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Frattura del quinto metatarso: come si interviene?

Camminando o facendo sport si può andare incontro a una violenta distorsione, che coinvolge il tendine vicino al quinto osso metatarsale, strappandone un frammento

La frattura del quinto metatarso è la rottura dell’osso, piccolo ma lungo, che precede il dito mignolo e che è quindi collocato nella parte esterna del piede. Quando il frammento osseo rotto resta attaccato si parla di frattura composta, quando si stacca, parzialmente o totalmente, si ha, invece, una frattura scomposta.

Quali sono le cause?

Se, mentre si cammina, si corre o si svolge un’attività sportiva, come il tennis, il calcio, il basket, capita di appoggiare male il piede al suolo, si va incontro a una distorsione, ovvero una lesione dei legamenti che sostengono la caviglia, che cede quindi verso l’esterno. Quando, però, la distorsione è particolarmente violenta può accadere che, oltre ai legamenti, venga coinvolto anche il tendine che si inserisce alla base del quinto osso metatarsale e che ne «strappa» un frammento, dando appunto origine alla frattura.

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Quali sono i sintomi?

Intenso dolore localizzato sul margine esterno del piede, sotto il malleolo (sporgenza ossea laterale in corrispondenza della caviglia), a cui è associato un ematoma ben visibile e un forte gonfiore che si estende al dorso laterale del piede.

Come si diagnostica?

In seguito alla visita medica, per confermare la diagnosi si fa una radiografia, che consente anche di valutare il tipo di frattura (composta o scomposta).

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Come si cura?

Se la frattura è composta, è sufficiente una immobilizzazione del piede tramite il gesso o un tutore, del tipo walker, una sorta di stivaletto rigido. Entrambi vanno indossati per un mese, poi si riprende gradualmente a camminare, associando la fisioterapia assistita da un operatore specializzato, che contribuisce al recupero della mobilità della caviglia. In genere, bastano circa 10 sedute, della durata di circa 45-60 minuti ciascuna, durante le quali, oltre a esercizi attivi e passivi, si possono utilizzare terapie strumentali, come ad esempio la tecarterapia, con apparecchiature che servono a disinfiammare e a sgonfiare la zona traumatizzata, favorendo un più rapido recupero. Seguendo un corretto percorso terapeutico, tutto si risolve di solito in un paio di mesi, senza postumi. In caso di frattura scomposta è, invece, necessario l’intervento chirurgico mirato a riallineare i due monconi di osso bloccandoli con una vite per far guarire bene e più velocemente la frattura. Si tratta di un’operazione semplice, che si svolge in day surgery e che dura al massimo mezz’ora, per la quale è indicata l’anestesia locale. Anche in questo caso è necessario sottoporsi poi alla fisioterapia.

Focus a cura di Marco Pozzolini, Specialista in Ortopedia e Traumatologia al Centro Diagnostico Italiano (CDI) di Milano

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