
Negli ultimi anni si è diffusa l’idea che, nell’era degli smartphone, dei social media e delle notifiche incessanti, la nostra soglia di attenzione si stia drasticamente riducendo. Secondo la narrazione più popolare, oggi saremmo in grado di concentrarci per appena otto secondi, meno di un pesce rosso. Ma da dove arriva davvero questa informazione? È supportata da studi scientifici affidabili? E soprattutto: quanto c’è di vero?
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La falsa leggenda degli “8 secondi”
La cifra degli otto secondi è stata citata da testate autorevoli come Time, The Guardian, USA Today e persino The New York Times. Tutte queste fonti fanno risalire l’informazione a un rapporto del 2015 commissionato da Microsoft Canada. Tuttavia, come ha riportato la BBC, quel report non conteneva dati sperimentali a sostegno della tesi.
La vera fonte sarebbe un sito chiamato Statistic Brain, che si presentava come un portale dedicato ai numeri e alla loro “purezza”. Peccato che, alla prova dei fatti, nessuna delle fonti citate da Statistic Brain — tra cui il National Center for Biotechnology Information e l’Associated Press — avesse mai pubblicato studi in merito. Anche i tentativi della BBC di contattare direttamente il sito sono rimasti senza risposta.
Cosa dicono gli esperti: non esiste una soglia “media” di attenzione
Secondo la dottoressa Gemma Briggs, docente di psicologia alla Open University, l’idea di una soglia di attenzione fissa è semplicemente sbagliata. «Il modo in cui applichiamo la nostra attenzione dipende da cosa portiamo con noi in quella situazione: le nostre aspettative, la nostra esperienza. Tutto questo influenza direttamente ciò che vediamo e come elaboriamo le informazioni» spiega la ricercatrice.
La soglia di attenzione, quindi, varia in base al contesto, al compito e al grado di coinvolgimento. Anche nei contesti educativi, come l’ascolto di una lezione, è difficile stabilire una durata media valida per tutti.
I nuovi dati: il report del 2025
Un’analisi pubblicata da Repubblica il 30 giugno 2025 ha riportato dati aggiornati raccolti in collaborazione con centri di ricerca italiani. Lo studio ha coinvolto oltre 1.200 soggetti tra i 15 e i 65 anni, sottoposti a test cognitivi e osservazioni comportamentali durante l’uso quotidiano di smartphone, computer e televisione.
Ecco alcuni dati chiave:
- Il 60% degli under 25 cambia contenuto ogni 45-60 secondi durante la visione di video o la lettura online.
- Solo il 15% degli utenti riesce a mantenere l’attenzione su un testo per più di 3 minuti consecutivi senza distrazioni.
- L’uso massivo dei social network è stato correlato a una ridotta capacità di mantenere l’attenzione focalizzata, ma non a un calo strutturale o irreversibile.
Secondo il professor Davide Montorsi, neuroscienziato dell’Università di Pavia intervistato da Repubblica, il problema non riguarda tanto una diminuzione fisiologica della soglia di attenzione, quanto piuttosto l’adattamento del cervello a stimoli digitali frequenti e brevi. “Non stiamo diventando incapaci di concentrarci. Semplicemente, alleniamo meno la nostra attenzione prolungata”, ha spiegato.
La soglia di attenzione si allena
Buone notizie: la nostra attenzione non è compromessa in modo irreversibile. Come ha sottolineato anche Repubblica, l’attenzione è una funzione plastica, che può essere rafforzata con pratiche consapevoli:
- Leggere per almeno 20-30 minuti al giorno senza interruzioni.
- Praticare attività di mindfulness o meditazione.
- Ridurre le notifiche e l’uso multitasking degli schermi.
- Ritagliarsi momenti di “no tech” durante la giornata.
Conclusione
L’idea che la nostra soglia di attenzione si sia ridotta a quella di un pesce rosso è una leggenda urbana, non supportata da dati scientifici attendibili. Tuttavia, è vero che il nostro stile di vita digitale può condizionare le nostre capacità attentive, rendendoci più propensi a passare da un contenuto all’altro in tempi brevi.
La buona notizia è che l’attenzione si può allenare. Riscoprire attività lente, leggere senza distrazioni e ridurre l’iperstimolazione digitale sono strategie efficaci per tornare ad avere un pensiero più concentrato e profondo.