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Cancro al seno in gravidanza: la storia di Valentina

Curare il cancro mentre si aspetta un figlio è possibile. Il merito è della ricerca oncologica, che con il sostegno di associazioni, come AIRC, sta facendo grandi passi avanti

Quella di Valentina, donna e mamma di due bambini, è una testimonianza preziosa in vista del 14 maggio, che non è solo la giornata in cui si celebra la Festa della Mamma, ma anche un’occasione per sostenere l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) attraverso l’Azalea della Ricerca che troverete in numerose piazze italiane. Per ricevere il fiore basta una donazione di 15 euro: grazie a questa offerta sarà possibile sostenere l’AIRC, da sempre in prima linea nel finanziamento della ricerca oncologica.

La gravidanza e la diagnosi del tumore

La storia di Valentina, che oggi ha 44 anni, inizia nell’agosto 2009 con la scoperta di un nodulo al seno e un’immediata visita dallo specialista. Dopo l’ecografia, però, Valentina viene rassicurata dal medico, che la invita a non preoccuparsi: il suo nodulo non era nulla di grave. Nello stesso mese, Valentina scopre di essere incinta e inizia a fare controlli periodici dalla sua ginecologa per tutto l’autunno.

Gruppo San Donato

«Con il passare dei mesi, il nodulo che avevo notato ad agosto, si ingrossa» racconta. «Lo segnalo alla mia ginecologa, che palpandomi si allarma e mi manda di corsa all’Istituto per la ricerca sul cancro di Genova». È il 23 dicembre e Valentina è alla 25esima settimana di gravidanza. Il dottor Calabrese, che la visita all’IST, capisce subito che è qualcosa di grave e dopo un’ecografia e poi una biopsia, le diagnostica un tumore al seno.

«Era triplo negativo con un indice di proliferazione del 94%, quindi molto aggressivo e difficile da curare. La decisione immediata dei medici è quella di sottopormi a un intervento chirurgico per la rimozione della massa tumorale, che ho fatto subito dopo la diagnosi, a gennaio».

La comunicazione della malattia

Tra lo sconforto e la paura generati inevitabilmente dalla scoperta di avere un tumore durante la gravidanza, Valentina viene accompagnata nel processo di diagnosi, riconoscimento della malattia e scelta delle cure da una comunicazione costante e mai affrettata.

«L’interruzione di gravidanza non è mai stata presa in considerazione e passo dopo passo, i medici mi hanno spiegato quali possibilità avevo di fronte» racconta Valentina. Dopo l’intervento chirurgico, viene messa in contatto con l’oncologa Lucia Del Mastro, direttore dell’Unità di Sviluppo Terapie Innovative al San Martino-Istituto Tumori di Genova e ricercatrice AIRC, che le spiega quali strade poteva percorrere.

«Dato che il mio tumore era molto aggressivo e mi trovavo al quinto mese di gravidanza, la dottoressa mi disse che non potevo aspettare il parto per iniziare le cure farmacologiche perché sarebbe stato troppo rischioso per la mia salute» premette Valentina. «Dall’altra parte, però, sarebbe stato pericoloso per Anna, la mia bimba, procedere con un parto cesareo troppo anticipato. La scelta migliore, che avrebbe tutelato sia lei che me, era iniziare subito la chemioterapia con un protocollo speciale, avvicinandosi il più possibile al parto».

La chemioterapia 

Come si è svolto questo “protocollo speciale”? «Prima di tutto calcolando e incastrando i cicli chemioterapici in modo che, al momento del parto, i miei valori ematici sarebbero stati buoni» racconta Valentina. «In secondo luogo, somministrando i farmaci chemioterapici più lentamente: invece di durare una-due ore, la flebo durava circa cinque giorni perché i medicinali, in particolare quello che rischiava di essere più cardio-tossico, mi venivano somministrati diluiti, per evitare un effetto tossico sulla bambina».

I giorni passati in ospedale sono tanti, così come i controlli, che però si limitano a esami del sangue e a qualche ecografia, dal momento che gli esami a raggi X, come le TAC, sono assolutamente sconsigliati durante la gravidanza. Il 3 marzo 2010, con un cesareo, Valentina partorisce Anna che, a parte qualche problema di insufficienza respiratoria dovuta alla prematurità, è del tutto in salute.

La fine delle cure

Dopo il parto, Valentina continua i suoi cicli di chemioterapia, e nel luglio 2010 può dirvi finalmente addio. «Dopo ho iniziato la radioterapia, finita nei primi giorni di agosto, ma poi fortunatamente non ho avuto problemi di recidive. Da allora ho continuato a fare controlli periodici di vario tipo, ma non ho dovuto prendere medicinali di copertura perché il mio tumore non aveva nessun recettore ormonale o altri tipi di recettori per farmaci biologici. Per questo era difficile da trattare» spiega Valentina.

Cure oncologiche, fertilità e gravidanza

Valentina è un esempio di come la parola “gravidanza” e “tumore” possano convivere, non solo nella stessa frase, ma nella vita di una donna. Molte persone non sanno ancora che oggi è possibile curare il cancro mentre si aspetta un bambino.

«Io sinceramente non lo sapevo e non sono una donna poco informata» premette Valentina. «Non ho mai associato il tumore in gravidanza alla perdita del bambino, ma pensavo di poter essere operata chirurgicamente, ma non curata, almeno finché la bimba non sarebbe nata». Non solo è possibile intraprendere cure oncologiche durante la gravidanza, ma è possibile anche rimanere incinta dopo dei cicli chemioterapici grazie alla crioconservazione ovocitaria. È importante che le donne lo sappiano, perché la ricerca sta facendo passi da gigante in questo campo.

Giulia Masoero Regis

 

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