Ambiente salute

Radon: il nemico dei polmoni

Il gas che scaturisce spontaneamente dal terreno è il contaminante radioattivo più pericoloso al mondo negli ambienti chiusi: costituisce, dopo il fumo di sigaretta, il principale fattore di rischio per il tumore polmonare. Ma è possibile combatterlo con la corretta aerazione dei locali, anche grazie all’uso della moderna tecnologia

Non è percepibile dai nostri sensi perché incolore, insapore e inodore. È presente nell’aria e, soprattutto, s’infiltra ovunque negli ambienti chiusi. Che siano domestici, lavorativi o scolastici. Ma è praticamente sconosciuto al grande pubblico. Eppure è il contaminante radioattivo più pericoloso al mondo negli ambienti indoor, costituisce, dopo il fumo di sigaretta, il principale fattore di rischio per il tumore polmonare ed è pericoloso quanto l’amianto. Si tratta del radon. Un gas inerte prodotto del decadimento nucleare del radio all’interno della catena di decadimento dell’uranio.

«Ogni anno in Italia», spiega Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), «il radon miete in media 3.200 vittime. I rischi per la salute non sono strettamente legati alla sua inspirazione ed espirazione, bensì ai suoi prodotti di decadimento. Questo gas è, infatti, una sorta di vettore che porta all’interno del nostro organismo, specialmente a livello dell’apparato respiratorio, delle radiazioni. Le più note sono le radiazioni alfa che vanno a colpire soprattutto le cellule dei bronchioli e degli alveoli polmonari. Modificandone il Dna e dando origine al cancro al polmone. Per questo i fumatori e gli ex fumatori sono statisticamente i più colpiti. Con un rischio di morte 25 volte maggiore rispetto a un non fumatore esposto alla stessa quantità di radon per un uguale lasso di tempo».

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Ma l’esposizione prolungata è stata associata anche ad altre gravi malattie. «A livello epidemiologico sono stati studiati rapporti tra l’assunzione di radon e l’insorgenza di particolari patologie, come la leucemia», prosegue il presidente SIMA. «Al momento, comunque, non è stato possibile dimostrare scientificamente un’esatta correlazione tra l’incremento di leucemia e la presenza di gas radon in ambienti chiusi come le abitazioni».

Più a rischio i locali interrati e i piani bassi

Il radon è presente in quantità variabili soprattutto nel terreno e nelle rocce. Ma lo si rinviene anche nei materiali edili derivati dalla lavorazione dei terreni, da rocce vulcaniche (il tufo) o estratti da cave. Da queste fonti, essendo un gas, si disperde in forma minore nell’acqua, anche potabile, ma principalmente nell’atmosfera. Se, però, all’aperto la sua concentrazione non raggiunge mai livelli elevati, negli ambienti indoor può toccare valori che comportano un rischio elevato per la salute umana. «All’interno di una stanza», conferma Miani, «i citati prodotti di decadimento del radon si legano alle polveri sottili che, quando aspirate, si depositano a livello di bronchi, bronchioli, alveoli polmonari».

I locali maggiormente esposti sono quelli interrati, cioè a diretto contatto con il suolo. Come cantine, scantinati, taverne, garage, e ai piani bassi dei vari edifici, all’interno dei quali il gas risale dal suolo o dai materiali da costruzione passando attraverso fessure anche microscopiche, come gli attacchi delle pareti al pavimento o i collegamenti degli impianti elettrici, termici e idraulici. «Il radon», interviene ancora Miani, «si accumula raggiungendo la sua massima concentrazione entro gli 80 centimetri di altezza. Ma può risalire anche a piani alti laddove sono presenti fissurazioni nei muri e/o impiantistica e relative condutture non ben isolate».

In Italia nessuna soglia limite per le case

La concentrazione di radon è calcolata in becquerel (bq), cioè la normale unità di misura della radioattività. Ma in Italia, a differenza di altri Paesi, non esiste ancora una norma che definisca la soglia limite per quanto riguarda gli ambienti domestici. A livello internazionale, dopo un primo interessamento della Commissione Europea datato 1990, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel rapporto del 2009 WHO Handbook on Indoor Radon: A Public Health Perspective si è raccomandata che si adotti un livello di riferimento, inteso come media annua, di 100 bq per metro cubo o, comunque, non superiore a 300 bq per metro cubo. Valore, quest’ultimo, indicato anche dalla direttiva della Comunità Europea pubblicata nel gennaio 2014.

Il radon si accumula raggiungendo la sua massima concentrazione entro gli 80 centimetri di altezza, ma può risalire anche a piani alti laddove sono presenti fissurazioni nei muri e/o impiantistica e relative condutture non ben isolate.

Per quanto riguarda, invece, gli ambienti di lavoro, il nostro Paese, con un decreto legislativo del maggio 2000, ha fissato un livello di 500 bq per metro cubo. Superato il quale il datore di lavoro deve valutare in maniera più approfondita la situazione e, se il locale è sufficientemente frequentato da lavoratori, intraprendere azioni di bonifica. La misurazione è obbligatoria in tutti i luoghi di lavoro sotterranei.

Infine, nel caso dell’acqua potabile, le linee guida fornite dall’Oms e dalla Commissione europea raccomandano un’intensificazione dei controlli qualora la concentrazione di radon nelle riserve superi i 100 bq a litro.

Il dispositivo per la bonifica 

Se da un lato il nemico è insidioso, dall’altro è facilmente contrastabile. Consiglia, infatti, Miani: «A prescindere dal sospetto della presenza di radon, sarebbe buona abitudine aprire le finestre quattro o cinque volte al giorno per cinque minuti in tutti gli ambienti chiusi, dalle case agli uffici. Un gesto semplice, che, però, è utile al fine di abbassare i livelli di tutti gli agenti inquinanti indoor, radon compreso».

Ma oggi anche la tecnologia aiuta a ridurre il rischio sanitario. In commercio, per esempio, esistono prodotti come le barriere anti-radon, pensati per gli edifici di nuova fabbricazione. Ai meno recenti ha, invece, pensato un’innovativa startup, Radoff, che, coinvolgendo geologi, esperti di fluidodinamica e ingegneri chimici, ha realizzato

Radoff LIFE, un dispositivo che monitora polveri sottili e gas radon indoor. Quando i livelli di concentrazione del gas superano i 100 bq per metro cubo, si attiva aspirando l’aria e riportando i livelli nei parametri sicuri. Il tutto senza rendere necessari costosi interventi di ripavimentazione.

«Anche perché», spiega Domenico Cassitta, fondatore e Ceo di Radoff, «spalancare le finestre è certamente necessario, ma presenta alcuni svantaggi. Innanzitutto quello del dispendio energetico. Sia nella brutta stagione, a riscaldamento acceso, sia nella bella, con l’utilizzo dei sistemi di raffreddamento, quando, invece, ormai non solo gli edifici di nuova costruzione ma anche quelli preesistenti puntano all’efficienza energetica. Inoltre spalancare le finestre risolve solo momentaneamente il problema, perché, quando le si richiude, la concentrazione indoor di radon torna a salire. Infine, soprattutto se si abita in città inquinate, si favorisce la penetrazione delle polveri sottili presenti nell’atmosfera esterna». Tutte problematiche che Radoff LIFE risolve.

«Il nostro device», conclude Cassitta, «ha due circuiti ai quali a breve ne verrà aggiunto un terzo. Il primo è, appunto, quello brevettato per la bonifica del radon, che presto esporteremo anche nelle Americhe, dove sono molto interessati (c’è già stato un primo endorsement con il Canada). Il secondo per la bonifica delle polveri sottili attraverso l’utilizzo di filtri intercambiabili. Il terzo, in arrivo, nasce dalle intuizioni di SIMA e delle università di Bologna e Bari: consentirà l’abbattimento delle cariche batteriche e virali grazie all’uso di particolari lampade che emettono raggi UV-C. Tali radiazioni, infatti, danneggiano l’apparato riproduttivo di batteri, virus, spore, funghi, muffe e acari, impedendone, quindi, la diffusione».

 

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