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Partorire in casa? Si può e in tutta sicurezza

Uno studio dell'Istituto Mario Negri dimostra che salvo alcuni casi eccezionali il parto tra le mura domestiche è una buona scelta

Partorire in casa o in ospedale? Questa è una di quelle domande che spesso le donne si pongono quando devono decidere dove far nascere il proprio bambino. Fino a qualche decennio fa partorire in casa era quasi la regola, soprattutto nei piccoli centri. Si veniva assistiti dall’ostetrica e dalle donne della famiglia. Ora la stragrande maggioranza dei neonati viene alla luce in ospedale, anche se sta tornando questa voglia di partorire tra le proprie mura domestiche.

La preoccupazione più grande era quella relativa alla garanzia di sicurezza che una scelta di questo tipo impone. Se qualcosa dovesse andare storto come posso fare? Ora un nuovo studio dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri dimostra che non solo partorire in casa si può, ma soprattutto che si può fare in tutta sicurezza. I risultati di questa ricerca verranno presentati al Convegno “Nascere in casa si può: noi ci siamo” alla Triennale di Milano.

Gruppo San Donato

«In Italia – sostiene Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica dell’istituto di ricerca milanese – dagli inizi degli anni ’60 il parto a domicilio è diventato sempre più raro su tutto il territorio nazionale. Oggi sono un migliaio ogni anno i bambini che nascono in casa in Italia. Un fenomeno che interessa solo alcune Regioni e pochi genitori molto determinati a contrastare la medicalizzazione talvolta eccessiva del percorso nascita».

Nel nostro Paese in media il 35% dei parti (in Campania si supera il 60%, mentre in Toscana ci si ferma poco sopra il 20%) avviene per taglio cesareo contro il 15%, che è la percentuale indicata dall’OMS.

Nello studio del Mario Negri sono stati valutati 600 potenziali parti a domicilio negli ultimi due anni, assistiti dalle ostetriche aderenti all’Associazione Nazionale Ostetriche parto a Domicilio e Casa Maternità, prevalentemente in Emilia Romagna e in Lombardia.

«La condizione ideale – afferma Marta Campiotti, Presidente dell’Associazione – è l’assistenza per tutta la gravidanza dell’ostetrica che assisterà il parto, in modo che possa identificare subito eventuali controindicazioni all’assistenza domiciliare. Il 74% delle donne seguite ha partorito a domicilio; 8 donne e 11 neonati sono stati trasferiti in ospedale dopo il parto perché necessitavano di assistenza. Oltre la metà dei neonati – conclude Campiotti – ha potuto usufruire del contatto prolungato della placenta (chiamato lotus birth) un modo dolce per entrare nella vita: il cordone ombelicale non viene reciso e il neonato resta collegato alla sua placenta, ricevendo tutto il sangue placentare sino a quando il cordone si separa in modo naturale dall’ombelico del neonato».

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