CervelloSalute

Cura del Parkinson: speranza da una scoperta italiana

Lo sviluppo della malattia potrebbe essere rallentato dalle resolvine, molecole prodotte dal nostro organismo per spegnere processi infiammatori e riparare i tessuti danneggiati

A rallentare il Parkinson potrebbero essere delle molecole che produce il nostro stesso organismo. Sono le resolvine, particelle che spengono i processi infiammatori riparando i tessuti danneggiati e ripristinando lo stato di buona salute dell’organismo.

Resolvine sotto la lente d’ingrandimento

L’ipotesi arriva dai ricercatori italiani dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Santa Lucia IRCCS e Università Campus Bio-Medico di Roma, che da qualche anno stanno studiando queste molecole per il trattamento di patologie infiammatorie croniche o autoimmuni, tra cui oltre il Parkinson anche la sclerosi multipla. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.

Gruppo San Donato

Cos’è il Parkinson?

Il Parkinson è patologia neurodegenerativa, che si evolve lentamente ma in maniera progressiva, coinvolgendo soprattutto le funzioni alla base del controllo dei movimenti e dell’equilibrio.

Leggi anche: Esami del sangue: la guida completa

Neurodegenerazione rallentata

Durante lo studio, i ricercatori hanno prima rilevato un ridotto livello di una specifica resolvina, la resolvina D1, in pazienti affetti dalla malattia e poi sono intervenuti in modo sperimentale su modelli di laboratorio per riequilibrare la presenza di questa molecola nell’organismo animale. Il gruppo di ricerca è così riuscito a rallentare il processo neurodegenerativo che caratterizza la malattia di Parkinson.

Poca risolvina come sintomo

«Lo studio – spiega il coordinatore dello studio Nicola Mercuri, ordinario di Neurologia dell’Università di Roma Tor Vergata, responsabile della Linea di Ricerca di Neuroscienze Sperimentali dell’IRCCS Santa Lucia – ci ha permesso di dimostrare che la proteina alfa sinucleina, nota per il ruolo chiave nello sviluppo della malattia di Parkinson, causa molto precocemente un cattivo funzionamento dei neuroni dopaminergici. Le conseguenze sono disturbi motori e cognitivi, ma anche un’aumentata neuroinfiammazione associata a ridotti livelli di resolvina D1 che abbiamo osservato in pazienti affetti da Parkinson in cura presso il Policlinico di Tor Vergata».

Meno infiammazione e sintomi

Partendo da questa osservazione, i ricercatori hanno somministrato resolvina D1 in modelli di laboratorio e dopo due mesi di trattamento hanno potuto osservare una progressiva riduzione dello stato infiammatorio e del processo degenerativo che nella malattia di Parkinson provoca la nota distruzione dei neuroni deputati alla produzione di dopamina. Con essi si sono ridotti anche i sintomi motori e comportamentali caratteristici della malattia.

Leggi anche: Pressione bassa o ipotensione

Scoperta utile per la diagnosi precoce

I risultati dello studio, sottolineano i ricercatori, offrono nuovi spunti non solo per l’individuazione di terapie efficaci ma anche nell’anticipazione dei tempi di diagnosi della malattia.
«Ad oggi la diagnosi di malattia di Parkinson avviene tardivamente, quando più della metà dei neuroni dopaminergici è già andata distrutta e non abbiamo terapie per rigenerarli  – sottolinea Marcello D’Amelio, ordinario di Fisiologia Umana del Campus Bio-Medico di Roma e responsabile del Laboratorio di Neuroscienze Molecolari dell’IRCCS Santa Lucia – Essere riusciti a intervenire in laboratorio su un processo infiammatorio collegato a questa neurodegenerazione prima che i neuroni dopaminergici siano andati persi per sempre, fa ben sperare per future sperimentazioni cliniche in grado di rallentare o auspicabilmente arrestare lo sviluppo della malattia».

In questo articolo

Leggi anche…

None found

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio