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Cro di Aviano: un centro d’eccellenza per la riabilitazione della spalla

Al Centro di riferimento oncologico di Aviano le pazienti con problemi al braccio post chirurgia tumorale possono seguire da pochissimo tempo un percorso su misura grazie a macchinari ad alta precisione che valutano ogni singolo muscolo

Movimenti limitati con il braccio, dolore nell’allacciarsi il reggiseno, difficoltà nel farsi una semplice coda di cavallo. Dopo un intervento per cancro al seno, spalla e braccio diventano osservati speciali. Durante la chirurgia mammaria – che può essere conservativa o di mastectomia radicale – si tocca infatti una buona fetta di muscoli che muovono l’arto superiore e, se si lavora intorno all’ascella per rimuovere i linfonodi, non è raro sfiorare anche i nervi. Secondo un documento dedicato al dolore iatrogeno nelle donne operate di tumore al seno, redatto dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano nel 2016, oltre il 40% delle pazienti continua ad accusare dolore sei anni dopo l’intervento e per il 61% di loro interferisce costantemente nelle attività giornaliere. Nella maggior parte dei casi il dolore viene localizzato, in ordine di frequenza, a livello del seno, dell’ascella, del braccio, della spalla e del collo.

Al Cro di Aviano c’è percorso di riabilitazione personalizzato per le problematiche della spalla

La riabilitazione è quindi fondamentale per recuperare la mobilità e sebbene gli esercizi con fisioterapista siano previsti in quasi tutti gli ospedali, al Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano, in provincia di Pordenone, è stato realizzato un percorso di riabilitazione personalizzato per le problematiche della spalla. Al Cro i muscoli delle pazienti vengono analizzati nel dettaglio, con macchinari impiegati ad esempio nella riabilitazione di atleti professionisti, e alla fine viene redatto un fascicolo con gli esercizi da fare a casa o con il proprio terapista. L’idea è nata dall’incontro tra Luca Miceli, responsabile di medicina del dolore clinica e sperimentale all’Irccs Cro di Aviano, e Giulia Bongiorno, fisioterapista al Cro e al Friuli Riabilitazione di Roveredo in Piano (Pordenone).

Gruppo San Donato

Quando è partito il progetto e su quante pazienti lo state testando?

Luca Miceli: «Abbiamo avviato il progetto poco prima dello scorso Natale e per ora abbiamo trattato una decina di pazienti, con ottimi risultati. Il percorso è riservato a chi viene operata qui, ma rientra nella presa in carico del paziente oncologico da parte del Sistema sanitario nazionale, quindi le donne che decidono di usufruirne non devono pagare alcun ticket».

Tutte le donne che subiscono un intervento di chirurgia per tumore al seno ne hanno bisogno?

L. M.: «Ogni anno operiamo in media circa 500 donne per carcinoma mammario, ma non tutte necessiterebbero di un percorso riabilitativo personalizzato. Ci sono pazienti che nel giro di qualche settimana risolvono i disturbi post operatori con esercizi standard. Altre che invece hanno problemi maggiori e quindi muscoli più compromessi. Su di loro possiamo intervenire con le nostre valutazioni».

Come è nata l’idea?

L. M.: «Quando in autunno il Cro ha ricevuto l’autorizzazione regionale ad avviare la pratica di riabilitazione fisica post intervento chirurgico, è iniziata la collaborazione con una fisioterapista, Giulia Bongiorno, che oltre a essere un sanitario è stata anche campionessa mondiale di pattinaggio di velocità a rotelle. Sembra un dettaglio poco influente, ma mentre le facevo vedere l’ospedale ha notato dei macchinari di valutazione muscolare molto specifici, che l’ospedale aveva acquistato per un altro progetto di ricerca, e di solito non presenti in un istituto oncologico. Lei sapeva utilizzarli un po’ per i suoi pregressi di studio e lavorativi, un po’ perché alcuni si utilizzano anche per la riabilitazione sportiva. Così ci siamo detti, dato che si parla tanto di medicina personalizzata, perché non provare a costruire una riabilitazione su misura per le donne operate per tumore al seno?».

Giulia Bongiorno: «È stata una bella casualità. Io avevo studiato macchinari molto simili a quelli trovati al Cro durante il mio progetto di tesi, dedicato proprio allo studio delle braccia, anche se dei bambini. Successivamente avevo ottenuto una borsa di studio nello stesso ambito. Inoltre, con i muscoli ho anche a che fare nella mia vita da sportiva. Io ho smesso di gareggiare quattro anni fa, ma continuo ad allenare».

Perché quello che fate al Cro è una novità?

L. M.: «Perché non svolgiamo solo una valutazione strumentale articolare della spalla, ma anche una valutazione muscolare, che spesso durante il percorso riabilitativo classico viene trascurata».

Di che strumenti stiamo parlando? A che esami sottoponete le pazienti?

L. M.: «Parliamo di attrezzature dedicate all’analisi cinematica del movimento. Abbiamo dei sensori inerziali da applicare sulla spalla o sul braccio per calcolare l’accelerazione e la fluidità del movimento. Disponiamo di telecamere optocinetiche che filmano a infrarossi il gesto che compie il braccio e sono in grado di capire se c’è qualcosa che non va, e poi di un’elettromiografia di superficie, una sorta di elettrocardiogramma dei muscoli, che misura il loro impulso elettrico, in genere uno strumento utilizzato per le gambe e in chi ha problemi di spasticità. Infine, facciamo una misurazione bioimpedenziometrica per studiare la qualità e la quantità della massa muscolare, e una valutazione della forza dell’avambraccio con le hand grip, pinze in acciaio da stringere e mollare, e un ausilio ecografico. Con tutti questi strumenti capiamo se un muscolo sta lavorando al 40% o al 100% e quale zona è più compromessa di altre».

Che tipo di effetti può avere un intervento al seno sulla mobilità della spalla e del braccio?

G. B.: «In caso di mastectomia possono esserci dei muscoli direttamente danneggiati dall’operazione, come il gran dentato, per il rischio di lesione del nervo toracico lungo durante l’intervento. Poi ci sono aree che diventano deboli, come la cuffia dei rotatori, fondamentale per il corretto movimento della spalla e delle azioni rotatorie, come quelle che ci permettono di aprire la finestra o compiere molte attività per l’igiene personale. Oppure ci sono zone che si contraggono, per esempio quella del trapezio superiore, dei muscoli scaleni o del pettorale, che possono anche portare ad alterazioni della postura, per dolore o paura.

Possono essere poi interessati i muscoli fra le due scapole, rendendo difficili movimenti funzionali e quotidiani, soprattutto quando prevedono di sollevare il braccio oltre la linea delle spalle. La presenza dell’espansore, un palloncino che viene progressivamente gonfiato con soluzione fisiologica allo scopo di distendere i tessuti e facilitare il successivo posizionamento della protesi, può dare invece grandi fastidi sotto il muscolo pettorale. E infine, nel post operatorio, c’è chi va incontro alla linfosclerosi, o sindrome della rete ascellare, ossia alla comparsa di “cordoncini” sottocutanei che partono dall’ascella e arrivano fino al gomito o al polso. Possono limitare il movimento dando una forte sensazione di tensione, provocare bruciore o dolore».

Come cercate di risolvere questi effetti collaterali?

G. B.: «In base ai problemi della paziente realizziamo un fascicolo riabilitativo personalizzato con esercizi di vario tipo: di distensione, di rinforzo muscolare, di allungamento, per migliorare la postura e così via. Le attività descritte nel fascicolo puntano a risolvere la disfunzione della spalla e la paura del movimento, per recuperare la mobilità totale, e si possono fare periodicamente al Cro, durante i controlli, ma anche in autonomia a casa propria o con un altro fisioterapista. Il percorso può durare un mese o anche di più, in base alla gravità degli effetti collaterali».

L. M.: «Il potenziale successo del progetto dipenderà non soltanto dalle tecnologie, conoscenze e competenze messe in gioco, ma anche dalla capacità di coinvolgere le pazienti una volta uscite dall’ospedale. Ossia di riuscire a portarle a “farsi del bene” ogni mattina, con costanza durante gli esercizi a casa e dai loro terapisti».

Se la paziente ha un forte dolore post operatorio, come fa a intraprendere il percorso di riabilitazione?

L. M.: «In questi casi entro in scena io per primo, perché se una paziente è bloccata dal male non può iniziare gli esercizi. Intervengo con tecniche di neuromodulazione nervosa periferica mininvasive di radiofrequenza pulsata, riducendo la capacità di un nervo della spalla di condurre al cervello la sensazione dolorosa, e limitando così il ricorso ai farmaci oppiacei. Il suo effetto dura anche dei mesi, quindi tutto il tempo, e anche più, del percorso riabilitativo. È una tecnica nota che però utilizziamo in pochi e che si può fare tranquillamente in day hospital».

Una volta finito di testare il percorso sulle donne operate al seno, pensate che potrà essere utilizzato anche con altri pazienti?

G. B.: «Assolutamente sì. Questo protocollo si può estendere potenzialmente a qualsiasi patologia che riguarda la spalla o altre neoplasie. Ad esempio a un post operatorio per lussazione o per curare la spalla congelata».

L. M.: «Il tema è di certo innovativo e siamo tra i primi centri oncologici nazionali a farlo in questi termini. Tuttavia, mi sono già confrontato con diversi colleghi, afferenti anche alla Società italiana di medicina fisica che raggruppa i fisiatri, e molti sono interessati a future collaborazioni in base ai risultati che otterremo da questa prima sperimentazione».

I pazienti arrivano da tutta Italia

Il Centro di riferimento oncologico di Aviano (Pordenone) è classificato come centro di alta specializzazione e di rilievo nazionale per l’oncologia. Del suo bacino pazienti, circa il 50% arriva da fuori regione. Dedicato allo sviluppo dell’eccellenza nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie oncologiche, è anche un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) impegnato nella ricerca, come quella avviata a dicembre 2021 sul percorso riabilitativo personalizzato per le donne operate di tumore al seno con problematiche alla spalla.

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Giulia Masoero Regis

Giornalista pubblicista, collabora con OK Salute e Benessere, sito e giornale, e altre testate di divulgazione scientifica. Laureata in Scienze Politiche, Economiche e Sociali all'Università degli Studi di Milano, nel 2017 ha vinto il Premio Giornalistico SID – Società Italiana di Diabetologia “Il diabete sui media”; nel 2018 il Premio DivulgScience nel corso della XII edizione di NutriMI – Forum di Nutrizione Pratica e nel 2021 il Premio giornalistico Lattendibile, di Assolatte, nella Categoria "Salute". Dal 2023 fa parte del comitato scientifico dell’associazione Telefono Amico Italia.
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