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Diana Del Bufalo: «Non vergognatevi di andare dallo psicologo. Io l’ho fatto e mi ha salvata»

L'attrice racconta che la fine di una relazione l'ha fatta precipitare in una crisi profonda, caratterizzata da attacchi di panico e ansia. Con l'aiuto di una specialista, ha ricominciato a sorridere e a credere in se stessa

Mia nonna mi diceva sempre: «Non devi farti attraversare troppo dalle emozioni». Dovevo essere capace, secondo lei, di controllarle e di viverle con un certo distacco, affinché fossi soggetto e non oggetto degli eventi. Un po’ freddina, è vero, e a tratti egoista, ma mia nonna in questo modo è arrivata a 90 anni senza troppe seccature e con una discreta consapevolezza emotiva. Io, invece, che con la consapevolezza sto ancora facendo amicizia, dalle emozioni sono stata non solo attraversata ma, addirittura, asfaltata.

Diana Del Bufalo: «Era come se mi mancasse l’aria»

Un paio d’anni fa è finita una storia d’amore importante e, per quanto una separazione possa in un primo momento sembrare la fine del mondo, non è stata in fin dei conti una catastrofe. Cose che capitano: ci si prende e poi ci si lascia. La vera tragedia è stata, invece, il modo in cui ho affrontato la fine della storia. Soffrire è normale, si dice. Ma la mia non era una sofferenza accettabile e sentivo che dentro di me qualcosa non andava. Il corpo iniziava a darmi dei segnali che poi ho scoperto essere i tipici sintomi dell’attacco di panico. Era come se mi mancasse l’aria, un senso di morte improvvisa che mi immobilizzava. Non riuscivo a far entrare ossigeno nei polmoni e arrivavo anche al punto di spogliarmi per non sentire quel senso di soffocamento.

Gruppo San Donato

La scelta di affidarsi a una specialista

Un giorno ero riversa a letto in preda a un pianto disperato ed emettevo versi incomprensibili, a metà strada tra una preghiera in aramaico e la Solitudine di Laura Pausini. Zuppa di lacrime, presi il telefono e chiamai la mamma, perché sapevo che parlare con lei mi avrebbe aiutata a calmarmi. Il caso ha voluto che in quel momento fosse in studio dalla sua psicologa per una visita e Susanna, la specialista, sentendo dal telefono la mia disperazione disse: «Orne’, falla venire da me e vediamo come risolvere la cosa». Il giorno dopo piombai da lei e mi sottoposi a una seduta di ipnosi. Fu un’esperienza unica: provai mille stati d’animo, mi accasciai a terra, iniziai a tremare, sudare, ridere, piangere. Nel corso della seduta riuscii, piano piano, a parlare di ciò che mi faceva stare male e se voi mi chiedeste: «Diana, ma che vi siete dette?», io vi risponderei che non lo so: zero! Però, appena uscita da lì provai un grande senso di liberazione, perché era come se fossi riuscita a svuotarmi di un peso che mi schiacciava il petto.

Diana Del Bufalo: «Da sola non riesco neanche a mettermi l’eyeliner, come posso pensare di curare la mia psiche?»

Ovviamente quello era solo il primo step, l’inizio di un percorso di psicoterapia, durato un anno e mezzo e che mi avrebbe portata alla guarigione. Ci tengo a sottolineare questo aspetto e a «ripulire» l’intervento psicologico da qualsiasi pregiudizio o tabù. Purtroppo, infatti, ancora adesso molti pensano che andare dalla psicoterapeuta sia una cosa da matti, qualcosa della quale vergognarsi. Ed è una cazzata colossale: perché, se ho male al ginocchio, faccio bene a chiamare subito l’ortopedico e invece, se qualcosa non va nella mia testa, dovrei ignorare il problema o risolverlo da sola? Ebbene, io da sola non riesco neanche a mettermi l’eyeliner, come posso pensare di curare la mia psiche?

L’intervento di Susanna è stato per me fondamentale per uscire dal quel brutto periodo; lei mi ha fornito gli strumenti necessari per capire le cause del mio malessere, le cause della rabbia che avevo dentro; una rabbia che non era più legata all’altra persona (quella è durata il tempo di uno tè) ma era rivolta verso me stessa. Con la mia psicoterapeuta ho analizzato la mia storia d’amore e il modo in cui io l’ho vissuta ed è venuto fuori che soffrivo di dipendenza emotiva. Io esistevo solo in relazione al sentimento che provavo per il mio partner e la giornata era scandita dal nostro rapporto; bastava un piccolo screzio tra di noi per alterare il mio umore. A farne le spese ero io, perché non ero mai me stessa e padrona delle mie emozioni, e gli altri che mi stavano vicino, che le subivano indirettamente. Come tutte le dipendenze, anche quella emotiva è capace di regalarti grandi momenti di piacere, di estasi pura, ma quando viene meno, cioè quando la persona nel rapporto si allontana, provoca crisi d’astinenza.

Chiunque arriverà non dovrà «appannare» la vista

Mi contorcevo e mi disperavo perché non avevo la mia «dose» d’amore, di affettività. In un anno e mezzo, e con una seduta alla settimana di psicoterapia, sono riuscita a disintossicarmi e a capire che io non ho bisogno di nulla, ma soprattutto di nessuno, per sentirmi risolta. Mi sono perdonata. Ho perdonato la mia fragilità, la mia inesperienza e anche la mia cecità. Perché ora mi guardo con gli occhi di chi vede davvero: ho una famiglia fantastica, faccio il lavoro dei miei sogni, ho tanti amici che mi vogliono bene. Mi piaccio! Insomma… Ho tutto ciò che mi serve per essere felice e chiunque arriverà non sarà più in grado di «appannarmi» la vista.

Si va poco dallo psicologo per paura di essere giudicati

Ripeto: da sola non ce l’avrei mai fatta e probabilmente senza il supporto della mia psicologa ancora starei qui a fare i conti con qualche attacco di panico o una crisi di rabbia. Sono così convinta dell’importanza di  «normalizzare» il supporto psicologico che ne parlo continuamente alle mie followers su Instagram. Quello che è venuto fuori dalle chiacchiere virtuali è che una bassissima percentuale di ragazze, pur sentendone la necessità, non ha mai chiesto l’aiuto di uno psicologo e il disagio più provato è quello di essere oggetto del giudizio altrui, specie quello della propria famiglia. Per me è stata una novità, perché con i miei genitori ho sempre avuto un bel rapporto, quasi come tra amici, e non mi sono mai sentita giudicata. Nel mio piccolo ho consigliato a queste ragazze di cercare di essere libere, di rappresentare il risultato delle loro scelte e non di quelle di qualcun altro, perché semplicemente non siamo di nessuno, neanche dei nostri genitori.

Ad alcune mie followers romane ho persino mandato il numero della mia analista e loro ci sono andate! La cosa buffa è che dopo qualche giorno mi ha chiamato Susanna e mi ha detto: «Dia’, le tue followers sono uguali a te… Dolci, sensibili, praticamente la stessa impronta caratteriale». «Annamo bene», le ho risposto divertita. Dopo tutto chi si somiglia si piglia, pure su Instagram.

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