Salute

Frattura del piatto tibiale: l’infortunio della sciatrice Sofia Goggia

Lo specialista Arturo Guarino spiega in che modo ci si può lesionare questa regione del ginocchio e come si può intervenire

Frattura del piatto tibiale e doccia gelata per Sofia Goggia: la sciatrice non parteciperà ai Mondiali di Cortina. Dopo la cancellazione del supergigante femminile di Garmisch, in Germania, a causa del maltempo, l’atleta azzurra è caduta rovinosamente mentre tornava a valle, percorrendo una pista turistica che l’avrebbe condotta fino al suo albergo. La campionessa bergamasca, costretta ad abbandonare qualsiasi competizione, ha riportato un trauma distorsivo-contusivo al ginocchio destro, con frattura composta del piatto tibiale laterale.
Arturo Guarino, Direttore della Traumatologia sportiva e dell’Ortopedia traumatologia I dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano, ci spiega meglio di cosa si tratta e in che modo si interviene in questi casi.

Cos’è il piatto tibiale?

Il piatto tibiale rappresenta la parte più alta – noi diciamo prossimale – della tibia, l’osso lungo che, insieme al perone, costituisce lo scheletro della gamba. È costituito da due parti: il piatto tibiale mediale, che è disposto verso l’interno della gamba, e il piatto tibiale laterale, disposto verso l’esterno. Queste due parti sono separate dalla cosiddetta area intercondiloidea. Il piatto tibiale permette l’appoggio dei condili femorali, cioè le due protuberanze poste sull’estremità inferiore del femore, che sono immediatamente sopra. Nella stessa regione trovano inserzione anche i due menischi, il legamento crociato anteriore e il legamento crociato posteriore del ginocchio. È un osso spongioso, non particolarmente duro. È paragonabile a un legno dolce che, in seguito a un impatto moderato, tende a deprimersi più che a spezzarsi.

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Qual è l’incidenza della frattura del piatto tibiale laterale e mediale?

Le fratture del piatto tibiale rappresentano circa l’1% di tutte le fratture che avvengono nel nostro sistema scheletrico. Di queste, il 70-80% è costituito dalle fratture isolate del piatto tibiale laterale perché quest’ultimo, rispetto al piatto tibiale mediale, è più fragile. Le fratture del piatto tibiale mediale incidono per il 10-20%, quelle che coinvolgono tutto il piatto tibiale per il 10-30%.

In quali casi è più frequente fratturarsi il piatto tibiale?

I pazienti giovani sono quelli più sottoposti alla frattura del piatto tibiale perché quest’ultima è spesso causata da traumi più o meno violenti, come quelli che si verificano in seguito a incidenti stradali o infortuni sportivi. Gli over 50, invece, possono incorrere in questa lesione anche per traumatismi più moderati, in virtù di tutti quei processi di indebolimento della struttura scheletrica (come la menopausa): in questi individui anche cadute banali possono determinare talvolta questo tipo di fratture.

Generalmente il meccanismo traumatico può essere legato a un colpo diretto (ad esempio, mentre si sta sciando, si cade e si va a sbattere col ginocchio contro un muretto o un albero) o a compressioni traumatiche in varo, cioè si verifica una forza verso l’esterno, o valgo, con una forza verso l’interno (ad esempio si sta facendo un salto, l’atterraggio non avviene con una stabilità ideale, il femore spinge violentemente sul piatto tibiale finché quest’ultimo non si frattura). Spesso la frattura del piatto tibiale è associata anche a danni a carico delle strutture capsulo-legamentose.

Il trattamento conservativo

Per valutare l’entità della frattura si ricorre a radiografia, TAC e risonanza magnetica. Questi esami forniscono informazioni importanti sulla scelta della terapia. Per fratture contenute, come quella che ha subito Sofia Goggia, si opta per un trattamento conservativo. Il paziente deve indossare delle ginocchiere articolate e, dopo i primi giorni nei quali si tende a far stare a riposo il ginocchio per non incorrere in dolori inutili, si può favorire un cauto ripristino dell’articolazione e concedere dai 30 ai 40 gradi di flessione. Man mano che l’individuo dimostra di non sentire male e di poter incorrere in quel tipo di movimento, si incrementa il range articolare.

La cosa che va assolutamente evitata è l’appoggio: si cammina con le stampelle per evitare che il carico possa indurre un’ulteriore scomposizione dell’area interessata. Generalmente dopo 45 giorni i processi riparativi permettono di iniziare con un carico sfiorante, cioè un appoggio che non superi i 10-15 kg, che va progressivamente ad aumentare a seconda della sintomatologia.

L’intervento chirurgico

Si opta per l’intervento chirurgico ogni volta che il piano articolare è sconvolto. Lo scopo è arrivare ad avere una superficie articolare il più fedele possibile a quella originaria e una stabilità degli elementi fratturati, in modo da “aggredire”, dal punto di vista riabilitativo, l’articolazione nel più breve tempo possibile. Attraverso delle vie di accesso il chirurgo ricompone e stabilizza la frattura del piatto tibiale mediante l’impiego di mezzi di osteosintesi, come viti e placche. Dopo l’intervento, il paziente deve osservare un periodo di riposo assoluto, indossando un tutore e usando le stampelle senza appoggiare la gamba interessata. La guarigione radiologica, intesa come restitutio ad integrum o quasi dello scheletro, mediamente va dai 3 ai 6 mesi.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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