Salute

Sindrome del bambino scosso: cos’è, quali sono i rischi per il neonato e perché succede

La shaken baby syndrome è una forma di trauma cerebrale che insorge nei neonati quando questi vengono scossi violentemente dai loro familiari, in seguito al loro pianto inconsolabile. Terre des Hommes accende i riflettori su questa condizione

Terre des Hommes e la Società Italiana di Medicina di Emergenza Pediatrica – SIMEUP scendono in campo per sensibilizzare la popolazione sulla sindrome del bambino scosso (shaken baby syndrome): il 7 aprile, infatti, in oltre 25 piazze italiane (scopri qui quali) i volontari saranno presenti per informare i cittadini sui rischi legati a questa grave forma di maltrattamento fisico ai danni di bambini generalmente al di sotto dei 2 anni di vita e sulle modalità per prevenirla.

Per comprendere appieno la portata del fenomeno, Terre des Hommes ha realizzato la “Prima indagine sui casi di bambini e bambine vittime di Shaken Baby Syndrome in Italia”, in collaborazione con la Rete ospedaliera per la prevenzione del maltrattamento all’infanzia. La rilevazione, condotta nella primavera del 2023, ha preso in considerazione 47 casi di sindrome del bambino scosso diagnosticati dagli ospedali partecipanti nell’arco di tempo dal 2018 al 2022. Si possono leggere i risultati qui.

Gruppo San Donato

Sindrome del bambino scosso: di cosa si tratta?

La sindrome del bambino scosso è una forma di trauma cerebrale che può avvenire nei neonati quando questi vengono scossi violentemente dai loro familiari o caregiver, in seguito al loro pianto inconsolabile. I più colpiti sono i bimbi tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita perché è in questa finestra temporale che il pianto dei lattanti è di massima intensità e spesso i genitori, o chi se ne prende cura, operano manovre consolatorie maldestre, come appunto lo scuotimento. Le conseguenze di questa azione, anche della durata di pochi secondi, possono essere anche letali.

Conseguenze dello scuotimento sul bambino

Come fa sapere Terre des Hommes, quando il piccolo viene scosso il suo capo si sposta violentemente avanti e indietro e la testa e il cervello subiscono forze di accelerazione e decelerazione. Ciò fa sì che l’encefalo impatti contro l’osso frontale e quello occipitale, causando danni lacero-contusivi, sanguinamenti e rigonfiamenti. Inoltre il cervello del lattante, che per le sue caratteristiche viene facilmente compresso e deformato, si muove più velocemente rispetto al cranio, che tende a essere più stabile. Questa differenza di movimento genera uno stiramento e, in alcuni casi, la lacerazione dei vasi sanguigni. Questi danni provocano la morte o il coma del neonato in 1 caso su 4.

La sindrome del bambino scosso può causare anche danni di media intensità. Tra questi troviamo disturbi dell’apprendimento, cognitivi e comportamentali, attacchi epilettici, ritardi nello sviluppo psicomotorio, cecità, paralisi di entrambi i lati del corpo, tetraplegia.

Quali sono i fattori scatenanti?

Scuotere il bambino, in maniera dolosa o colposa, è in genere la risposta a un pianto “inconsolabile”, di cui gli adulti spesso non riescono a cogliere il significato. Ciò crea un senso di impotenza e frustrazione nel genitore o nel caregiver, che possono sviluppare ansia, vergogna e rabbia per non riuscire a porre fine a un evento che ritengono insopportabile.

«Spesso i genitori non conoscono i rischi di queste manovre e talvolta, estenuati da un pianto che nei primi mesi di vita può apparire inconsolabile, rischiano di incorrere in comportamenti scorretti, che possono rivelarsi molto pericolosi. Per questo è fondamentale diffondere la conoscenza del fenomeno e avere una giornata dedicata a questo scopo», spiega Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e Programmi Italia di Terre des Hommes

La shaken baby syndrome non conosce barriere di tipo sociale, economico o culturale. Tuttavia, secondo i dati resi noti dalla Società Italiana di Neonatologia – SIN, esistono alcuni fattori di rischio che potrebbero aumentare la probabilità di andare incontro a questa azione. Questi sono:

  • famiglia mono-genitoriale;
  • età materna inferiore ai 18 anni;
  • basso livello di istruzione;
  • uso di alcol e stupefacenti;
  • disoccupazione;
  • episodi di violenza in ambito familiare;
  • disagio sociale.

Spesso, però, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli e mal informati a spingere nella direzione di una “manovra consolatoria” errata, qual è appunto lo scuotimento violento del bambino. Alla base del problema ci può essere anche una fragilità psicologico-emotiva di mamma e papà, data da condizioni di stress prolungato e/o stati di estrema instabilità, come ad esempio la depressione post partum.

Quali sono le azioni che non causano la sindrome del bambino scosso?

Esistono delle azioni compiute dai genitori, come giochi abituali o comportamenti ritenuti “maldestri”, che non causano la sindrome del bambino scosso e le lesioni da scuotimento associate. Tra queste:

  • far saltellare il bambino sulle ginocchia;
  • lanciare e riprendere il bimbo in aria per farlo giocare;
  • fare jogging o andare in bici con il bambino;
  • cadute dal divano o dal lettino.

Sebbene queste attività possano in alcuni casi essere dannose per i più piccole, con buone probabilità non possono causare le lesioni tipiche della shaken baby syndrome.

Quali sono i segnali fisici?

La sindrome del bambino scosso può dare segno di sé attraverso alcuni segnali e campanelli d’allarme:

  • vomito;
  • inappetenza;
  • estrema irritabilità;
  • letargia;
  • difficoltà respiratorie;
  • rigidità o cattiva postura;
  • assenza di sorrisi o vocalizzi;
  • aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza;
  • difficile controllo del capo;
  • comparsa di lividi su braccia e torace;
  • frequenti e lamentosi pianti inconsolabili.

Nei casi più gravi possono manifestarsi convulsione, alterazioni della coscienza, arresto cardiocircolatorio. È importante non sottovalutare nessuno di questi segnali da parte del bambino, che rappresentano un campanello d’allarme importante per una corretta diagnosi, la quale rimane comunque molto complessa da effettuare.

Cosa fare per calmare il pianto del neonato?

Dal 2017 Terre des Hommes porta avanti iniziative di sensibilizzazione su questo tema, nell’ambito della campagna NONSCUOTERLO!. In passato l’organizzazione si è espressa anche sui comportamenti suggeriti ai genitori e ai caregiver per cercare di calmare il pianto del lattante. Ad esempio, si può cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina o un bagnetto rilassante, lo si può fasciare con un lenzuolo, piegandogli gli arti in modo che venga simulata la posizione fetale. E ancora, si può fargli sentire un fruscio o un rumore bianco (come il phon, l’aspirapolvere o la lavatrice).

Ma se il pianto non si ferma e diventa davvero esasperante, la cosa migliore da fare, se non lo si riesce più a gestire e a sopportare, è lasciare il bambino in un posto sicuro, come la carrozzina, e allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. O in alternativa, chiedere aiuto ad altri membri della famiglia e, nei casi più importanti, lasciare che un medico visiti il bambino, se ci sono dei dubbi sul suo stato di salute.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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