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Will Smith: «Tremo per il cervello dei miei figli»

«Quelle botte prese da Trey e Jaden giocando a football mi fanno sudare freddo... Lancio un appello perché lo sport più popolare d’America diventi sicuro»

Sto diventando un esperto di traumi cranici nello sport, ho imparato tantissimo al riguardo quando ho interpretato Muhammad Ali nel 2001: il Parkinson precoce di Cassius Clay sembra sia stata una diretta conseguenza di tutti i pugni presi in testa nell’arco della sua carriera. Ma se, parlando di pugilato, è facile intuire rischi per la salute, nel caso del football la relazione non è così immediata. Sono rimasto sconvolto, leggendo il copione del mio ultimo film, Concussion (in Italia uscirà il 21 aprile con il titolo Zona d’ombra), nello scoprire che non è affatto raro incorrere in una patologia neurologica, l’encefalopatia traumatica cronica, praticando lo sport più popolare in America. A forza di sbattere la testa, pur protetta dal casco, il cervello alla lunga ci rimette. Una botta qua, una là, un piccolo trauma cranico oggi e uno domani, la massa grigia viene danneggiata con conseguenze irreversibili: demenza precoce, perdita di memoria in giovane età, depressione e istinti suicidi. La National Football Association sta diventando un cimitero di ex glorie morte troppo presto, e si ostina a non ammettere il problema.

QUANDO ERO IN CAMPO TEMEVO SOLO PER LE GAMBE
Io da ragazzino, quando giocavo a football al liceo, pensavo solo a non farmi male alle gambe: della testa proprio non mi preoccupavo. Oggi penso alla fragilità del nostro cranio ogni santo giorno! E naturalmente, se torno con la mente alle botte che ho preso nelle partite a scuola, ma soprattutto a quelle dei miei figli, mi vengono i sudori freddi. Il mio primogenito, Trey, 23 anni, ha giocato perfino a livello di college, che non è uno scherzo, ma anche Jaden, 17enne, di colpi ne avrà ricevuti tanti. Perché le capocciate nel football sono parte integrante del gioco. Intendiamoci, questo sport mi piace e non mi sognerei mai di abolirlo. Ma certamente le conseguenze a medio e lungo termine, anche dei traumi cranici minori, sono indiscutibili. Qualcosa bisognerà cambiare per rendere il gioco più sicuro. Nuove regole? L’aiuto della tecnologia per ottenere caschi capaci di attutire meglio i colpi? Occorre prima di tutto più trasparenza: sono contento di contribuire con il mio film a sensibilizzare il pubblico sui rischi per la salute del football.

Gruppo San Donato

Will Smith

Testimonianza raccolta da Silvia Bizio per OK Salute e benessere marzo 2016

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