Dieta

Dieta personalizzata: perché funziona più delle altre?

 Dna, stile di vita e microbiota determinano cosa mangiare. A che tipo di esami sottoporsi e quali strategie adottare a tavola per seguire un’alimentazione su misura

C’è chi le ha provate tutte, ma non la dieta personalizzata. La dieta Cheto, la dieta Paleo, la dieta Dukan, la dieta Zona, le diete povere di carboidrati o povere di grassi. Per alcuni forse hanno funzionato, per altri no. Perché non esiste una dieta universale, che sia giusta per tutti. Siamo troppo diversi. Ognuno ha le proprie caratteristiche genetiche, il proprio metabolismo, una flora intestinale composta da microrganismi differenti, il proprio stile di vita.

È il motivo per cui gli studi scientifici che cercano di analizzare i benefici di un alimento o di una classe di cibi possono arrivare a conclusioni molto diverse a seconda del campione di popolazione analizzato. Perciò una dieta personalizzata, cioè un’alimentazione fatta su misura per il singolo individuo, potrebbe essere il giusto approccio per raggiungere un peso sano e mantenersi in salute.

Gruppo San Donato

La dieta personalizzata utile a prevenire malattie croniche

Gli autori di uno studio pubblicato nel 2013 dal giornale scientifico Nutrition Research Reviews
osservano che un regime alimentare «sartoriale» potrebbe portare a una riduzione delle
malattie croniche. Questo soprattutto tra le persone che presentano pochi fattori di rischio e che quindi potrebbero abbassare la guardia e non impegnarsi in strategie di prevenzione.

E a gestire digestione e carenze nutrizionali individuali

Inoltre, potrebbe permettere di eliminare eventuali problemi di digestione, individuando quali alimenti vengono metabolizzati con più difficoltà, e far fronte a eventuali carenze nutrizionali. Individuarla e seguirla non è così semplice come adottare una dieta all’ultima moda, ma nemmeno impossibile. Per capire le esigenze nutrizionali di ognuno di noi saranno necessari alcuni esami e un’attenzione meticolosa ai segnali che lancia il proprio corpo.

Conoscere il proprio corredo genetico: la nutrigenica

“Uno dei fattori che condiziona le necessità alimentari è la genetica. Con il sequenziamento del genoma umano è nata la nutrigenetica, che studia le variazioni di Dna che influenzano il modo in cui digeriamo le sostanze contenute negli alimenti”. Roberta Cazzola è coordinatrice del corso di perfezionamento in scienza dell’alimentazione e nutrizione applicata all’Università degli Studi di Milano.

Il ruolo degli enzimi

Nel nostro organismo ci sono dei geni che portano alla produzione di proteine enzimatiche coinvolte nell’assorbimento dei nutrienti. In questi geni possono esserci delle mutazioni che causano la formazione di enzimi meno efficaci del normale. Ciò può rendere difficoltoso il metabolismo di alcuni composti alimentari, come accade nelle intolleranze, oppure portare allo sviluppo di patologie più serie. «Un esempio classico è il favismo, abbastanza diffuso nella popolazione e spesso asintomatico. È causato da una mutazione genetica e i sintomi si manifestano mangiando fave o altri legumi,
che quindi sono assolutamente da evitare».

La dieta personalizzata colma le carenze nutrizionali

Ci sono poi delle carenze nutrizionali non determinate dalla genetica, ma dalle scelte che si
fanno a tavola. Cazzola porta l’esempio dei grassi, nutrienti spesso demonizzati ed evitati,
specie da chi sta seguendo una dieta dimagrante.

La questione grassi buoni e grassi cattivi

«L’alimentazione deve contenere sempre una quota lipidica. Le linee guida indicano che dovrebbe costituire tra il 20 e il 35% dell’apporto calorico giornaliero. I grassi però non sono tutti uguali. Ci sono:

  • quelli saturi, contenuti nel burro o nelle carni (che non dovrebbero superare il 10% delle calorie quotidiane),
  • gli acidi grassi monoinsaturi, presenti nell’olio extravergine d’oliva (un altro 10%),
  • i polinsaturi, contenuti nel pesce, nella frutta secca e negli oli di semi (girasole, soia, mais, arachide, lino).

In genere, quelli di cui siamo più carenti sono i polinsaturi, integrabili nella dieta aggiungendo, per esempio, un po’ d’olio di semi al condimento con olio d’oliva a crudo».

Le vitamine, le proteine e i sali minerali

Altre carenze nutrizionali possono riguardare le vitamine e i sali minerali, se non si mangiano almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. Oppure le proteine, se si segue una dieta vegetariana o vegana fai-da-te, senza tenere conto delle esigenze dell’organismo.

La dieta personalizzata si basa sui diversi stili di vita

Anche lo stile di vita è determinante nell’impostazione di una dieta su misura. Una persona molto sedentaria ha sicuramente bisogno di mangiare meno di chi è molto attivo. Chi invece affatica parecchio il proprio organismo (con un lavoro stressante, una frequente esposizione al sole, un consumo sovente di alcolici o il fumo) potrebbe compensare con piatti ricchi di sostanze antiossidanti, quindi verdura, brassicacee, frutti, in particolare di bosco.

I fumatori

Tuttavia, nei fumatori Cazzola avverte che questi approcci hanno portato a risultati contrastanti.
«Il fumo porta alla produzione di moltissimi pro-ossidanti. Per anni si è pensato di suggerire ai fumatori un’integrazione della dieta con un importante apporto di antiossidanti, come la vitamina C e il beta carotene. Se assunte in quantità eccessive con integratori, però, queste molecole possono avere un effetto dannoso, addirittura più pericoloso nei fumatori che nei non fumatori. Non è ancora chiaro il perché di questo effetto. Un’ipotesi potrebbe essere che, nei soggetti sottoposti a un forte stress ossidativo questi composti si comportano come dei pro-ossidanti invece che come anti-ossidanti».

L’influenza dell’ambiente intestinale

Un altro aspetto fondamentale è l’insieme di microrganismi che risiede in pianta stabile nel nostro intestino, un tempo chiamato flora batterica, oggi noto come microbiota. Gli esseri umani sono ecosistemi costituiti da miliardi di cellule umane e migliaia di miliardi di cellule di funghi, batteri, virus che vivono in simbiosi con noi. Tutti questi microrganismi svolgono funzioni fondamentali, anche nell’alimentazione. «Molti enzimi che permettono la digestione di macromolecole come zuccheri o fibre sono prodotti dai microrganismi che risiedono nel nostro intestino. Noi da soli, altrimenti, non saremmo in grado di digerire questi nutrienti». Maria Rescigno è professore ordinario di patologia generale
all’Humanitas University.

Il microbiota dipende molto da quello che mangiamo

La composizione del microbiota intestinale è influenzata dall’alimentazione (se mangiamo più fibre favoriamo la crescita di batteri e altri organismi che «mangiano» fibre). A sua volta la flora intestinale condiziona la nostra digestione.

«Uno studio israeliano del 2017 ha dimostrato che se viene dato a diverse persone del pane
(integrale o bianco), alcune ingrassano e altre no. Questa differenza dipende esclusivamente
dalla composizione del microbiota intestinale. Ad alcuni consente di estrarre più energia dal
pane, mentre ad altri di estrarne di meno».

Le fibre fanno bene, ma vanno gestite

Un altro esempio: le fibre sono un ottimo nutriente, sempre raccomandato all’interno di una sana alimentazione. Non tutti, però, possono mangiarne in grandi quantità perché vengono fermentate dal microbiota intestinale.
«Se abbiamo un microbiota particolarmente fermentativo, generiamo molto gas, che può dare
semplicemente un po’ fastidio, oppure può provocare dolori addominali. Il mio consiglio, in questi casi, è di accoppiare le fibre a prodotti già fermentati, come yogurt, kefir, kimchi o miso, che rilasciano sostanze antinfiammatorie e permettono di ridurre gli effetti collaterali».

Dieta personalizzata: quali sono le analisi utili?

Per capire quali sono le proprie necessità alimentari e personalizzare al massimo la dieta, si può giocare su più e altri fronti. In genere un semplice esame del sangue completo è sufficiente per evidenziare possibili problemi nel metabolismo degli alimenti o eventuali carenze nutrizionali.

La lipodomica

Analisi più specifiche, come quella lipidomica, permettono invece di scoprire se si
assume la corretta quantità di un singolo nutriente. Per individuare le variazioni
genetiche che influenzano l’alimentazione esistono esami più complessi e specialistici, per cui è
necessario rivolgersi a laboratori privati.

Ascoltiamo il nostro corpo

Un’altra cosa da fare per capire se stiamo seguendo un’alimentazione adatta a noi è
sicuramente prestare attenzione ai segnali che ci manda il nostro corpo quotidianamente. La
pancia gonfia e una produzione eccessiva di gas, oppure stanchezza, dolori addominali. Anche nausea o mal di testa frequenti non sono da ignorare, specie se protratti nel tempo e in concomitanza dei pasti. In base a queste osservazioni e alle risposte ottenute dagli esami, una persona può decidere di fare scelte diverse e mirate a tavola, oppure può rivolgersi a uno specialista.

Leggi anche…

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio