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Infarto: è dimezzata la mortalità negli ospedali ma l’assistenza dopo il ricovero è da migliorare

Stando alle valutazioni dell'Associazione nazionale dei cardiologi medici ospedalieri, l'angioplastica ha dimezzato la mortalità dopo trenta giorni dall'evento acuto

L’Associazione nazionale dei cardiologi medici ospedalieri (Anmco) ha presentato al proprio congresso annuale una valutazione indipendente, con il sostegno non condizionante di Amgen, sulla pratica clinica e la gestione dei pazienti con infarto miocardico acuto.

Infarto: è dimezzata la mortalità negli ospedali 

Oggi i pazienti con diagnosi di infarto miocardico acuto vengono seguiti nelle cardiologie e sottoposti immediatamente ad angioplastica, procedura che negli ultimi 10 anni ha dimezzato la mortalità dopo trenta giorni dall’evento acuto. «Ci sono margini ulteriori per ridurre la mortalità post infarto dei pazienti italiani e per tali ragioni abbiamo voluto guardare cosa succede dentro le nostre cardiologie e attivare un processo interno di
verifica, valutazione e formazione volto a migliorare il governo clinico, l’attività delle strutture cardiologiche ospedaliere e la gestione del paziente con sindrome coronarica acuta» afferma Furio Colivicchi, Past President Anmco e Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitazione all’Ospedale San Filippo Neri di Roma.

Gruppo San Donato

Infarto: da migliorare l’assistenza post ricovero

La mortalità fuori ospedale invece è da migliorare e questo evidenzia l’importanza di seguire i pazienti in modo adeguato sul territorio per assicurare la continuità delle terapie e della riabilitazione cardiologica. «Parte integrante di questo impegno è la costruzione della continuità assistenziale ospedale-territorio, in modo da non disperdere quanto si fa durante il ricovero e aiutare i pazienti ad affrontare la riabilitazione cardiologica, continuare nel tempo i controlli e proseguire nell’arco della vita le terapie avviate in ospedale» aggiunge Colivicchi. «Oggi ci confrontiamo con un’assistenza cardiologica territoriale ancora molto frammentata.
L’auspicio è che tale situazione possa migliorare per il futuro nuovo Piano Sanitario Nazionale».

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