
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa rara e ad oggi senza cura definitiva. In circa il 5-10% dei casi è ereditaria, ma nella maggioranza dei pazienti la causa rimane sconosciuta. La prognosi è spesso molto severa: la metà dei malati muore entro 14-18 mesi dalla diagnosi, di solito per insufficienza respiratoria.
Un nuovo studio, pubblicato su Nature, apre però una prospettiva inedita: la SLA potrebbe avere una componente autoimmune.
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Lo studio: la SLA come malattia autoimmune
La ricerca è stata condotta dal La Jolla Institute for Immunology (LJI) e dal Columbia University Irving Medical Center, guidata da Alessandro Sette e David Sulzer.
Gli scienziati hanno scoperto che molti pazienti con SLA sviluppano una forte risposta dei linfociti T CD4+, cellule del sistema immunitario che dovrebbero difendere l’organismo. Invece, queste cellule attaccano erroneamente la proteina C9orf72, presente nei neuroni.
Questa reazione è tipica delle malattie autoimmuni, dove il corpo aggredisce i propri tessuti. Non solo: lo studio ha evidenziato che l’autoimmunità si manifesta anche in pazienti senza mutazioni genetiche note, mentre nei malati con mutazione i livelli di autoattacco risultano ancora più alti.
Due gruppi di pazienti, due decorsi diversi
Uno degli aspetti più interessanti riguarda la diversa progressione della SLA.
- Un primo gruppo di pazienti presentava linfociti T molto infiammatori, con una sopravvivenza più breve.
- Un secondo gruppo, invece, mostrava anche cellule T anti-infiammatorie, capaci di bilanciare la risposta immunitaria e rallentare la malattia.
Questo meccanismo potrebbe spiegare perché, sebbene la SLA sia in genere rapida, una parte dei pazienti viva molto più a lungo, come dimostra il caso celebre del fisico Stephen Hawking.
Prospettive terapeutiche: immunoterapia per la SLA
Il prossimo passo sarà tradurre queste scoperte in trattamenti. Secondo gli autori, sarà possibile sviluppare terapie mirate a rafforzare le cellule T protettive e a limitare quelle dannose.
Un’ipotesi è l’uso di approcci di immunoterapia cellulare, come l’isolamento e la reintroduzione di cellule T anti-infiammatorie. I tempi restano lunghi: serviranno anni prima di arrivare a trial clinici applicabili ai pazienti.
Un modello valido anche per altre malattie neurodegenerative
La scoperta non riguarda solo la SLA. L’autoimmunità sembra giocare un ruolo crescente anche in altre patologie come Parkinson, Alzheimer e Huntington. Studi precedenti avevano già mostrato che spegnere l’infiammazione può ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, aprendo così nuove prospettive preventive e terapeutiche.
La ricerca non offre ancora una cura immediata per la SLA, ma rappresenta un passo importante nella comprensione della malattia. Collegare la sclerosi laterale amiotrofica al sistema immunitario potrebbe in futuro portare a test predittivi e a terapie personalizzate.
Per i pazienti e le famiglie si tratta di una nuova speranza: la possibilità che, un giorno, modulare il sistema immunitario possa rallentare la progressione di una delle malattie neurodegenerative più devastanti.
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