
Che il pesce sia un prezioso alleato della nostra salute è un fatto ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica e dai nutrizionisti. Le sue proprietà, dalla protezione del sistema cardiovascolare al supporto delle funzioni cognitive grazie all’elevato apporto di acidi grassi omega 3, lo rendono un alimento irrinunciabile per una dieta equilibrata e uno stile di vita sano.
Tuttavia, la semplice affermazione “mangiare pesce fa bene” non è più sufficiente. La crescente consapevolezza dei consumatori solleva alcuni interrogativi sul pesce che portiamo in tavola. Oltretutto, in un’epoca di allarmismi mediatici, il consumatore si trova bombardato da informazioni talvolta contrastanti, che possono generare confusione. Come orientarsi, allora, in un mercato così vasto e complesso? Proviamo a fare un po’ di chiarezza attraverso dieci affermazioni “vero o falso”, commentate da Michela Seniga, biologo nutrizionista dei centri Humanitas Medical Care.
In questo articolo
Meglio mangiare i pesci di piccole dimensioni – Parzialmente vero
I pesci di piccole dimensioni, come alici, sardine, acciughe e latterini, rappresentano una scelta alimentare eccellente sia dal punto di vista nutrizionale sia ambientale. Vengono spesso consumati interi, con lisca e interiora, e questo comporta un apporto superiore di calcio, vitamina D, vitamina A e preziosi acidi grassi omega 3 a lunga catena (Epa e Dha), fondamentali per la salute cardiovascolare e cerebrale.
In più, i pesci piccoli si trovano ai livelli più bassi della catena alimentare e accumulano quindi quantità molto inferiori di metalli pesanti, come il mercurio, rispetto ai grandi predatori, tra cui i più comunemente consumati sono il tonno e il pesce spada. Tuttavia, una dieta sana – che da linee guida prevede di portare in tavola il pesce due-tre volte a settimana – non dovrebbe essere monotona: alternare diverse specie ittiche, sia grandi che piccole, permette di beneficiare di una gamma più ampia di nutrienti, evitando anche il rischio di esposizione ripetuta a contaminanti ambientali legati a una sola tipologia di pesce.
I pesci non hanno stagione – Falso
Proprio come frutta e verdura, anche il pesce ha una sua stagionalità. Ogni specie marina ha cicli riproduttivi specifici e periodi dell’anno in cui è più abbondante nelle acque. Rispettare queste stagioni significa non solo garantire la freschezza del prodotto, ma anche tutelare gli ecosistemi marini, evitando il sovrasfruttamento delle risorse. Esistono guide alla stagionalità del pesce che aiutano i consumatori a compiere scelte più consapevoli.
Agosto e settembre sono, ad esempio, mesi ottimi per il pesce azzurro: alici, acciughe, sardine, sgombro e ricciola. Tra le altre specie, invece, negli stessi mesi abbondano orata, spigola (o branzino), dentice, triglia, sogliola, cefalo, gallinella, mazzancolle, gamberi, moscardini, seppie, calamari, vongole e cozze.
Se non lo acquisto fresco, il pesce va bene anche surgelato – Vero
Il pesce surgelato rappresenta un’ottima alternativa al prodotto fresco, a patto che la catena del freddo venga mantenuta senza interruzioni. Grazie alle moderne tecnologie di surgelazione rapida, i nutrienti fondamentali come le proteine, gli omega 3, le vitamine del gruppo B e i sali minerali vengono in gran parte preservati. Inoltre, il pesce surgelato è spesso più sicuro, perché consente di eliminare eventuali parassiti che possono essere presenti nel pesce crudo. È anche una soluzione comoda per avere sempre a disposizione scorte salutari, evitando gli sprechi. Leggere le etichette e preferire prodotti senza aggiunta di conservanti o additivi aiuta a scegliere in modo informato.
Il pesce in scatola è da evitare – Falso
Il pesce in scatola, come tonno, salmone o sgombro, è un’opzione nutrizionalmente valida, ma molti nutrizionisti ne raccomandano un consumo moderato: non più di una o due volte alla settimana, alternandolo a pesce fresco o surgelato. È ricco di proteine di alta qualità e di acidi grassi omega 3, soprattutto nelle versioni in olio o al naturale. I moderni processi di inscatolamento sono pensati per mantenere le proprietà nutrizionali degli alimenti, e il pesce viene cotto direttamente all’interno del contenitore, riducendo la perdita di nutrienti.
Tuttavia, è importante leggere l’etichetta e prestare attenzione al contenuto di sale, olio (meglio se extravergine d’oliva) ed eventuali additivi. Per quanto riguarda il bisfenolo A, composto chimico spesso impiegato come rivestimento interno nelle lattine alimentari, incluso il pesce in scatola, si consiglia di preferire prodotti che riportino sull’etichetta diciture come “Bpa-free”) oppure scegliere confezioni alternative, come vetro.
Il pesce scongelato va consumato subito e non può essere ricongelato – Vero
Una volta che un pesce è stato scongelato, non può essere ricongelato da crudo. Questo perché durante lo scongelamento può iniziare la proliferazione di batteri patogeni, e la successiva ricongelazione potrebbe non bloccare efficacemente questo processo, aumentando il rischio per la salute. Tuttavia, se il pesce viene cotto dopo essere stato scongelato, allora può essere conservato nuovamente in freezer. È importante seguire buone pratiche igieniche e rispettare le temperature di conservazione per garantire la sicurezza alimentare. Inoltre, è sempre consigliabile scongelare il pesce in frigorifero, e non a temperatura ambiente, per evitare il moltiplicarsi dei batteri.
Tutto il pesce abbonda di omega 3 – Falso
Non tutti i pesci contengono le stesse quantità di acidi grassi polinsaturi. Solo alcune specie, come il salmone, lo sgombro, le aringhe e le sardine, ne sono particolarmente ricche. Questi nutrienti essenziali hanno importanti proprietà antinfiammatorie e sono alleati della salute cardiovascolare, neurologica e visiva. Altri pesci, come il merluzzo o la sogliola, ne contengono quantità inferiori. Per massimizzare l’apporto di omega 3, è utile conoscere le differenze tra le varie specie e preferire quelle più ricche, integrandole regolarmente nella propria alimentazione. Anche le modalità di cottura influenzano la quantità finale di acidi grassi: metodi delicati come la cottura al vapore oppure al forno sono da preferire rispetto alla frittura.
Il pesce azzurro è sempre il più salutare – Vero
Il pesce azzurro è una delle migliori scelte alimentari per chi vuole nutrirsi in modo sano. Acciughe, alici, sardine e sgombri sono ricchi di omega 3, proteine nobili, vitamine D e B12, e sali minerali come calcio, fosforo e potassio. Questi nutrienti contribuiscono a ridurre i livelli di colesterolo cattivo (Ldl), migliorano la funzionalità cerebrale, proteggono il cuore e aiutano a contrastare lo stress ossidativo. Inoltre, il pesce azzurro è spesso più accessibile economicamente e più sostenibile dal punto di vista ambientale.
I nutrizionisti consigliano di consumarlo almeno due volte a settimana, anche nelle versioni conservate o surgelate, purché di buona qualità. Alcuni suggerimenti per riconoscere un prodotto valido: verificare la zona Fao di pesca, preferendo quelle locali o europee, ad esempio Fao 37, che indica il Mar Mediterraneo; controllare la lista ingredienti, che deve essere il più corta possibile, senza additivi inutili (l’olio extra vergine d’oliva è un indicatore di maggiore qualità rispetto ad altri oli raffinati); tra i tipi di lavorazioni, invece, quelli “lavorati a mano” o “lavorati in Italia” in genere indicano una maggiore attenzione alla filiera.
Il pesce d’allevamento è meno nutriente di quello selvatico – Parzialmente vero
Il pesce selvatico si nutre in modo naturale e tende ad avere una carne più magra e un contenuto lipidico più bilanciato, spesso con livelli superiori di omega 3. Tuttavia, il pesce d’allevamento moderno, se proveniente da filiere certificate e con mangimi controllati, può offrire un profilo nutrizionale comparabile e in alcuni casi addirittura superiore, grazie all’integrazione di nutrienti nella dieta dell’animale. È fondamentale però verificare la provenienza e scegliere prodotti da allevamenti sostenibili e trasparenti.
Esistono certificazioni affidabili che aiutano i consumatori a scegliere pesce d’allevamento di qualità, con attenzione alla sostenibilità, alla sicurezza alimentare e al benessere animale. Le principali sono: ASC (Aquaculture Stewardship Council), certifica allevamenti sostenibili e responsabili, sia dal punto di vista ambientale che sociale; Global Gap, garantisce pratiche di acquacoltura sicure e tracciabili; Bio/Organic (Ue), per l’acquacoltura biologica, con criteri stringenti su densità, alimentazione e uso di farmaci, riconoscibile dal logo verde dell’Unione europea.
Il pesce crudo è più nutriente di quello cotto – Parzialmente vero
Il pesce crudo conserva meglio alcune vitamine termolabili come la vitamina C e alcune del gruppo B, che possono degradarsi con la cottura. Tuttavia, cucinare il pesce migliora la sua digeribilità e abbatte la carica microbica, eliminando il rischio di infezioni da batteri o parassiti. Per questo motivo, il consumo di pesce crudo deve avvenire solo dopo abbattimento a -20 °C per almeno 24 ore, come previsto dalla normativa sanitaria. Alternare pesce crudo e cotto è una strategia equilibrata per bilanciare gusto, valore nutrizionale e sicurezza alimentare. Cotture delicate e tempi brevi aiutano a preservare il massimo dei benefici.
Il salmone troppo rosa non è di qualità – Parzialmente vero
Il colore del salmone, molto acceso in alcune varietà d’allevamento, è spesso il risultato dell’alimentazione dell’animale. Vengono utilizzati pigmenti naturali come l’astaxantina, una sostanza presente anche nei crostacei, o additivi autorizzati, che conferiscono la classica tonalità rosata. Tuttavia, il colore non è indicativo diretto di qualità nutrizionale o di freschezza. È più importante valutare la provenienza, il tipo di allevamento, le certificazioni e il metodo di lavorazione.
Testo di Tiziano Zaccaria