SaluteTumori

Tumore alla tiroide, intervento e terapie più personalizzate

Secondo una ricerca della Fondazione ITCO il 98% dei pazienti è sottoposto a rimozione totale della ghiandola mentre solo al 2% viene salvata la parte sana

Quasi la totalità dei pazienti affetti da tumore alla tiroide viene sottoposto alla rimozione totale della ghiandola endocrina, mentre solo al 2% viene salvata la parte sana. Questi dati, che confermano come l’intervento chirurgico radicale sia l’opzione ancora oggi preferita, sono scaturiti da un lavoro dell’Italian Thyroid Cancer Observatory (ITCO), primo osservatorio nazionale sui noduli e sui tumori alla tiroide, che ha analizzato i dati raccolti dal 2013 su 1616 pazienti .

L’80% dei casi riguarda le donne (sono le più colpite con un rapporto di quasi 4 a 1 rispetto agli uomini) e la sopravvivenza è decisamente elevata e comprende quasi la totalità dei pazienti a 5 anni dalla diagnosi. Il numero degli interventi, però, ha fatto nascere l’esigenza di una chirurgia meno invasiva e più personalizzata sul singolo paziente. In questa direzione, infatti, va anche l’intervento condotto a Varese questa estate, primo caso in Europa di asportazione della tiroide senza cicatrici.

Gruppo San Donato

«La stessa cosa è accaduta per i tumori alla mammella con la quadrectomia – spiega Rocco Ballantone, endocrinochirurgo, presidente dell’ITCO e direttore dell’Unità Operativa complessa di Chirurgia Endocrina e Metabolica del Policlinico “A. Gemelli” di Roma – l’asportazione totale della tiroide viene consigliata in caso di tumori differenziati della tiroide, mentre in presenza di microcarcinomi papilliferi, tumori con dimensioni inferiori ai 10 mm e nei casi di prognosi favorevole, può essere possibile un intervento meno esteso attraverso la rimozione solo della parte interessata, riducendo il fabbisogno di terapia sostitutiva e il rischio di complicanze metaboliche e anatomiche».

L’obiettivo della Fondazione ITCO è quello di personalizzare sempre di più le terapie dei pazienti affetti da patologie tiroidee, soprattutto per ottimizzare l’utilizzo delle risorse economiche del nostro sistema sanitario nazionale. Cosa significa personalizzare? «Conoscere la loro evoluzione – spiega Ezio Ghigo, endocrinologo e direttore della Scuola di Medicina dell’Università di Torino – la maggior parte dei noduli alla tiroide sono di piccole dimensioni, non danno disturbi e sono classificati come benigni. L’aumento negli ultimi anni dell’incidenza dei noduli tiroidei seguito da un parallelo aumento dei carcinomi tiroidei si spiega con la migliore sensibilità e il facile accesso ai moderni mezzi diagnostici, che hanno influito nel “portare alla luce” piccoli tumori che probabilmente non sarebbero mai cresciuti fino a divenire clinicamente evidenti».

Dopo la rimozione chirurgica totale della tiroide, la cura standard è rappresentata dalla terapia sostitutiva con la levotiroxina, l’ormone sintetico della tiroide. Non tutti i pazienti che hanno subito l’asportazione totale della ghiandola endocrina, però, reagiscono in moto ottimale alla terapia: alcuni lamentano perdita della memoria, aumento di peso, stanchezza, depressione, mentre in altri l’ormone non garantisce di ottenere ottimali livelli di ormoni tiroidei. Per questo motivo, sono attualmente allo studio nuove terapie, come quella condotta dal team del professor Ballantone, che ha mostrato la maggiore efficacia della formulazione liquida della levotiroxina rispetto alle compresse.

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Tiroide: il sale iodato ha stroncato l’endemia di gozzo in Umbria

Tiroide: basta levatacce per prendere la levotiroxina

La tiroide in gravidanza: cosa cambia?

Settimana della tiroide: cosa fare se non funziona più o funziona male?

Metabolismo lento e difficoltà a dimagrire: colpa della tiroide?

Vittoria Belvedere: «Senza la tiroide mamma per la terza volta»

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio