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Perché capita di fare la pipì a letto?

In occasione della Giornata Mondiale dell’Enuresi, lo specialista Fabio Salvatore Chiarenza spiega come mai alcuni bambini hanno questo disturbo e quando è patologico

Vi capita di trovare le lenzuola bagnate nel lettino di vostro figlio piccolo? Niente paura, l’enuresi notturna, cioè il fare la pipì a letto, può far parte del processo di crescita di un bambino, almeno da quando si toglie il pannolino (18-24 mesi) fino ai 6 anni, età nella quale dovrebbe solitamente aver acquisito il controllo della vescica. Per sensibilizzare su tale disturbo, che in Italia interessa oltre un milione e duecentomila bambini e ragazzini d’età compresa fra i 5 e i 14 anni, il 25 maggio si celebra la Giornata Mondiale dell’Enuresi, istituita dalla International Children’s Continence Society (ICCS) e dalla European Society of Pediatric Urologists (ESPU).

Perché capita di fare la pipì a letto?

Fino ai 5-6 anni lo sviluppo del sistema urinario non è ancora completo. Perciò, prima di questa età non ci si deve preoccupare se il bambino fa la pipì a letto. Dai 6 anni in avanti, però, la situazione va monitorata, rivolgendosi in primo luogo al pediatra. «L’enuresi notturna ha una base genetica: i genitori possono “trasmettere” ai figli i geni responsabili di tale disturbo», spiega il dottor Fabio Salvatore Chiarenza, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, Centro regionale di riferimento per la Vescica neurologica e l’Incontinenza urinaria e fecale nel bambino. A provocare l’emissione involontaria di urina mentre si dorme sono due fattori: la ridotta produzione dell’ormone antidiuretico (ADH) durante la notte e un sonno molto profondo, che impedisce al piccolo di svegliarsi in presenza dello stimolo a urinare.

Gruppo San Donato

A secernere l’ormone antidiuretico è l’ipofisi, che ne produce in maggiori quantità durante la notte. Nell’arco della giornata la concentrazione di questo ormone nel sangue è tale da far produrre, in media, circa un litro di pipì. Durante la notte, quando la quantità di ormone antidiuretico è superiore, la produzione di urina si riduce, permettendo alla vescica del bambino di contenerne fino a 300-350 ml. Quindi non si avverte la necessità di fare pipì. «Se invece la produzione dell’ormone è ridotta non si riesce a trascorrere tutta la notte senza urinare. Alcuni bambini si alzano per andare in bagno e poi riprendono a dormire; quelli con il sonno pesante non sentono lo stimolo e così bagnano il letto», osserva il dottor Chiarenza.

In che modo capire se c’è qualcosa che non va?

Per un inquadramento corretto del problema, i genitori devono rivolgersi al pediatra che a sua volta, se lo ritiene opportuno, può indirizzarli a Centri di Riferimento. «In tali strutture, infatti, oltre a un’anamnesi e una visita accurata, si possono svolgere esami non invasivi come l’ecografia e soprattutto l’uroflussometria pediatrica. Quest’ultimo permette di studiare le diverse modalità di minzione del bambino ed evidenziare, per esempio, se la capacità della vescica sia ridotta o aumentata e se vi siano, specie nelle bimbe, problemi di ristagni di pipì. All’uroflussometria viene poi associato lo studio degli sfinteri urinari e un’ecografia detrusoriale pre e post minzionale per raccogliere informazioni sul muscolo vescicale», prosegue il dottor Chiarenza.

Cosa fare se il bambino fa la pipì a letto?

Se da questi esami non emerge nulla di anomalo, si è in presenza di enuresi notturna monosintomatica, che è la più semplice da trattare. A seconda della situazione, il pediatra può suggerire l’uso o meno di appositi farmaci, eventualmente associato a trattamenti cosiddetti “condizionanti” con allarme acustico notturno. Si tratta di slip da indossare di notte, con un piccolo apparecchio dotato di sensore, che attiva “sveglia” quando il tessuto inizia a bagnarsi. Quando il dispositivo suona il bambino dovrebbe alzarsi per andare a fare pipì. Se il piccolo ha un sonno così pesante da non svegliarsi nemmeno quando si attiva l’allarme, allora devono farlo i genitori.

«È inoltre importante non bere troppo dal tardo pomeriggio in avanti e ridurre il consumo di cibi ricchi di calcio a cena, come il latte e i suoi derivati. Alte concentrazioni di calcio nelle urine favoriscono infatti un aumento dell’attività della vescica. In più, il bambino va educato a non trattenere la pipì durante il giorno, così da arrivare a sera con la vescica completamente vuota», aggiunge il dottor Chiarenza.

Importante non colpevolizzare il bambino

Infine, non bisogna mai colpevolizzare il bambino che bagna il letto di notte. «I genitori possono pensare che ciò si verifichi perché il figlio è pigro, ma in realtà non è così. Al contrario, è importante spiegare al piccolo che non deve sentirsi responsabile del problema e che, seguendo le indicazioni, la situazione si può risolvere. Altrimenti, l’autostima del bambino colpevolizzato può abbassarsi parecchio, con risvolti negativi anche in ambito scolastico», conclude Chiarenza.

Se il bambino smette e poi riprende a fare la pipì a letto?

Si definisce enuresi secondaria il caso in cui il bambino, dopo avere raggiunto il controllo degli sfinteri, rincomincia a fare la pipì a letto. Un problema che di solito ha implicazioni psicologiche, dovute, per esempio, a conflittualità e traumi familiari, quali nascite di fratellini, difficoltà a scuola, lutti. Prima del trattamento si può attendere qualche mese, per vedere se il problema si risolve spontaneamente. Se questo non succede, accanto all’approccio farmacologico (spray nasali a base di desmopressina, ad azione rapida), il pediatra di fiducia potrà ricorrere a un supporto di tipo psicologico, unito a quello della famiglia e della scuola: aiutandolo a riconoscere le situazioni che provocano ansia, stress o insoddisfazione, si rende il bambino maggiormente capace di mettere in atto condotte adatte a ridurre le proprie preoccupazioni. In tutti i casi, i genitori devono parlare con il figlio per rassicurarlo, senza mai sgridarlo.

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