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Diabete di tipo 1: un successo il primo trapianto di staminali

A un anno dall'intervento, le cellule producono insulina dopo i pasti nei pazienti diabetici. Per gli esperti è un risultato storico

Sono passati 365 giorni ma le cellule staminali trapiantate in ventisei pazienti con diabete di tipo 1 sono ancora vive e producono insulina. L’insulina è quell’ormone del pancreas che le persone diabetiche non riescono a produrre – o non producono a sufficienza – con gravi conseguenze sulla salute perché porta ad alti livelli di glucosio nel sangue.

A confermare l’efficacia del trapianto di cellule i risultati preliminari della sperimentazione multicentrica condotta dall’Università della British Columbia (Canada) e dalla start-up californiana ViaCyte. I risultati sono stati pubblicati in due studi scientifici differenti su due riviste, Cell Stem Cell e Cell Reports Medicine.

Gruppo San Donato

Diabete e cellule staminali

I dati sono sono importanti perché si tratta della prima volta in cui viene documentata in pazienti con diabete di tipo 1 la produzione di insulina dopo i pasti da cellule trapiantate. In precedenza esperimenti simili erano stato fatti solo su animali e con risultati di scarso rilievo clinico.

Sebbene l’insulina prodotta non abbia determinato effetti clinicamente rilevanti, per gli esperti «è stata posta una pietra miliare». Perché «la possibilità di avere una fornitura illimitata di cellule che producono insulina dà speranza alle persone che convivono col diabete di tipo 1». In effetti si tratta di una malattia che insorge nell’infanzia e accompagna per tutta la vita.

I due studi

Nello studio su Cell Stem Cell, che ha coinvolto nove pazienti, i ricercatori hanno dimostrato che dopo oltre sei mesi dall’impianto, le cellule trapiantate sono sopravvissute e sono maturate fino a differenziarsi in cellule capaci di secernere insulina in risposta ai livelli di glucosio (quindi dopo aver mangiato). Dopo un anno, il bisogno di insulina si è invece ridotto del 20% ed è migliorato il controllo degli zuccheri. L’impianto è stato ben tollerato senza gravi effetti avversi, anche se la terapia immunosoppressiva (necessaria contro il rigetto) ha creato seri problemi a due pazienti.

Il secondo studio, pubblicato su Cell Reports Medicine e condotto su diciassette pazienti, documenta invece l’avvenuto impianto e la produzione di insulina nel 63% dei casi a tre-dodici mesi. Anche in questo secondo lavoro gli effetti collaterali sono legati alle procedure per l’impianto e all’immunosoppressione.

I limiti della sperimentazione

I ricercatori sottolineano che è ancora presto per trarre conclusioni. Dopotutto la sperimentazione non prevede un gruppo di controllo e i risultati, molto variabili, sono stati ottenuti su un numero limitato di casi. Anche in questo caso gli effetti collaterali sono legati alle procedure per l’impianto e all’immunosoppressione.

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