News

Tumore al seno: nuove terapie post-chirurgiche riducono il rischio di recidiva

L’obiettivo nel trattamento del cancro al seno in stadio precoce è fornire alle pazienti le migliori possibilità di cura. Purtroppo, nonostante le terapie esistenti, ci sono ancora molte pazienti che vanno incontro a una recidiva della malattia. Oggi però sono disponibili due nuove molecole, trastuzumab e pertuzumab, che rivoluzionano il percorso terapeutico del tumore alla mammella HER2 positivo in stadio precoce.

Tumore al seno: nuove terapie post-chirurgiche riducono il rischio di recidiva

I dati relativi all’efficacia di trastuzumab provengono dallo studio Katherine, ha coinvolto pazienti che dopo il trattamento neoadiuvante non avevano raggiunto una risposta patologica completa, quindi a maggior rischio di ricaduta. I risultati del trial, che ha confrontato la monoterapia a base di trastuzumab emtansine (TDM-1) con quella a base di trastuzumab, ha mostrato una riduzione del 50% del rischio di recidiva o di decesso nelle pazienti in trattamento con T-DM1, un beneficio che rimane consistente in tutti i sottogruppi di pazienti. Prima dell’introduzione di trastuzumab emtansine (TDM-1), la terapia adiuvante era uguale per tutte le donne. Oggi, invece, le pazienti con un tumore a maggiore rischio di ricaduta che sono state sottoposte a terapia prima della chirurgia (neoadiuvante) con residuo di malattia possono essere trattate in maniera specifica. Una rivoluzione riconosciuta anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che ha conferito l’innovatività a trastuzumab emtansine (TDM-1) per la sua efficacia nel prevenire le ricadute nelle pazienti HER2+ ad alto rischio.

Gruppo San Donato

«Questi risultati dimostrano quanto sia importante garantire a tutte le pazienti candidabili la terapia neoadiuvante, che oggi tuttavia viene valutata solo in pochi casi, perché sappiamo che sulla base della risposta ottenuta possiamo offrire una terapia personalizzata» commenta Lucia Del Mastro, Professore di Oncologia Università di Genova e coordinatrice della Breast Unit dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova. «Rimane però ancora un 26% di pazienti che nonostante il trattamento con chemioterapia e trastuzumab manifesta una ripresa di malattia. Sono donne ad alto rischio con coinvolgimento linfonodale che hanno effettuato chirurgia al momento della diagnosi (non preceduta da terapia neoadiuvante). Per queste donne oggi è possibile aggiungere un altro farmaco. Si chiama pertuzumab e ha allungato il tempo libero dalla malattia invasiva, con una riduzione del rischio di recidiva o di decesso pari al 28%» aggiunge Del Mastro.

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio