BenesserePersonaggi

Katia Follesa: «Ho imparato a convivere con i miei problemi»

«Prendo ogni giorno una pastiglia di betabloccanti, faccio esami regolarmente ed evito sforzi eccessivi. Così tengo a bada la cardiomiopatia ipertrofica»

Il mio cuore ha deciso di dirmi che qualcosa non andava mentre guidavo, 13 anni fa. All’improvviso non l’ho più sentito battere, mi si è annebbiata la vista e ho quasi perso i sensi. Per fortuna sono riuscita ad accostare la macchina, fare quattro lunghi respiri e ragionare su quanto fosse appena successo. Avevo 27 anni e ancora non sapevo di avere una malformazione del muscolo cardiaco, ma l’episodio di quel giorno è stato un segnale importante, perché mi ha permesso di intraprendere una serie di esami e di ottenere una diagnosi precisa. E soprattutto precoce.

Ero ancora lucida e sono andata subito al pronto soccorso

Mi sono spaventata molto (credevo di morirci dentro quella macchina!), ma ho avuto la prontezza di recarmi immediatamente al pronto soccorso. In ospedale i medici mi hanno fatto un’ecografia, un elettrocardiogramma, mi hanno esaminato le carotidi e poi mi hanno messo un holter per monitorare il mio cuore nelle 24 ore successive. Il risultato è stato una diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva, allora molto lieve.

Gruppo San Donato

La diagnosi? L’ho presa bene, anche se…

Inizialmente la notizia non ha avuto grandi effetti su di me. Ero tranquilla, un po’ perché i medici mi dicevano che non era nulla di grave, un po’ perché non avevo capito bene di cosa si trattasse. Poi ho iniziato ad approfondire l’argomento, ho continuato a fare controlli e i medici hanno visto che la cardiomiopatia aumentava. Cresceva con me, insomma. Per i primi due anni non ho preso farmaci, ma nel 2006 mi è stata consigliata la terapia a vita con un betabloccante, che serve a bloccare la crescita delle pareti del cuore. Da quel momento, la percezione della situazione nella mia testa è cambiata. Ho capito di essere cardiopatica davvero e che il mio cuore andava tenuto sotto controllo. Dovevo, e dovrei, fare esami ogni due anni, ma li faccio ogni sei mesi.

Anche la genetica conta 

Mentre prendevo consapevolezza della cardiomiopatia, ho scoperto che la stessa malformazione cardiaca l’aveva avuta anche mio padre, mancato l’anno precedente al mio primo sintomo. Forse anche lui, come me, aveva avuto dei segnali, ma la cardiomiopatia non gli era mai stata diagnosticata. È brutto e doloroso, perché se individuata per tempo è una condizione con cui si riesce a convivere bene, senza problemi. È vero, devo prendere ogni giorno delle pastiglie e ogni tanto ho quelle che ho imparato a chiamare extrasistoli, ma la malattia è sotto controllo e non sono previsti interventi chirurgici. La mia vita non ha limiti: posso fare praticamente tutto quello che voglio e andare dove mi pare, seppur con la consapevolezza di non esagerare.

Sì ad acqua e verdura, no a zucchero e sale

Seguo una dieta sana, negli ultimi anni ho eliminato zucchero e sale e il mio corpo, non solo il mio cuore, ne ha beneficiato; bevo tanta acqua, mangio molta verdura ed evito di lanciarmi in sport estremi e faticosi, che sono chiaramente sconsigliati. L’unica cosa che non ho potuto fare è stato partorire in modo naturale, ma la cardiomiopatia in sé e l’idea che fosse ereditaria non hanno mai attenuato o cancellato il mio desiderio di avere figli. La gravidanza non ha avuto nessun incidente di percorso e mia figlia, che ora ha sette anni, sta già facendo degli esami di controllo, perché ho capito, anche grazie alla mia esperienza familiare, quanto sia importante fare prevenzione. In tutti i campi, quando si parla di salute. Per ora, per fortuna, non è stato rilevato alcun problema.

Katia Follesa (testimonianza raccolta da Giulia Masoero Regis per OK Salute e Benessere)

In questo articolo

Leggi anche…

None found

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio