
Per emorragia post partum (spesso abbreviata con la sigla EPP) si intende un sanguinamento anomalo che si verifica nei minuti o nelle ore successive alla nascita del bambino. Rappresenta a tutti gli effetti un’emergenza ostetrica, nonché una delle principali cause di decesso tra le partorienti a livello globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno circa 14 milioni di donne nel mondo vanno incontro a questa condizione e, tra queste, più di 45.000 muoiono per sopraggiunte complicanze.
Fino a oggi si parlava di emorragia in presenza di perdite superiori a 500 ml nel parto vaginale o a 1000 ml in quello cesareo, entro le prime 24 ore dalla nascita. Il nuovo orientamento delle agenzie sanitarie internazionali, però, propone di anticipare l’intervento clinico già con sanguinamenti di 300 ml accompagnati da segnali vitali anomali. È quanto emerge dal comunicato congiunto di OMS, Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetrica (FIGO) e Confederazione Internazionale delle Ostetriche (ICM), che suggerisce nuovi criteri diagnostici e detta linee guida aggiornate per una presa in carico ancora più tempestiva.
È infatti fondamentale promuovere strategie di prevenzione, diagnosi precoce e trattamenti immediati dal momento che l’emorragia post partum può interessare anche donne sane, senza particolari fattori di rischio evidenti, e in qualsiasi contesto clinico-ospedaliero.
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I sintomi dell’emorragia post partum
In caso di emorragia post partum – che viene definita primaria quando insorge entro le prime 24 ore dal parto e secondaria tra le 24 ore e le 12 settimane dopo – possono comparire segni legati allo scompenso emodinamico. Se infatti gli organi non sono adeguatamente irrorati e il cuore lavora ancora più duramente per soddisfare le esigenze dell’organismo, è possibile che si manifestino:
- tachicardia;
- abbassamento della pressione;
- sudorazione;
- tremori;
- pallore;
- diminuzione o addirittura assenza di urina;
- affanno.
Come riconoscere i segnali tempestivamente
Tuttavia, può capitare che queste avvisaglie non compaiano immediatamente o siano piuttosto sfumate, soprattutto se la perdita di sangue è graduale. Per questo motivo è fondamentale che il personale sanitario, correttamente formato, monitori continuamente i parametri vitali della donna – pressione sanguigna, saturazione, frequenza cardiaca – e valuti la portata del sanguinamento.
Il documento scientifico firmato da OMS, FIGO e ICM suggerisce agli ospedali e alle cliniche di dotarsi, qualora già non lo facciano, di teli sotto-gluteo con sacchetto graduato incorporato – da utilizzare durante il travaglio o il taglio cesareo – in grado di monitorare precisamente il livello di perdite ematiche. E come dicevamo poco fa, stando alle nuove linee guida, già con 300 ml di sanguinamento, accompagnati da anomalie nei segni vitali della donna, i medici dovrebbero intervenire.
Perché si può verificare un’emorragia post partum?
A scatenare un’emorragia di sangue nei minuti o nelle ore successive al parto possono essere alcuni fattori, che per praticità vengono suddivisi secondo la regola delle “4 T”:
- Tono uterino. L’atonia uterina, cioè l’incapacità dell’utero di contrarsi dopo il parto per impedire ingenti perdite di sangue, è la causa più frequente, dal momento che si verifica nel 70% dei casi di EPP.
- Trauma. Nel 20% dei casi la causa è da ricercare tra lacerazioni di cervice, vagina o perineo, estensione di lacerazioni durante il taglio cesareo, rottura o inversione dell’utero.
- Tessuto residuo. Se restano frammenti di placenta, membrane o coaguli all’interno dell’utero, questi possono impedire una buona adesione dei capillari e ostacolare la chiusura dei vasi. Succede nel 10% dei casi di EPP.
- Trombina. Disturbi della coagulazione (congeniti o acquisiti) possono rendere difficile la formazione di coaguli, favorendo emorragie. Questa è un’eventualità rara (meno dell’1 % dei casi).
Esistono anche altri fattori che possono aumentare il rischio. Tra questi: anemia materna già presente (può peggiorare la tolleranza alla perdita ematica), gravidanze multiple, presenza di liquido amniotico in eccesso (polidramnios), parto prolungato, troppo rapido o distocico, uso di farmaci che interferiscono con la coagulazione, placenta previa o placenta accreta, storia di precedenti emorragie post partum.
Quali strategie di prevenzione mettere in atto?
La prevenzione dell’emorragia post partum è un pilastro fondamentale. Molte delle morti materne per questa causa sono considerate prevenibili con strategie appropriate, suggerite dal documento scientifico sottoscritto da OMS, FIGO, ICM:
- identificare e contrastare l’anemia durante la gravidanza perché, come abbiamo visto, può favorire l’EPP. Le raccomandazioni per le donne anemiche includono la somministrazione giornaliera di ferro e folati per via orale durante la dolce attesa e trasfusioni di ferro per via endovenosa quando è necessaria una rapida correzione o se la terapia orale fallisce;
- evitare pratiche non sicure, come l’episiotomia di routine;
- promuovere tecniche preventive, come il massaggio perineale, in modo da ridurre la probabilità di traumi durante il parto;
- somministrazione di un uterotonico – preferibilmente ossitocina o carbetocina termostabile in alternativa – per supportare le contrazioni uterine durante la terza fase del travaglio, quella dell’espulsione della placenta.
Come si interviene in caso di emorragia post partum?
Una volta riconosciuta l’emorragia, viene raccomandato un pacchetto coordinato di azioni denominato MOTIVE, che comprende:
- Massaggio uterino.
- Ossitocici (farmaci che stimolano la contrazione uterina).
- Tranexamic acid (TXA, un antifibrinolitico che limita la dissoluzione dei coaguli).
- Infusione endovenosa di liquidi.
- Visita e ispezione del tratto genitale e vaginale per individuare lesioni.
- Escalation dell’assistenza se il sanguinamento persiste (uso di dispositivi, trasfusioni, chirurgia).
Nei casi in cui l’emorragia dovesse continuare, le linee guida raccomandano interventi efficaci come l’intervento chirurgico o una trasfusione di sangue per stabilizzare in modo sicuro le condizioni della donna.