Salute

Sindrome feto-alcolica: tutti i danni dell’alcol in gravidanza

Il 9 settembre si celebra la Giornata mondiale della sindrome feto-alcolica. L'esperta Flavia Indrio ci spiega le conseguenze dell'etanolo sullo sviluppo di un neonato

Giusto un calice per fare un brindisi nelle occasioni importanti. Oppure una birretta all’aperitivo, quando capita. Stando ai Rapporti ISTISAN 23/3, il consumo di alcol in gravidanza è comune in molti Paesi e circa il 10% delle donne consuma alcol durante la gestazione.

Eppure, la gestione dell’alcol durante la gravidanza è una cosa seria. E infatti la maggior parte dei medici vieta alle proprie pazienti di bere, anche solo un bicchiere, una volta ogni tanto. Il motivo si chiama sindrome feto-alcolica, la manifestazione più grave del danno causato dall’alcol al feto durante lo sviluppo nella pancia della mamma. Il 9 settembre (dal 1999) si celebra la Giornata mondiale del disturbo proprio per accendere l’attenzione su un consumo consapevole dell’alcol in gravidanza.

Gruppo San Donato

La sindrome feto-acolica in Italia

Dati precisi sull’incidenza nazionale della sindrome non esistono. Tuttavia, come riportato dal ministero della Salute, da un’analisi delle prime feci di 607 neonati condotta dall’ Istituto Superiore di Sanità in sette ospedali italiani, è emerso che l’esposizione prenatale all’alcol è mediamente del 7,9%. Con una variabilità che va dallo 0% di Verona al 29,4% di Roma. Quindi, circa 8 neonati su 100 sono esposti all’assunzione di alcol durante la vita nell’utero.

Cos’è la sindrome feto-alcolica?

Come ci spiega l’esperta Flavia Indrio, professore associato di pediatria e consulente in gastroenterologia pediatrica presso l’Università di Bari, «è un insieme delle disfunzioni del sistema nervoso centrale che sono causate dall’alcol assunto durante la gravidanza. Difficile diagnosticarla, perché non esiste un segno specifico, un sintomo, che ne permette l’individuazione. Tuttavia, durante lo sviluppo del feto si possono già vedere degli effetti, come una crescita rallentata, soprattutto se il consumo di alcol è importante e la donna non ha mai smesso di assumerlo nemmeno durante le prime settimane».

I medici faticano ad addossare la colpa di uno sviluppo fetale ritardato all’assunzione di alcol, perché «le donne che bevono non lo dicono al proprio ginecologo. Quindi è raro che la sindrome feto-alcolica venga intercettata durante la dolce attesa. Piuttosto, si risale alla causa quando il bimbo nasce e sviluppa le caratteristiche peculiari della sindrome».

Caratteristiche della sindrome feto-alcolica

Un bimbo con la sindrome feto-alcolica può avere svariate disabilità, che si possono dividere in primarie e secondarie.

Disabilità primarie

  • Dismorfismi facciali. Si notano tra gli otto mesi e gli otto anni: difetti degli occhi occhi, piccoli e distanziati; naso corto e piatto; solco naso-labiale allungato e piatto; labbro superiore molto sottile; padiglioni delle orecchie scarsamente modellati; ipoplasia mascellare e mandibolare.
  • Ritardo nell’accrescimento. Cioè valori inferiori alla media per altezza, peso corporeo e circonferenza cranica. Possono essere presenti anche malformazioni cardiache.
  • Anomalie nello sviluppo neurologico del sistema nervoso centrale. Quindi alterazioni cognitive e comportamentali.

Disabilità secondarie

Le disabilità secondarie, invece, insorgono più tardi e sono la conseguenza delle prime. Soprattutto se la sindrome non è stata mai diagnosticata e quindi i primi disturbi non sono stati trattati. «I bambini che nascono con la sindrome feto-alcolica sono molto più predisposti a disturbi mentali e psicosi» sottolinea l’esperta. E infatti tra queste disabilità troviamo:

  • problemi di salute mentale;
  • assenza di autonomia;
  • problemi con il lavoro;
  • esperienza scolastica fallimentare;
  • problemi con la legge;
  • isolamento;
  • inappropriato comportamento sessuale.

In che modo l’alcol agisce sul feto?

L’alcol è tossico e arriva al feto ad una concentrazione di poco inferiore a quella ematica materna. Le cellule fetali, però, non sono dotate di enzimi capaci di metabolizzare l’alcol, e quindi ne subiscono gli effetti dannosi. «L’alcol va ad agire direttamente sulla rete neuronale del feto, creando un’alterazione della crescita e un malfunzionamento dei neuroni» continua Indrio. «L’etanolo, infatti, è in grado di attraversare la placenta e altera tutta la circolazione placentare. Quindi al feto non solo arriva una sostanza tossica, ma anche poco sangue, con tutte le conseguenze che ne derivano nello sviluppo degli organi».

Quanto alcol genera la sindrome feto-alcolica?

C’è una quantità minima di alcol che scagiona dal rischio della sindrome oppure non c’è? «La quantità di alcol durante la dolce attesa deve essere uguale a zero» avverte l’esperta. «Non tanto perché qualsiasi quantità, da zero a cento, genera un danno. Ma semplicemente perché non sappiamo come reagisce l’organismo di ogni donna. E se in una un bicchiere di vino non fa niente, in un’altra può causare già dei piccoli problemi. Sicuramente, i danni più gravi sono generati da un consumo cronico, quindi da una donna che beve tutti i giorni più di un bicchiere. Ma poiché qualsiasi quantità di alcol ingerito dalla madre giunge direttamente al feto, il rischio di danneggiarlo è in ogni caso possibile anche con un calice ogni tanto».

Sebbene i rischi dell’assunzione di alcol in gravidanza siano ormai noti, molte donne in dolce attesa in Europa continuano a bere. Dai Rapporti ISTISAN 23/3 emerge, infatti, che l’Unione Europea ha i tassi più alti al mondo di sindrome feto-alcolica, oltre 2,5 volte la media globale.

«Da anni, come Società Italiana di Neonatologia, insieme al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità, cerchiamo di aumentare la consapevolezza nelle donne in gravidanza, in età fertile e che stanno programmando una gravidanza, attraverso campagne di comunicazione e prevenzione», afferma Luigi Orfeo, Presidente SIN. «È importante, infatti, garantire un’informazione quanto più corretta, immediata ed esauriente possibile, che renda le donne consapevoli, evitando di esporre loro ed i nascituri ai rischi di danni evitabili, sostenendo uno stile di vita più sano e azzerando il consumo di alcolici».

Esiste una cura?

La sindrome feto-alcolica è una disabilità irreversibile. I pazienti, quindi, hanno a disposizione terapie neuro-comportamentali, mirate soltanto alla semplificazione della loro vita. Familiare, sociale e lavorativa, quando possibile.

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