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Diego Abatantuono: sotto i ferri per colpa della pertosse

«Nel 1978 mi sono beccato la bestia nera delle infezioni: respiro spezzato, voce a zero, febbre. Fino all'operazione per le corde vocali a pezzi»

«Colpi convulsi di tosse, sempre più intensi», racconta Diego Abatantuono. «Ingoiavo sciroppi come acqua. Niente. Fu Enzo Jannacci a diagnosticare la bestia nera tra le malattie infettive: la pertosse. Mi curai ma mi venne una complicazione: le corde vocali si attaccarono. Ci volle il bisturi».
Ecco la confessione dell’attore a OK.

«Cos’è che dice l’ astrologia? Che quelli nati sotto il segno del toro come me hanno il loro punto debole nella gola. Mai creduto a queste baggianate. Ma c’è stato un momento nella vita in cui ho pensato che maghi & co. ci avessero azzeccato. Pertosse, infiammazione alle corde vocali e poi dritto sotto i ferri per risolvere tutto. Se non è un punto debole questo…
È il 1978. Veleggio sul palco del Derby, il tempio del cabaret lombardo, con il mio personaggio: il terrunciello immigrato a Milano. Sono due ore e mezzo di spettacolo e a ogni replica la platea trabocca di spettatori.
Da addetto alle luci sono diventato la primadonna. L’adrenalina è a mille, i ritmi folli, mi strapazzo mica da ridere per dare il meglio. Con Max Boldi, Giorgio Faletti e il mio amico d’infanzia Ugo Conti mettiamo in scena una commedia, La tappezzeria. Supervisiona il mentore Enzo Jannacci.
Peccato che fin dai primi giorni di prove inizio a stare male. Mi tormenta la tosse, che presto aumenta, diventa sempre più intensa, più insistente. Immaginate come si sta su un palco, trafitto da colpi convulsi, con la voce che ti saluta e al posto del respiro un fischio, in pratica un raglio d’asino. Gli sciroppi li mando giù come acqua fresca. Le tonsille le ho tolte a nove anni. Che avrò mai?

Gruppo San Donato

La siringa di Jannacci
Jannacci, che in quel periodo ha curato più o meno tutto il Derby (anche Massimo Boldi: leggi), una sera mi fa una bella visita. Diagnosi: mi sono beccato una delle bestie nere tra le malattie infettive, la pertosse.
Forse sarei dovuto filare dritto a letto (anche per non contagiare tutti) ma, si sa, the show must go on. E chi lo molla lo spettacolo! Come furie, Enzo e Ugo escono di fretta dal teatro, vanno in farmacia e tornano con un sacchetto pieno di medicine e una siringa di mezzo metro.

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Giuro che non so cosa Enzo abbia mischiato in quel pistone che mi inietta dietro le quinte un istante prima che si alzi il sipario. Forse, oltre al cortisone, a una dose di antibiotico e a qualche calmante per la tosse, ci aggiunge del Campari soda, giusto per darmi un po’ di energia.

In 48 ore mi ritrovai afono totale
Be’, ragazzi, recito dalla prima all’ultima battuta infagottato in un impermeabile bianco e lascio macchie di sudore sulle assi del pavimento perché mi sta pure salendo la febbre. Sopravvivo e a fine serata sono da buttare.
Comincio la cura con gli antibiotici ma il decorso si fa lungo. Terminata la fase acuta dell’infezione, più di un mese dopo, Jannacci mi esorta: “Diego, vai in montagna, che la pertosse passa ad alta quota”. C’era questa credenza, 30 anni fa: che il germe responsabile di questa infezione respiratoria venisse debellato più facilmente in luoghi dove la concentrazione di ossigeno nell’aria era ridotta. In montagna, appunto.
Mi fido, però non va esattamente come deve. Il secondo giorno, a 2.000 metri, succede la tragedia. Non riesco nemmeno a chiamare il taxi per farmi portare in albergo. In 48 ore sono diventato afono totale. Io, che mi considero un oratore terzo solo a Bonolis e Chiambretti, senza voce! Questa volta sento la gola in fiamme, e ho l’incubo che torni la tosse.

Con la gola in fiamme in sala operatoria
A Milano volo dall’otorinolaringoiatra. Non è una ricaduta ma un’infiammazione: le corde vocali sono così rosse, gonfie e ispessite che si sono attaccate tra loro. Ecco spiegato il dolore e la fatica a parlare. “Bisturi per separarle, un po’ di riposo e tutto tornerà a posto”, mi rassicura lo specialista. Non me lo faccio ripetere due volte: subito operazione e poi convalescenza.
Una volta guarito, mi impongo uno stile di vita più tranquillo: meno stress e più cura per la voce. Continuo a seguirlo, a trent’anni da quell’episodio. C’è chi, come Al Bano, ha le corde vocali che vanno come un Garelli. Le mie, invece di ruggire, se non le curo gracchiano. E per fortuna che oggi non vado in scena tutte le sere al Derby…».
Diego Abatantuono (testo raccolto da Francesca Gambarini per OK La salute prima di tutto di aprile 2009)

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