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Susanna Tamaro: un incidente e la depressione per il trauma

«Pedalavo in bicicletta quando una macchina mi ha investita. Da allora ho cominciato a soffrire di insonnia e a perdere peso»

«Pedalavo felice verso casa», racconta Susanna Tamaro, autrice di Va’ dove ti porta il cuore e del libro per ragazzi Il grande albero (Salani editore), in libreria dal 22 ottobre 2009. «Poi, di colpo, uno spaventoso rumore di ferraglia. E io mi ritrovai a terra, dolorante e insanguinata: un’automobile mi aveva centrata in pieno. Al pronto soccorso tutto risultò in ordine, ma i problemi, seri, cominciarono dopo…».
Ecco la confessione della scrittrice a OK e, a seguire, il focus di uno psichiatra che spiega perché, dopo un trauma, si rischia la depressione.

«Ci sono delle mattine in cui ci si sveglia completamente avvolti da un’aura dorata, sicuri che la giornata che ci aspetta sarà meravigliosa. Il 7 luglio del 2005 mi sono svegliata in questa rara e impagabile condizione. Uscivo da un periodo molto difficile – sei mesi prima, in modo piuttosto tragico e inaspettato, avevo perso mia madre – ma da un mese quella sorta di stupefatta malinconia si era dissolta, sentivo nuovamente la forza creativa.
Così, per festeggiare questa “rinascita”, ero andata al mare. Il tempo era splendido e, nella luce dorata di inizio estate, avevo fatto una lunga passeggiata lungo la battigia. Poco prima del tramonto, a malincuore, ho inforcato la bicicletta per tornare a casa. Pedalando accanto ai campi da poco arati, sentivo fluire dentro di me uno stato di grande grazia. Quella mattina, infatti, dopo anni di blocco creativo, dal nulla mi era comparsa in mente la prima pagina del nuovo libro. All’improvviso, ho sentito uno spaventoso rumore di ferraglia e mi sono trovata scaraventata a terra, dolorante e insanguinata.
Un automobilista, accecato dal sole radente del tramonto, mi aveva centrata in pieno.

Gruppo San Donato

Non dormivo più, perdevo peso
Lo stupore dei dottori del pronto soccorso, dopo più di due ore di esami e radiografie, era assoluto: da come si presentava la cosa erano più che sicuri di qualche frattura o grave lesione. E invece le mie ossa erano perfettamente integre.
Adesso, scherzando, dico che ho fatto la mia prima Moc, ma la spiegazione è semplice. Praticando da vent’anni arti marziali, oltre a essere piuttosto forte fisicamente, sono anche abituata a cadere in modo da non crearmi danno. Per gli appassionati, posso dire che il mio corpo, in modo inconscio, è caduto in una perfetta migi yoko ukemi, caduta laterale destra, scaricando il peso sul braccio destro e proteggendo la testa. Il vero problema è sorto quando il dolore si è attenuato. Una mattina ho aperto gli occhi e il mondo era diventato grigio.

 

Per natura, mi sveglio sempre di buon umore, felice di affrontare una nuova giornata. A un tratto quella persona non c’era più. Avevo l’impressione che tra me e la realtà ci fosse una lastra di plexiglas. Tutto mi sembrava senza senso. Nella mia testa continuava a rimbombare quel rumore di ferraglia, bastava la caduta di un piccolo oggetto per scatenare la tachicardia.
Non riuscivo più a guidare la macchina, avevo l’impressione che tutte le cose mi venissero addosso. Non dormivo più, perdevo peso molto rapidamente. Ogni minimo gesto mi costava una fatica immensa. Ho dovuto cancellare impegni di lavoro già confermati. Quando una mattina ho visto nello specchio una maschera grigia che non riconoscevo, ho deciso di andare da uno psichiatra. La diagnosi non è stata difficile. Depressione post traumatica.

Ho temuto di aver perso la creatività
Questo stato di totale astenia è durato circa sei mesi. In quel periodo, oltre a una bassissima qualità della vita, ero convinta che la mia creatività si fosse spezzata per sempre, che avrei continuato a precipitare. Consigliata dal medico, ho preso qualche blando antidepressivo per ristabilire il ritmo del sonno ma ho capito che in questo tipo di traumi bisogna avere soprattutto pazienza: aspettare e accettare la propria debolezza senza chiedersi troppo. Venire investiti da una macchina è uno shock per tutto il sistema nervoso: bisogna dargli il tempo di riassestarsi.
Così è stato. Verso la fine dell’anno una mattina mi sono svegliata e la nebbia che copriva il paesaggio fuori dalla finestra mi è sembrata bellissima. La mia faccia nello specchio era quella di sempre, irregolare, curiosa, sempre pronta a stupirsi e soprattutto felice di affrontare una nuova giornata».
Susanna Tamaro (testo scritto di suo pugno nell’ottobre 2006)

 

QUANDO SI RISCHIA LA DEPRESSIONE DOPO UN TRAUMA
«Dietro alla depressione che segue uno shock si cela un insieme di sintomi che gli psichiatri definiscono disordine post traumatico da stress (o Ptsd)», spiega Carlo Altamura, direttore dell’unità operativa di psichiatria dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano. «È un disturbo d’ansia che può colpire i reduci di guerra, i sopravvissuti a un attentato o a un incidente d’auto e persino chi è in lutto per la morte di un familiare. Casi diversi, ma tutti con un aspetto comune: un rischio gravissimo vissuto sulla propria pelle oppure in qualità di testimoni. Riconoscere questo disagio, che interessa ogni anno quasi un italiano su cento, e intervenire in tempo può significare prevenire uno stato depressivo cronico».
I segnali del Ptsd, che si manifestano anche a distanza di qualche mese dall’evento traumatico, sono:
• iperattività, panico, rabbia, ansia estrema già al risveglio;
• flash-back che fanno rivivere con angoscia il trauma anche soltanto per una porta che sbatte o la frenata di un’auto;
• necessità di evitare i luoghi e le sensazioni associate all’evento;
insonnia;
tachicardia, sudorazione eccessiva, svenimento.
Che cosa fare. Due i tipi di trattamento possibili: la psicoterapia, con un ciclo di almeno sei mesi di colloqui, e farmaci come i cosiddetti Ssri (citalopram e fluoxetina, per esempio), che aiutano il cervello a utilizzare con efficacia la serotonina, neurotrasmettitore correlato all’umore e all’ansia, fondamentale nella regolazione dello stato di benessere.

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