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Coliche del neonato: prima regola? Non perdete la calma

I pianti disperati dei bambini fino ai tre mesi di vita mettono in agitazione molti genitori: spesso, però, certi rimedi fanno più male che bene. Ecco i consigli degli esperti

Hanno ragione a lamentarsi, le mamme e i papà italiani. E hanno ragione a mettersi le mani nei capelli quando i primi vagiti e poi i pianti infiniti dei figli si scatenano a causa delle coliche. Sì, perché secondo uno studio condotto in Gran Bretagna i neonati italiani sono al terzo posto, dietro Inghilterra e Canada, nella classifica dei pianti colitici.

Quanto piangono in media i bimbi italiani?

Stando ai risultati raccolti dallo psicologo Dieter Wolke, i piccoli italiani piangono:

Gruppo San Donato

  • circa due ore al giorno nelle prime due settimane di vita,
  • due ore e un quarto dalla terza alla sesta,
  • più di un’ora alla dodicesima settimana.

Wolke sottolinea che si tratta di medie: ci sono bambini che piangono al massimo per trenta minuti e altri che continuano per più di cinque ore.

Coliti colpiscono un bebè su tre  

Ma le coliche toccano a tutti? Non proprio, ma quasi. «È un disturbo che colpisce più del 30% dei lattanti sotto i tre mesi», specifica Francesco Savino, responsabile dell’unità
subintensiva allargata della prima infanzia al presidio ospedaliero infantile Regina Margherita di Torino.

«Le coliche sono scatenate dalla presenza di gas nel pancino, prodotto dalla fermentazione del cibo nel processo digestivo e da una condizione di immaturità della peristalsi intestinale. Per questo sono chiamate anche coliche gassose».

Come si riconoscono? Con la regola del 3

Riconoscerle è piuttosto facile, soprattutto se si tiene a mente la «regola del 3» coniata dal pediatra americano Morris A. Wessel nel 1954. Si parla di coliche quando un bambino sano haperiodi di agitazione e pianti intensi e inspiegabili che durano:

  1. più di tre ore al giorno,
  2. per più di tre giorni a settimana,
  3. per più di tre settimane.

Tra gli altri sintomi, l’arrossamento del viso e il meteorismo. «Le coliche si manifestano in genere nel primo mese di vita, ma raggiungono il culmine per frequenza e intensità intorno al mese e mezzo», riprende Savino. «I genitori, però, non devono allarmarsi. Nella
maggior parte dei casi si esauriscono spontaneamente entro i tre mesi e, a parte le crisi di pianto, che iniziano di solito nel tardo pomeriggio e proseguono fino a sera, le coliche non lasciano altri segni. I bimbi sono sani, si nutrono senza difficoltà e crescono regolarmente».

Sono pochi i bimbi in cui le coliche continuano dopo tre mesi 

Secondo l’esperto, in una piccola parte dei lattanti con coliche il disturbo può persistere oltre i tre mesi. Se il dolore non passa e se soprattutto compaiono altri sintomi, come il rifiuto del cibo, è il caso di consultare tempestivamente il pediatra.

Coliche del neonato: quali sono le cause?

Impossibile, nonostante le numerose ricerche, parlare di una causa specifica. A oggi la medicina non è ancora riuscita a chiarire completamente quali siano l’origine e il meccanismo scatenante di questi spasmi intestinali. Tra le varie ipotesi, la più accreditata chiama in causa l’allergia alle proteine del latte vaccino. «Circa il 25% dei neonati con coliche severe risulta essere allergico alle proteine del latte di mucca e predisposto a sviluppare la dermatite atopica o altre manifestazioni allergiche», sottolinea il neonatologo.

«Per questo è stato ipotizzato che le coliche possano essere causate da una reazione alle proteine del latte vaccino che la mamma assume e passa al piccolo attraverso l’allattamento. A conferma di ciò, spesso si è notato un miglioramento delle crisi del bambino quando la madre elimina dalla propria dieta il latte vaccino e i suoi derivati».

Come altra ipotesi troviamo l’alterato equilibrio della flora batterica intestinale, cioè l’ecosistema dei batteri che colonizzano l’intestino. Nei neonati si sviluppa al momento del parto a contatto con la flora batterica materna. «Nei primi tre mesi di vita l’apparato gastrointestinale del neonato è in fase di maturazione e la sua capacità digestiva è limitata
rispetto a quella del bambino più grande o dell’adulto. In questo periodo è fondamentale il ruolo della flora batterica», prosegue Savino.

Come altra causa possibile, la Società italiana di pediatria indica anche il fumo passivo.

Assolto il latte artificiale

È una fake news, invece, quella del latte artificiale. «Non ci sono studi che dimostrano che il latte in polvere aumenti la predisposizione alle coliche, così come non ci sono ricerche che dicono che l’allattamento al seno ne riduca la frequenza», avverte il pediatra.

«Va considerato che i neonati nutriti con latte artificiale sono spesso stitici e quindi possono piangere perché fanno fatica a evacuare. È comune che i genitori interpretino questi pianti come coliche».

Ma quando l’interpretazione è corretta e il bambino è in preda al dolore intestinale, come devono comportarsi i genitori? Perdere la pazienza serve a ben poco. Quindi, conviene contare fino a dieci e seguire i consigli dell’esperto.

«Create un ambiente rilassante e silenzioso, abbassate le luci e poi iniziate a cullare il vostro bambino. Per farlo ci sono diversi modi: massaggiate dolcemente il pancino con
movimenti circolari oppure tenetelo in braccio finché non si calma», suggerisce Savino.

Le posizioni antidolore

Utile fargli assumere una posizione anti-colica, come consiglia la Società italiana di pediatra: a pancia in giù sul braccio, con la testa nell’incavo del gomito. Dondolandolo in questa posizione, gli vanno date pacchette sul sederino in modo da favorire la fuoriuscita dell’aria dall’intestino.

Consigliate dagli esperti anche le tecniche del «wrapping», vale a dire la fasciatura con una coperta o un lenzuolino, e del «babywearing», cioè attaccare il bambino al petto come una sorta di marsupio. Entrambe le pratiche possono calmare il bambino, rassicurarlo e dargli sollievo. La fasciatura perché limita i movimenti del piccolo facendolo sentire al sicuro e al caldo. Il babywearing perché favorisce il contatto stretto con il genitore e il movimento della camminata culla il bambino. Uno studio pubblicato su Creative Nursing ha dimostrato
che ricorrere al babywearing durante la terapia per le coliche è vantaggioso e permette di ottenere risultati positivi più velocemente.

Bocciati agopuntura e sondino

Terapia non significa medicinali. Come sottolinea la Sip, l’uso dei farmaci è da sconsigliare. In alcuni casi viene prescritto il simeticone in gocce per alleviare il dolore, ma è sempre risultato di scarsa efficacia. Così come non devono essere somministrate le tisane. «Noi pediatri siamo contro qualsiasi tipo di bevanda diversa dal latte materno nei primi mesi di vita, almeno fino a un anno», ricorda Savino.

Al bando anche manipolazioni del lattante, ad esempio massaggi da persone estranee ai genitori o tecniche di agopuntura. Nel 2017 uno studio condotto in Svezia ha avvalorato questa pratica, ma la ricerca è stata presto bollata come una bufala: «Un bambino di pochi mesi non può essere sottoposto a procedure di questo tipo», concorda l’esperto. Attenzione anche a chi propone l’utilizzo di sondini rettali. «Dovrebbero servire a far uscire l’aria dal colon, ma vanno evitati per il rischio di perforazione intestinale», sottolinea Savino. Piuttosto è consiglato l’utilizzo di preparati fitoterapici a base di finocchio e camomilla, da somministrare in gocce o sciroppi.

Per i neonati allattati artificialmente, anche se sono state diffuse numerose formulazioni di latti etichettati come «anti-coliche», specifica il pediatra che «l’unica formula supportata da trial clinici è a base di proteine idrolisate e ha un basso apporto di lattosio, come indico in una recente revisione Cochrane di tutti gli studi condotti sui trattamenti dietetici delle coliche».

Gli studi promuovono i probiotici

Una recentevsperanza di trattamento arriva dai probiotici. Tanto studiati negli ultimi anni, sembrano avere benefici anche nella gestione delle coliche gassose dei piccoli. Il merito andrebbe al Lactobacillus reuteri DSM17938. I risultati sulla sua efficacia sono stati fin da subito incoraggianti. «Una percentuale significativa dei piccoli trattati con questo probiotico ha mostrato, nelle due settimane successive all’avvio della terapia, una riduzione dell’intensità, della durata e della frequenza delle crisi di pianto», spiega Savino. Il Lactobacillus reuteri, infatti, è in grado di cambiare la composizione della flora batterica
intestinale dei lattanti, aumentando la popolazione di lattobacilli (i batteri «buoni») a discapito di quella di Escherichia coli (i batteri «cattivi»), responsabili dei processi di fermentazione e di produzione di gas.

«Dalle analisi delle feci dei neonati è emersa anche una diminuzione del contenuto di ammonio fecale, la cui presenza è indice di fermentazione», conclude l’esperto. «Il Lactobacillus reuteri è disponibile in gocce ed è facilmente somministrabile ai bimbi che si nutrono al seno senza interferire con l’allattamento». Per ora l’efficacia del probiotico, dimostrata in numerosi studi clinici in Italia ma anche in altre parti del mondo (tra cui Canada, Polonia e Australia), è stata valutata solo su bambini allattati al seno.

FONTE: The Journal of Pediatrics

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