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Cate Blanchett: da bambina ero povera, la fame mi ha dato la grinta per farcela

L'attrice australiana racconta a OK di come sia riuscita a trovare dentro di sé la forza per superare le avversità della vita

Cate Blanchett, classe 1969, attrice australiana premio Oscar nel 2005, confessa a OK le difficoltà che ha superato da bambina, quando era povera e la madre faticava ad arrivare a fine mese. E dà un messaggio di speranza a tutti.

«Credo che la forza di fare certe cose, la grinta nel perseguire e portare a compimento le proprie ambizioni, derivi spesso dal senso di privazione. Come ai primordi dell’umanità. Chi ha fame giura a se stesso che non patirà più la fame. Chi ha sempre avuto un ricco menù da cui attingere non si pone nemmeno la questione. Io parlo ovviamente per quella che è la mia esperienza.

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La mia non è stata un’infanzia agiata, la scarsità di mezzi era il filo conduttore delle mie giornate nella casa in cui sono cresciuta da piccola, a Sydney, in Australia. Mio padre, un ex soldato della Marina militare degli Stati Uniti, morì giovane per un attacco di cuore, quando io avevo appena dieci anni.

E a mia madre toccò rimboccarsi le maniche e darsi da fare duramente per provvedere alla famiglia (leggi il commento di Paolo Veronesi sull’importanza dell’educazione dei genitori). Io sono stata allevata soprattutto da mia nonna, mentre la mia mamma si sbatteva tra un modesto impiego da insegnante e un altro lavoro. Avevamo molto poco, io, mia sorella e mio fratello. Ne avevo coscienza piena nonostante fossi ancora un’adolescente.

Non ero infelice, questo no, eravamo una famiglia allegra, ma confesso di aver patito la povertà. Ricordo quei momenti di panico, quell’angoscia perenne di non avere un soldo. Ma c’è una forza mentale che emerge dalla mancanza. Mia madre si è indebitata per farmi studiare e tutti noi ci siamo impegnati, con una volontà di riscatto che ha dell’incredibile. Ci è andata bene. Mia sorella, Geneviève, è una scenografa di talento, mentre mio fratello Robert lavora nel mondo dei computer. E io… Ho la possibilità di provvedere economicamente a chi nella mia famiglia dovesse averne bisogno.

Da bambina ho studiato ginnastica artistica, danza classica e pianoforte. All’università ho scelto Economia e Belle arti, solo per caso mi sono presentata per un’audizione alla Nida, l’accademia di arte drammatica di Sydney. E ho avuto la buona sorte di essere notata mentre in un teatro off recitavo in una pièce di David Mamet. Ma devo dire che se non fossi stata così affamata, anche in senso letterale, forse non avrei avuto quel fuoco dentro per farmi valere, per farmi largo a gomitate. Anche per mostrare tutta la mia gratitudine a mia madre, alla quale non è che il destino avesse riservato molta fortuna.

Diffido di chi ha tutto in partenza, soldi, agio, privilegi. La forza mentale si forgia attraverso le privazioni, il tuo benessere fisico e mentale te lo devi conquistare. Penso a quel saggio intitolato La fine della storia e l’ultimo uomo, del politologo Francis Fukuyama: l’autore afferma che nella società capitalistica, in cui ogni bisogno è soddisfatto, l’essere umano viene svuotato di quella fame e desiderio impellente di andare avanti, di progredire, di crescere ed esplorare.

Ho visto molte persone di talento finire male, tanti colleghi attori anche, perché privi di quel bisogno primordiale di cui parlavo prima. Perché a loro, da piccoli, durante la loro infanzia e la loro adolescenza, cioè negli anni più importanti per la formazione della personalità e del cervello, non è mai stato negato nulla.
La privazione alimenta la disciplina. E non esiste talento duraturo senza una sana disciplina».
Cate Blanchett (confessione raccolta da Silvia Bizio per OK Salute e benessere di dicembre 2013)

 

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