Psicologia

Sindrome di Rebecca: perché siamo tormentati dal passato del partner?

Cos'è la gelosia retroattiva e come affrontarla per evitare che rovini le nostre relazioni

A ciascuno di noi può capitare di provare gelosia verso il proprio partner. Esiste, però, una particolare forma di gelosia che non riguarda il presente, ma il passato sentimentale e sessuale dell’altro. Anche quando quel passato è ormai lontano, può dare vita a pensieri intrusivi e reazioni che finiscono per generare malessere nella coppia. Ma quali sono le caratteristiche di questo fenomeno, noto come sindrome di Rebecca, e cosa si può fare per uscirne? Lo abbiamo chiesto a Michela Francia, psicoterapeuta e Responsabile del Servizio di Psicologia clinica e ospedaliera presso Città di Lecce Hospital GVM Care & Research.

Cos’è la sindrome di Rebecca?

«La sindrome di Rebecca, o gelosia retroattiva, descrive una condizione per cui un individuo prova un’intensa gelosia nei confronti dei partner precedenti dell’attuale compagno/a, quindi per le sue relazioni passate. Sebbene si possa pensare, dato il nome, che sia caratteristica del genere femminile, in realtà possono esserne affetti anche gli uomini. Essa è stata così definita prendendo spunto dal noto film di Hitchcock “Rebecca – La prima moglie“, a sua volta tratto dall’omonimo romanzo di Daphne du Maurier. La trama racconta di una donna che dopo aver sposato un ricco vedovo sviluppa una gelosia esasperante verso la prima moglie di costui, Rebecca, morta in circostanze misteriose», spiega la Dott.ssa Michela Francia.

Quali sono i sintomi e come riconoscerla

Tale condizione è caratterizzata da una serie di sintomi, tra cui:

  • ansia;
  • angoscia;
  • crisi di rabbia;
  • aggressività;
  • compulsioni di controllo;
  • ossessioni;
  • ruminazioni;
  • stati depressivi;
  • intensa frustrazione;
  • fino a veri e propri deliri, in risposta a immagini mentali o pensieri intrusivi e ricorrenti, polarizzati sulle relazioni passate del proprio partner, sia sentimentali che sessuali.

«La differenza con un sentimento “fisiologico” all’interno delle relazioni di coppia sta nell’intensità e nella frequenza delle reazioni emotive e comportamentali esperite. Normalmente, queste reazioni dovrebbero essere gestibili e controllabili, attraverso un dialogo interiore funzionale e razionale, per cui la persona non arriva ad attivare strategie difensive e comportamenti disadattivi come quelli descritti, che potrebbero, invece, arrivare a minare la serenità individuale e della coppia, alimentando così le credenze di partenza».

Quando la gelosia come “prova d’amore” nasconde dinamiche disfunzionali

«Occorre quindi diversificare un sentimento/emozione da una patologia vera e propria, sebbene la sindrome di Rebecca non abbia ancora assunto una dignità clinica, in quanto non annoverata tra i Disturbi Mentali nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 5ª ed.)», precisa l’esperta.

«La gelosia fa parte delle cosiddette “emozioni complesse”, proprie degli esseri viventi più evoluti, e prevede la paura o il timore di perdere la persona amata. Talvolta, viene mantenuta e alimentata da convinzioni irrazionali, derivanti anche dalla nostra cultura o acquisite dalle figure di riferimento, secondo cui la gelosia è una prova d’amore nei confronti dell’altro».

«Quando queste convinzioni sono rigide, i sintomi diventano distruttivi per la relazione di coppia e per la persona stessa, e le rassicurazioni dall’esterno non bastano, allora occorre cercare un rimedio. Ci sono però tante variabili che intervengono e che portano la persona a non riconoscere ed essere consapevole della questione. A volte, anche fattori di mantenimento, come caratteristiche della personalità o dinamiche relazionali di coppia, impediscono di riconoscere che vi sia un problema».

Le cause della sindrome di Rebecca

«Secondo una prospettiva evoluzionistica, la gelosia, in generale, può essere determinata e attivata, all’interno di un legame di coppia, a livello inconsapevole, per difenderlo da potenziali rivali o per ridurre un’incertezza di fondo presente nella persona che porta a controllare il partner».

Le cause della sindrome di Rebecca possono essere molteplici, come:

  • convinzioni irrazionali rigide;
  • insicurezza personale, senso di inferiorità, timore della perdita, talvolta collegata a traumi relazionali o nello specifico abbandonici, lutti non elaborati, una bassa autostima o esperienze pregresse;
  • inoltre, le dinamiche di coppia, se disfunzionali, possono agire come fattori di mantenimento o attivatori (ad esempio, un partner che si compiace della gelosia della compagna/o e fa in modo di alimentarla).

Perché non si riesce a lasciar andare il passato del partner?

«Non c’è una spiegazione univoca: la mente umana può attivare delle resistenze a lasciar andare il passato, perché talvolta gli stessi sintomi servono a difenderci, o celano ferite molto più profonde ancora aperte», continua la psicoterapeuta.

L’ex, ad esempio, può essere percepito come una minaccia per la relazione attuale perché considerato “migliore”, diventando così oggetto di continui confronti, oppure perché non si è stati il primo o la prima partner. A livello più profondo, possono esserci altri fattori, come difficoltà a fidarsi, paura di essere lasciati o bassa autostima.

L’impatto dei social media

«La visibilità del passato del partner sui social può essere sia un trigger, in quanto potrebbe attivare i sintomi della sindrome di Rebecca, sia, allo stesso tempo, un fattore di mantenimento, perché contribuisce a mantenere attivi i pensieri ossessivi, l’immaginazione e le emozioni conseguenti, e i comportamenti morbosi di ricerca di informazioni sugli ex partner».

Le conseguenze della sindrome di Rebecca

Nella coppia, la sindrome di Rebecca può portare a «rotture, separazioni e conflitti esasperanti, in quanto potrebbe generare nell’altro ansia, angoscia, impotenza, sensi di colpa e depressione, determinati da attacchi costanti, ricerca di attenzione e controlli eccessivi. Nei casi più gravi, possono verificarsi manifestazioni aggressive o violente, fino ad arrivare a reati veri e propri come omicidi o stalking. La situazione si complica quando la persona esperisce la gelosia retroattiva non solo verso l’ex partner, ma anche verso eventuali figli nati dalla relazione precedente».

Come si può superare?

«Se la sintomatologia è invalidante occorre ricorrere alle cure degli specialisti, come psicoterapeuti e psichiatri, e, se necessario, intervenire anche farmacologicamente. È importante non solo lavorare sui sintomi, ma anche sulle cause più profonde che l’hanno determinata, sia a livello individuale sia, eventualmente, di coppia, per ripristinare o costruire una comunicazione più efficace tra i partner e incrementare la fiducia reciproca».

La Dott.ssa Francia conclude spiegando che «la psicoterapia individuale, nello specifico, dovrà essere centrata in primis sulla costruzione di una valida alleanza con il terapeuta, il quale fornirà alla persona gli strumenti più idonei per:

  • gestire le proprie emozioni attraverso tecniche specifiche (ad esempio, mindfulness, immaginazione guidata, diario emotivo, tecniche di stabilizzazione corporea);
  • imparare a confutare i propri pensieri e credenze irrazionali attraverso la terapia cognitivo-comportamentale;
  • elaborare traumi del passato irrisolti (terapia EMDR) e schemi disfunzionali (Schema Therapy)».

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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