uva regola il ritmo sonno-veglia

L'autunno chiama la remise en forme da conquistare anche attraverso quelle cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura, tanto care ai nutrizionisti. Un'indicazione semplice da seguire, soprattutto se - come nel periodo della vendemmia - la natura mette a disposizione un vero e proprio «concentrato di salute».

Stiamo parlando dell’uva fresca, un frutto noto fin dall’antichità per i suoi effetti energetici, rimineralizzanti, disintossicanti, diuretici e lassativi. A ciò si aggiungono le indicazioni provenienti dalla ricerca che indicano l’uva e il suo succo come possibili fattori di prevenzione delle malattie cardiovascolari, del diabete di tipo 2 e di altre patologie degenerative quali l’Alzheimer.

Secondo uno studio (sul Journal of Alzheimer’s Disease) coordinato da Giulio Maria Pasinetti della Mount Sinai School of Medicine di New York (Usa), i polifenoli contenuti nei semi d’uva, molecole già conosciute per le loro proprietà antiossidanti, sarebbero in grado di ridurre nei topi l’accumulo del peptidebeta-amiloide associato all’insorgenza della malattia. Secondo Pasinetti, «nei pazienti in fase iniziale l’intervento precoce con questo trattamento può essere utile».

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Ma non basta: l’uva sarebbe anche un ottimo anti-stress. Secondo una ricerca dell’Istituto di patologia vegetale dell’Università di Milano, pubblicata sul Journal of the Science of Food and Agriculture, la melatonina contenuta nei chicchi e nella buccia dell’uva rossa potrebbe aiutare a regolare i ritmi circadiani negli esseri umani, proprio come fa l’ormone prodotto naturalmente dalla ghiandola pineale situata nel cervello.

«Indubbiamente», spiega Mauro Serafini, ricercatore dell’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), «l’uva, così come altri alimenti contenenti sostanze antiossidanti, che combattono cioè i radicali liberi causa di invecchiamento, potrebbe giocare un ruolo importante in un discorso di prevenzione, tuttavia al momento tali proprietà sono evidenziate di norma da esperimenti in vitro, ossia in provetta, mentre le evidenze in vivo, cioè nell’uomo, richiedono studi ulteriori».

In realtà possiamo distinguere molti tipi di uva: da tavola, da vino, bianca, nera, fresca, secca e in succo. A seconda del tipo cambiano naturalmente la consistenza, il gusto (più o meno zuccherino), lo spessore della buccia e dunque la quantità di fibra, le quote di nutrienti nonché l’apporto calorico. Infine, grazie alla presenza di acido tartarico e alle pectine della buccia, l’uva partecipa attivamente alla regolarizzazione della funzione intestinale.

«La presenza di zuccheri solubili», spiega Angela Andreoli , nutrizionista e docente presso la facoltà di medicina dell’ateneo Tor Vergata di Roma, «conferisce a questo frutto una discreta carica di energia (60 calorie per etto). Serve dunque moderazione nel consumo, che dovrebbe avvenire a fine pasto. Non è invece consigliata per coloro che soffrono di diabete, obesità, colite o per bambini troppo piccoli». Ottima per chi fa sport nelle versione fresca e secca (più fibra e zuccheri e discreta fonte di potassio e di ferro).

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