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Afasia: perché si può perdere la parola?

Il neurologo Massimo Del Sette spiega perché insorge l'afasia, quali sono i percorsi di riabilitazione possibili e come ci si può comportare con chi ha perso la parola dopo l'ictus o un altro evento cerebrale

Bruce Willis si ritira dalle scene perché colpito da afasia. «Questo disturbo, l’afasia, ha come causa principale una lesione in particolari aree della corteccia cerebrale dell’emisfero dominante, che è prevalentemente il sinistro, responsabile dei processi linguistici», interviene Massimo Del Sette, Direttore S.C. Neurologia Ospedali Galliera di Genova. «Con il termine “afasico”, inoltre, si indica sia chi ha difficoltà a esprimersi verbalmente, nonostante sia intatta la capacità di comprensione del linguaggio, sia chi fa fatica a capire le parole “in entrata”, cioè quello che gli viene detto da chi gli sta attorno».

Che l’afasia prenda una piega piuttosto che un’altra dipende fondamentalmente dalla sede dell’emisfero colpita e dalla dimensione del danno cerebrale. «Può anche accadere che il paziente faccia fatica a parlare a causa di un problema di mobilità a carico delle strutture deputate all’emissione di suoni, come ad esempio labbra e lingua. In questo caso non si parla di afasia ma di disartria».

Gruppo San Donato

Perché si è colpiti da afasia?

A causare l’afasia possono essere l’ictus e il trauma cranico: in questi casi non si è più in grado di capire e di parlare, del tutto improvvisamente. Ma all’origine del disturbo ci sono anche tumori cerebrali (e qui gli esordi sono subacuti), patologie neurodegenerative, come malattia di Alzheimer e sclerosi multipla.

Cosa si può fare per re-imparare a parlare?

Se il paziente, magari dopo un ictus, viene colpito da afasia, è necessario intraprendere un percorso riabilitativo. «Esistono dei professionisti, i logopedisti, che si occupano del recupero della capacità di linguaggio, sillaba dopo sillaba. La durata del trattamento è variabile e può durare tutta la vita, anche se il lavoro più intenso e importante si fa nei primi 12 mesi. Dopo questa prima fase, ci si può concentrare sulla cosiddetta “riabilitazione sociale”. Così il paziente può superare disagi emotivi e stati di tristezza o depressione, e tornare alla piena inclusione». Tra gli strumenti più utili in questo senso c’è anche la musicoterapia, che contribuisce ad attivare canali diversi da quelli verbali generalmente utilizzati.

La musicoterapia come forma di riabilitazione

Per questo motivo A.L.I.Ce. Italia Onlus ha dato vita al Coro degli Afasici. Si tratta di un progetto per chi ha già preso parte a un percorso riabilitativo ma vuole lavorare sui propri stati d’animo. «L’afasico ha difficoltà a parlare. Quasi sempre però riesce a cantare» conferma Nicoletta Reale, Presidente dell’associazione. «Questo è possibile perché il linguaggio verbale e la musica non sono nello stesso emisfero cerebrale. Il primo è nell’emisfero dominante, la seconda rientra in quello non dominante. Questo è il motivo per cui una persona che non riesce ad articolare neanche le frasi più semplici può, con l’esercizio, unire la propria voce a quella degli altri, anche solo sillabando».

Come comportarsi con una persona afasica

All’interno del percorso di riabilitazione, anche i familiari e i caregiver dell’afasico devono saper adottare dei comportamenti adeguati per facilitare la comunicazione. «Bisogna, ad esempio, lasciare tutto il tempo necessario al proprio caro per elaborare e tradurre il pensiero. È necessario porre domande semplici e dirette. In questo modo l’afasico può avere la possibilità di rispondere semplicemente con un sì o con un no, senza dover elaborare frasi complesse sul piano sintattico. Per farsi capire meglio ci si può anche aiutare con la comunicazione non verbale, come cenni del capo o movimenti delle mani» suggerisce Del Sette.

Ci sono anche delle cose da non fare, però. «Bisogna evitare di parlare troppo velocemente e alzare la voce. Nel nostro immaginario equipariamo una persona che fa fatica a esprimersi a una che ha difficoltà di udito: non è così. Bisogna parlare con un tono di voce normale e non usare un lessico troppo semplice, come quando si ha a che fare con un bambino. Non siamo di fronte a degli infanti ma a persone che hanno solo perso l’accesso al vocabolario» conclude il professore.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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