Salute

Il fumo protegge da Covid? La ricerca francese, l’ira dei medici

Prima una ricerca cinese, ora uno studio francese spaccano il fronte dei medici sul rischio del fumo di sigaretta. Secondo alcuni esperti la nicotina proteggerebbe dal coronavirus. La maggior parte dei medici insorge: grave solo anche parlarne

La notizia circola in rete già da alcuni giorni. Diversi piccoli studi sostengono che fumare proteggerebbe dalle conseguenze più gravi del coronavirus che provoca Covid 19. Questo dato ha preso ancora maggior vigore dopo che l’ospedale parigino di La Pitié Salpêtrière ha deciso di prendere una decisione che ha lasciato di stucco la maggior parte del mondo medico internazionale, convinto da sempre che fumo e obesità sono invece fattori che aumentano la mortalità del coronavirus. La domanda che si sono posti i ricercatori francesi – il fumo protegge da Covid – parte dai numeri: solo il 4,3% dei pazienti ricoverati è un fumatore.

Il fumo di sigaretta è la seconda causa di morte nel mondo 

Intendiamoci subito. Fumare fa male. Insieme alla cattiva alimentazione e alla sedentarietà è responsabile della maggior parte delle morti che si registrano nel mondo. Inutile soffermarsi ancora una volta sui rischi del fumo di sigaretta, che alza le probabilità di molte malattie croniche come quelle cardiovascolari, polmonari e dei tumori. Smettere di fumare migliora sensibilmente la nostra salute fin da subito.

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La notizia, confermata dall’agenzia di stampa France Presse, chiarisce tra l’altro che nessuno farà fumare sigarette ai pazienti. I test saranno effettuati con cerotti alla nicotina, come quelli usati da chi vuole smettere con il vizio del fumo.

Il fumo protegge da Covid: la ricerca francese 

Il dato che comunque sorprende è che nonostante quello che sostengano molti virologi ci sia un numero esiguo di fumatori abitudinari tra i pazienti ricoverati in ospedale. Proprio in Francia è già stato svolto uno studio su 500 pazienti tutti positivi al Covid-19, solo il 5% era un fumatore. A questo punto è intervenuto il ministero della Salute francese che ha dato il via libero ai test. I ricercatori dell’ospedale parigino applicheranno ai volontari patch alla nicotina con dosi e modalità differenti:

  • sugli operatori sanitari per capire se offre protezione dal coronavirus;
  • sui pazienti ricoverati per vedere se diminuisce la gravità dei sintomi;
  • sui pazienti in rianimazione per comprenderne gli effetti.

Contestualmente nello stesso studio il team di lavoro dovrà verificare quale sia l’impatto dell’assenza del fumo di sigaretta sui pazienti ricoverati.

Il fumo protegge da Covid: le ragioni dei ricercatori francesi 

Zahir Amoura, professore di medicina interna e neurobiologo di fama mondiale, sostiene che tra i pazienti di Covid 19 i fumatori sarebbero addirittura l’80% in meno rispetto al resto della popolazione generale dello stesso sesso e della stessa età.

La spiegazione la fornisce un altro scienziato francese, Jean-Pierre Changeux, membro dell’Istituto Pasteur e del Collège de France. “L’ipotesi è che fissandosi sul recettore cellulare utilizzato anche dal coronavirus, la nicotina gli impedisca o lo trattenga dal fissarsi, bloccando così la sua penetrazione nelle cellule e il suo propagarsi in tutto l’organismo”.

I ricercatori partono dal presupposto che il “recettore nicotinico dell’acetilcolina” sia fondamentale per la replicazione del virus e sia anche all’origine della varietà di sintomi del Covid-19, tra cui la perdita dell’olfatto e del gusto.

Confondere il fumo di sigaretta con la nicotina è un errore enorme 

Naturalmente non si è fatta attendere la dura presa di distanza di gran parte del mondo scientifico. La Lega Italiana per la lotta contro i Tumori parla espressamente di un’informazione “infondata e pericolosa”.

“Le vie aeree e i polmoni sono il principale bersaglio del virus ed è quindi un dato di fatto che i fumatori abbiano maggiori possibilità di sviluppare forme più acute di Covid-19. Distinguiamo bene quindi la nicotina in quanto sostanza alcaloide, dall’atto del fumare” – ha fatto sapere con un comunicato il presidente della LILT Nazionale Francesco Schittulli.

“Come LILT, ci riserviamo di analizzare il suddetto studio, basato allo stato attuale sull’osservazione causa-effettoNon deve ingannarci il dato che indica che solo il 4,3% dei ricoverati per Covid risulti essere un fumatore. Tant’è che la fascia anagrafica più colpita dal virus è quella degli over 65. Si tratta di quella di per sé già meno interessata dalla dipendenza da fumo che, come è noto, registra il picco di incidenza massimo tra i 25 e i 44 anni”.

Mancano le prove scientifiche 

Allo stato attuale fanno sapere che non ci sia alcuna prova scientifica che dimostri effetti favorevoli della nicotina sulla infezione da Covid-19.

“Il fumo è la seconda causa di morte nel mondo” ricorda infine l’oncologo Schittulli. “Proprio con l’avvicinarsi della Giornata Mondiale Senza Tabacco, il prossimo 31 maggio, non vorremmo mai che la paura per il virus che ci sta tenendo sotto scacco possa incoraggiare la dipendenza da fumo, causa, oltre che del cancro al polmone, anche di tante altre patologie gravi e pericolose per la nostra salute”.

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