Alimentazione

Non solo extravergine: proprietà, benefici e utilizzi degli oli di semi

Stesse calorie, usi diversi. Gli oli vegetali possono essere alternati, privilegiando sempre quello di oliva, con qualche accorgimento

Già nel XIX secolo i gastronomi lo descrivevano come un alimento perfetto, anzi, «perfettissimo». La scienza, negli anni, ha confermato. Con le giuste accortezze e quanto basta, l’olio extravergine di oliva è davvero un elisir di buona salute. Aiuta a contrastare l’osteoporosi, protegge il cuore, contribuisce a prevenire non poche malattie. Figli di una cultura che ne decanta da secoli le virtù prodigiose, gli italiani non hanno dubbi. È l’extravergine il re dei condimenti, sia per condire, sia per cucinare. L’ha dimostrato anche una ricerca dell’Università di Barcellona. L’olio d’oliva mantiene le sue proprietà antiossidanti anche se sottoposto ad alte temperature. Ma siamo davvero sicuri che i cosiddetti oli di semi siano da bandire, sia in tavola sia in cucina? Che cos’hanno di diverso questi prodotti rispetto al nettare estratto dalle olive?  

Le differenze tra oli di semi e olio d’oliva

Dentro la dicitura «olio di semi» rientrano i prodotti estratti dai semi di alcune piante come arachide, colza, girasole, palma, sesamo, soia, vinacciolo, oppure dal germe nel caso di grano, mais e riso. «La prima differenza con l’olio di oliva è che, mentre quest’ultimo è naturale al 100%, perché ricavato esclusivamente dalla spremitura del frutto, senza processi chimici, gli oli di semi sono spesso sottoposti a un processo di raffinazione. Che, quando prevede l’utilizzo di solventi e alte temperature, ne può compromettere alcune caratteristiche nutrizionali, come la concentrazione di vitamine A ed E», spiega Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista all’Università Campus Biomedico di Roma.

Gruppo San Donato

«In secondo luogo, i semi non sono tutti uguali. Una delle differenze fondamentali è la resistenza alle alte temperature. Che fa sì che alcuni tipi di olio siano indicati solo per condire e altri anche per cuocere. Per la frittura è indispensabile scegliere oli con un elevato punto di fumo, che indica la massima temperatura che l’olio può raggiungere prima di evaporare. Maggiore è la temperatura a cui il liquido può arrivare durante il riscaldamento, migliore è il risultato che si ottiene, in termini sia di qualità nutrizionale sia di gusto. Quando si immettono in padella gli alimenti da cuocere, questi abbassano la temperatura dell’olio e lo assorbono. Se l’olio di cottura non è ben caldo, il risultato finale è un piatto molto unto e intriso di grassi. Il fritto ideale, invece, è croccante fuori e asciutto dentro. La crosta che si forma in superficie impedisce l’ingresso dei grassi del condimento all’interno del cibo». 

Oli di semi: per friggere arachidi e girasole

Oltre all’olio di oliva, tra gli oli di semi che resistono meglio a un trattamento termico elevato ci sono quelli ad alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi. Come quelli di arachide e di girasole. Via libera anche alle miscele di oli di semi selezionati appositamente per la frittura e già pronte all’uso. Resistono al calore elevato, sono economici e dal sapore non marcato. Semaforo rosso invece per gli oli ricchi di grassi polinsaturi, come quello di mais. Sono molto sensibili al calore e, quando esposti a temperature elevatissime come quelle della frittura, si degradano più facilmente.

I grassi buoni di soia e lino 

Tutti gli oli vegetali, ma soprattutto quelli di semi, sono un’ottima fonte di acidi grassi essenziali. Si chiamano così perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli e il loro apporto è possibile solo con l’alimentazione. Favoriscono l’integrità del tessuto nervoso, delle membrane, di pelle e capelli. La composizione in acidi grassi degli oli di semi è variabile. «L’olio ricavato dai semi della soia è considerato il più completo. Poiché contiene due acidi essenziali: il linoleico e il linolenico», prosegue l’esperto. «Venti grammi al giorno soddisfano il fabbisogno giornaliero di entrambe le sostanze. Anche l’olio di lino è molto ricco di acido linolenico. E soddisfa il fabbisogno quotidiano di omega 6 (ne bastano 6 grammi)».

Olio di colza

A proposito di grassi «buoni», un recente studio della PennState University invita a rivalutare anche l’olio di colza, la cui salubrità è stata in passato messa in discussione per la tossicità di uno dei suoi elementi, l’acido erucico, una volta presente in abbondanza nei semi della pianta di crucifere da cui l’olio viene estratto.

Mais e girasole fonti di vitamina E

Gli oli di semi sono anche una buona fonte di vitamina E, specialmente mais e girasole. Un cucchiaio di quest’ultimo copre circa un terzo del fabbisogno giornaliero della vitamina, che aiuta a contrastare i radicali liberi e a salvaguardare la salute delle arterie. 

Calorie degli oli di semi

Per quanto riguarda le calorie, va sfatato un mito. Non sono nè più «light» né più «pesanti» dell’extravergine. «Gli oli vegetali apportano tutti circa nove calorie per grammo», chiarisce Piretta. «La differenza è che l’olio d’oliva è composto principalmente da grassi monoinsaturi (soprattutto acido oleico). Che contribuiscono in maniera inferiore, rispetto agli oli di semi, alla riduzione del colesterolo LDL, quello “cattivo”, ma hanno un effetto migliore sul colesterolo “buono”, l’HDL. Questo però non autorizza a consumarne di più». 

Etichetta, conservazione e quantità

Che cosa controllare in etichetta? Il seme di origine, obbligatorio per legge, mentre, se si tratta di miscele, dev’essere scritto «olio di semi vari». La durata di conservazione è analoga a quella dell’olio d’oliva: 18 mesi dall’apertura. In commercio si trovano anche oli di semi ottenuti con spremitura a freddo e lavorati solo meccanicamente (senza utilizzo di solventi). Generalmente si tratta di prodotti da agricoltura biologica. In questo caso l’olio va consumato entro pochi mesi dall’apertura.

Le quantità giornaliere raccomandate non cambiano, a prescindere dal tipo di olio. «Per una persona con un fabbisogno calorico quotidiano di circa 1.600-1.700 calorie, il limite massimo è di due cucchiai al giorno (circa 20 grammi)», dice il gastroenterologo. «Un terzo cucchiaio è concesso a chi spende qualche caloria in più (fabbisogno di 2.000 calorie al dì). Questi parametri, contenuti nelle Linee guida della popolazione sana, non tengono conto di particolari condizioni di salute come sovrappeso o rischio di cardiopatie».

In generale, per non far lievitare troppo la quota complessiva di grassi (quella giornaliera raccomandata è compresa tra il 20 e il 35% del totale delle calorie), vanno usati con cautela tutti i tipi di condimenti, dando sempre la preferenza a quelli vegetali e limitando invece quelli di origine animale (burro, lardo, strutto, panna). «Tutti i grassi da condimento andrebbero consumati preferibilmente a temperatura ambiente (crudi). Esaltano il sapore naturale dei piatti, sia freddi che sottoposti a cottura», continua Piretta. «Da preferire sempre l’uso di tegami antiaderenti, cartoccio, forno a microonde e vapore. I fritti? Non più di una volta alla settimana». 

Oli di semi: consigli in cucina 

  • La scelta del seme è, infine, anche una questione di gusti. 
  • L’arachide è un jolly. Ha un aroma delicato, può essere utilizzato sia per cucinare che per condire, da solo o in miscela con oli di semi vari. 
  • L’olio di grano ha un gusto più intenso, è ricco di acidi grassi insaturi e vitamina E (sei volte superiore rispetto all’extravergine) e per queste caratteristiche ha un prezzo più elevato rispetto agli altri semi. L’ideale è usarlo come condimento a crudo, ma il suo sapore, non essendo neutro come gli altri oli, non è per tutti i palati. 
  • Risultano gradevoli se usati a crudo anche mais, soia, riso, sesamo, vinacciolo (ricavato dagli acidi d’uva), colza, girasole. 
  • L’olio di lino ha un sapore amarognolo. Ma si può mescolare con l’extravergine di oliva per migliorarne la palatabilità. Tende a irrancidire in breve tempo e con la cottura, pertanto è bene usarlo a crudo, per esempio nell’insalata o sulle verdure. È consigliabile sceglierlo biologico e conservarlo in frigorifero, perché si ossida facilmente. 

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