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Cicatrici: tutti i prodotti e i trattamenti per attenuarle o eliminarle

Le cicatrici non sono indelebili, almeno non tutte. I consigli per trattare al meglio una ferita che si sta rimarginando e i laser per attenuare i segni di vecchia data

Per Jovanotti sono «autografi di Dio». Ci ricordano quello che abbiamo vissuto. E superato. Tagli, ustioni, parti cesarei, interventi chirurgici, «ritocchini»… Ogni anno spuntano cicatrici sulla pelle di 100 milioni di persone in tutto il mondo. Segni discreti, a volte quasi invisibili, altre volte così evidenti da causare ansia, problemi di autostima, disturbi del sonno. Lo dicono i sondaggi. Più di una persona su due, rivela un’indagine pubblicata su Journal of Plastic, Reconstructive & Aesthetic Surgery, è insoddisfatta dell’aspetto di una cicatrice. C’è chi si rifiuta di indossare un bikini, chi la maschera con il trucco, chi si fa crescere la frangia. Non a caso questi segni sono chiamati le «belle mère» (suocere) della medicina estetica. Sono più tollerati sul corpo maschile, dove sono spesso visti come impronte di una virilità vissuta, ma talvolta la loro presenza è mal tollerata anche da lui, specialmente sul viso. E in alcuni casi non si parla solo di estetica, ma anche di prurito, irritazione, dolore: impossibile grattarsi, perché lì la pelle è troppo sensibile.

Come si formano?

Poeticamente si potrebbero definire aperture del corpo verso il mondo. La realtà è che prima si chiudono, meno saranno brutte. «Le cicatrici sono formazioni cutanee generate da una lesione: acne, malattie, piercing, tagli», spiega Marco Guizzardi, dermatologo e vicedirettore dell’Istituto dermoclinico Vita Cutis di Milano. «Quando ci si ferisce, si attiva automaticamente un processo che consente alla pelle lesa di ripararsi. La cicatrizzazione è parte integrante del processo di guarigione». La prima fase di questo processo è la coagulazione, volta ad arrestare il sanguinamento, seguita dalla fase infiammatoria che persiste al massimo sette giorni. La ferita viene poi «ripulita» da cellule specializzate: è la cosiddetta fase di detersione. Si passa quindi alla fase proliferativa, caratterizzata dalla produzione di nuove cellule di tessuto epidermico e dalla comparsa della matrice extracellulare a livello del derma. Si formano nuovi vasi sanguigni e la proliferazione delle cellule riavvicina i bordi della ferita per chiuderla. L’ultimo stadio, quello del rimodellamento, può durare da due mesi a due anni, a seconda della gravità della lesione e della capacità di cicatrizzazione individuale. In questa fase, il collagene si densifica e la rete vascolare si organizza. La riduzione dell’infiammazione è cruciale: più questa rimane intensa, più il tessuto rigenerativo sarà consistente e il segno visibile.

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Le cicatrici possono essere “mature” o “patologiche”

Il modo con cui la pelle cicatrizza è spesso una grande incognita, anche per i professionisti della salute. I chirurghi ammettono che in un intervento la cicatrizzazione è il parametro meno sotto il loro controllo. Diversi fattori possono determinare l’aspetto finale di una cicatrice: la genetica è il più importante. Poi tipo di pelle (quella scura o olivastra è la più predisposta), età (i bambini rischiano di più), ambiente, gravità della ferita, assenza di trattamenti, localizzazione della ferita. «Ferite di uguale lunghezza hanno risposte cicatriziali più complesse se collocate su zona soggetta a movimenti o su aree critiche come décolleté, schiena, gambe, spalle e articolazioni», conferma l’esperto. «Anche l’origine è determinante: una ferita procurata da un taglio chirurgico cicatrizza quasi sempre meglio rispetto a una accidentale, derivante da un trauma come una caduta, una patologia come l’acne o la varicella». Considerata l’eterogeneità degli elementi in gioco, sono possibili esiti differenti. «Quando la guarigione della ferita segue il suo naturale decorso, la pelle guarisce lasciando una cicatrice permanente, piatta e leggermente colorata», racconta lo specialista. «In questo caso si parla di cicatrice normale o matura. Quando invece questo meccanismo viene alterato e si verifica un’insufficiente o eccessiva produzione di nuove fibre di tessuto connettivo, la cicatrice si dice patologica: può assumere un aspetto sgradevole e comportare fastidi quali il prurito».

Quelle patologiche possono essere infossate o in rilievo

«Qualunque sia l’origine, una cicatrice patologica ha sempre un forte impatto psicologico ed emotivo», sottolinea Marketa Saint Aroman, medico generico, membro dell’American Academy of Dermatology. «Attenuarla permette di elaborare e superare il vissuto emotivo legato all’evento scatenante, soprattutto quando si tratta di un intervento a seguito di un incidente o una malattia tumorale: la cicatrice ricorda ogni giorno quella circostanza dolorosa e può impedire alla persona di voltare pagina e andare avanti». Le cicatrici patologiche possono essere atrofiche o ipertrofiche. Le prime sono piccole formazioni arrotondate e depresse (infossate) rispetto alla pelle sana circostante. Si formano in seguito ad acne o varicella. Quelle ipertrofiche sono in rilievo e arrossate, talvolta accompagnate da prurito e dolore. Compaiono alcune settimane dopo un intervento, un trauma o un’ustione e possono regredire spontaneamente. «I casi più difficili sono le lesioni cicatriziali abnormi, date da una proliferazione anomala di fibroblasti e collagene», prosegue Guizzardi. «Si chiamano cheloidi: sono cicatrici spesse, irregolari, arrotondate, con una colorazione rosso-brunastra e, a differenza delle precedenti che restano “confinate” nella lesione, si estendono oltre i limiti della ferita scatenante. Si formano vari mesi dopo e non scompaiono mai da sole».

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Le regole di prevenzione

Come prevenire la formazione di questi inestetismi? Anche se molti fattori di rischio sono immodificabili, c’è molto che possiamo fare per favorire una cicatrizzazione efficace e ridurre il più possibile la visibilità e la profondità dei segni. «Può sembrare scontato», aggiunge il dermatologo, «ma il consiglio più importante resta quello di toccare la ferita o lesione cutanea il meno possibile. Se lavorerà indisturbata per rimarginarsi, più rapido sarà il processo e migliore sarà l’esito finale. Una buona gestione delle lesioni acneiche o di una follicolite (l’infiammazione dei follicoli piliferi derivante per esempio dalla depilazione), riduce il rischio di cicatrici. È importante tenere sempre l’area pulita, avendo l’accortezza di non distruggere la flora saprofita presente sulla pelle, evitando lavaggi frequenti con detergenti aggressivi e strofinamenti continui. La formazione di una crosta coriacea quando la ferita asciuga all’aria può complicare il processo di cicatrizzazione e favorire la comparsa di cicatrici anomale: in questi casi sarà meglio mantenere un ambiente umido e idratato coprendo la ferita con una garza medicata».

Quelle recenti migliorano con creme e cerotti

È durante l’ultima fase di rimodellamento del processo di cicatrizzazione che si determina l’aspetto estetico delle cicatrici. In questo stadio la cicatrice può apparire ancora rossa, infiammata, con capillari dilatati. «Esistono dispositivi medici in crema o gel studiati per aiutare le cicatrici a normalizzarsi», spiega Guizzardi. «Sono in grado di influenzare l’andamento della cicatrizzazione grazie a derivati siliconici che hanno un effetto “compressivo “sulla ferita, aiutando in tal modo a prevenire la formazione di cicatrici patologiche e cheloidi». Formano una pellicola trasparente e impermeabile che protegge la pelle dagli agenti esterni, comprimono e levigano la cicatrice e apportano idratazione, alleviando fastidio e prurito. Vanno applicati due volte al giorno per due o tre mesi, in genere a partire da 15 giorni dopo l’evento lesivo. Dopo qualche settimana, la cicatrice presenta un miglioramento della dimensione e una maggiore morbidezza ed elasticità. Si alleviano prurito, dolore e arrossamento. Esistono anche in versione spray per grandi superfici (per esempio in caso di cicatrici da ustioni estese), oppure in cerotti per piccole ferite, da indossare per almeno 12 ore al giorno. In associazione si possono usare dermocosmetici in emulsione, olio o gel a base di glicerina, acido ialuronico ed estratti vegetali dall’azione lenitiva e riparatrice che favoriscono la cicatrizzazione e possono essere usati anche sotto il make up. Contro il prurito esistono spray antigrattamento a effetto rinfrescante, a base di acqua termale, pro-vitamina B5, centella asiatica. Per le cicatrici acneiche si consigliano infine prodotti contenenti fosfolipidi, glucosamina e fospidina che, contribuendo alla produzione di collagene ed elastina, favoriscono la rigenerazione del tessuto.

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I trattamenti estetici per le cicatrici più vecchie

Per i segni di vecchia data, invece, non c’è prodotto che tenga: in questi casi è necessario ricorrere a trattamenti estetici. La laserterapia permette di attenuare qualsiasi tipo di cicatrice, anche le più profonde e quelle localizzate in zone critiche. È attualmente la metodica più efficace, poiché il fascio di energia consente di trattare con precisione la superficie interessata. Le cicatrici possono essere talora cancellate del tutto o, se molto scavate, migliorate notevolmente grazie alla capacità del laser di rimodellare la cute e stimolare la produzione di collagene. «In caso di segni da acne», spiega l’esperto, «si utilizza un laser frazionato ablativo ad anidride carbonica o erbium: sfrutta un manipolo particolare che determina la formazione di “buchi” nella pelle, da cui parte la rigenerazione cutanea. Servono almeno tre sedute a distanza di due mesi una dall’altra, da fare durante l’inverno». È possibile trattare anche i cheloidi grazie all’azione sull’emoglobina e sulla loro componente vascolare. «In questo caso si usa un laser vascolare che distrugge i vasi in eccesso che nutrono la cicatrice, in modo da appiattirla», spiega Guizzardi. La seduta, che si svolge in ambulatorio, è molto rapida. Per evitare la comparsa di dolore o bruciore dopo il trattamento, il dermatologo somministra un anestetico in crema, mentre dopo vengono prescritte creme lenitive (la pelle tenderà a essere arrossata e leggermente gonfia). Sono necessarie dalle tre alle cinque sedute per vedere i benefici: si rimuovono il rossore e la rilevanza del cheloide, restituendo alla pelle un colore più simile alla cute circostante. «A differenza dei laser che si utilizzavano in passato, le tecniche odierne hanno meno effetti collaterali e una ripresa alle attività quotidiane più rapida (due o tre giorni)», prosegue lo specialista, «ed è anche possibile operare un successivo rimodellamento della pelle “lavorata” dal laser mediante la radiofrequenza». In questo caso, l’effetto termico del laser elimina gli strati più superficiali della pelle, levigando e riducendone i margini e lo spessore, mentre la radiofrequenza veicola in profondità l’effetto del laser, stimolando la produzione di collagene e colmando gli spazi vuoti del tessuto danneggiato. Le sedute costano dai 300 ai 600 euro l’una. «In caso di cheloidi e cicatrici importanti, che danno fastidio anche a distanza di molto tempo e che noi dermatologi chiamiamo “biologicamente instabili”», conclude Guizzardi, «viene suggerito un esame con il dermatoscopio per valutare se, in caso di capillari numerosi, adottare il laser vascolare o ricorrere ad altre strade, per esempio iniezioni di cortisone o altri farmaci ad azione appiattente».

Cicatrici: come comportarsi sotto al sole?

Il tessuto cicatriziale è diverso da quello precedente: ghiandole sudoripare e follicoli piliferi non si formano più, la pelle è più fragile e sprovvista delle sue difese naturali. «È importante evitare il sole per un po’», avverte il dermatologo Marco Guizzardi. «Esposte troppo precocemente, le cicatrici ancora rosee e presenti da meno di sei mesi subiscono un processo di iperpigmentazione che può lasciare macchie permanenti. Se la cicatrice è già matura, è comunque ipersensibile alle scottature. Fondamentale l’uso di uno stick protettivo specifico per zone fragili oppure una crema solare con Spf 50+ da rinnovare almeno ogni due ore».

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