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Luca Argentero: il ginocchio ha fatto crack (due volte)

«Amo lo sport: sono stato sempre in movimento. Finché, durante una partita di calcetto, il menisco si è rotto. E qualche mese dopo ho fatto il bis»

«Nel bel mezzo di una partita di calcetto mi rompo la cartilagine interna del ginocchio sinistro», racconta Luca Argentero. «Mi faccio subito operare al menisco ma pochi mesi dopo cede anche la parte esterna. Col football ho chiuso…». Ecco la confessione dell’attore a OK.

«Ho sempre avuto dentro il sacro fuoco dello sport. Più che un passatempo, lo considero un valore. Ti aiuta a stare bene con te stesso. A sfogarti, a ponderare le tue potenzialità, a capire fin dove puoi arrivare. Come riconoscere che hai una lesione al menisco?

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Ecco perché non ci rinuncio, anche se al mio ginocchio hanno tolto due pezzi di menisco. E anche se i medici, da quando ho subito il doppio intervento, continuano a ripetermi: “Luca, ci vada piano con l’attività fisica”.

Luca Argentero: giocavo a tennis sei volte alla settimana

La storia è questa. Da piccolo ero sempre in movimento: si può dire che sono stato educato a non stare mai fermo. Mio padre è maestro di sci, lo sport ce l’ha nel sangue e questa passione me l’ha trasmessa: ho fatto slalom per anni, insieme al nuoto. Poi è arrivato l’amore per il tennis e ho iniziato la carriera agonistica. Mi allenavo quattro volte a settimana, mentre i weekend erano dedicati ai tornei.

Sono parecchio competitivo e l’idea della gara mi è sempre piaciuta. Il tennis è adatto a chi ha un carattere combattivo, ma allo stesso tempo sa tenere a freno la voglia di strafare. L’altra faccia, purtroppo, è quella di un allenamento che mette sotto pressione le articolazioni e i legamenti, soprattutto quelli di gomito e ginocchio. Di fatto, a 16 anni, per chi intraprende l’agonismo, o sei un campione o non sei nulla.

Per me, mi spiace dirlo, valeva la seconda opzione. Così abbandonai la racchetta. Dopo il liceo mi iscrissi a economia e commercio e lo sport tornò a essere divertimento.

Con l’artroscopia un solo giorno in ospedale

Mi appassionai al calcetto. Ogni settimana, appuntamento fisso con i compagni di università e gli amici. Mi scaricavo e correvo su e giù per il campo come un pazzo, ma le mie articolazioni e la mia cartilagine non erano d’accordo. Gli scatti rapidi e violenti sulle superfici dure dove normalmente si gioca sono un invito per i traumi alle ginocchia.

E così, avrò avuto vent’anni, nel bel mezzo di una partita sentii un crack proprio lì. Il male era acuto e papà mi fece fare subito una radiografia e una risonanza magnetica. Per l’ortopedico non c’erano dubbi: il menisco interno era rotto.

Niente lesione del legamento, per fortuna, ma decisi di operarmi subito. Sapevo che con l’artroscopia bastano due buchini e la parte lesa, non tutto il menisco, viene asportata, senza lasciare cicatrici. Sarò rimasto in ospedale sì e no una giornata. Scampai il gesso e feci solo la fisioterapia strettamente necessaria per il recupero. Dopo pochi giorni di stampelle ero come nuovo. Del resto, a quell’età ti senti invincibile.

L’artroscopia si effettua grazie all’artoscopio, un un sottile tubo metallico, grande più o meno come una cannuccia. Dispone di una fonte di luce e di una telecamera. Una volta attivato trasmette le immagini allo schermo di un video o a un visore, in modo che il chirurgo possa vedere l’interno dell’articolazione.

Il dispositivo serve anche a inserire appositi strumenti chirurgici, che consentono il trattamento di alcune condizioni articolari.

Al posto delle ossa sabbia sfrigolante

Peccato che qualche mese dopo, al primo contatto violento in campo, di nuovo una fitta al ginocchio, sempre il sinistro. Come se al posto delle ossa avessi una palla e della sabbia che sfrigolava. Gli esami mostrarono che anche il menisco esterno aveva ceduto. Il legamento, quasi per miracolo, era ancora intatto. Venni operato una seconda volta. Col football, da allora, ho chiuso.

Per i medici dovrei astenermi il più possibile anche dalla corsa, e certo il tennis o lo sci non sono i migliori amici di un ginocchio che ha subito due interventi. Il problema sta nella cartilagine: non deve usurarsi troppo o si incorre nel rischio di artrosi.
Ma io non ci riesco. A fine giornata, sbaraccato il set, la mia mezz’oretta di jogging non me la leva nessuno.

Poi vado con regolarità in palestra e nei weekend o in vacanza l’amore per il tennis torna prepotente, così come quello per lo sci. Senza strafare. Ne sono convinto: praticare sport è sempre misurarsi coi limiti che ciascuno è conscio di avere».

Luca Argentero

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