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Come gestire i figli quando ci si separa?

Due specialisti spiegano in che modo si può affrontare questo delicato momento senza ferire bambini e ragazzi

Nel 2015 sono stati più di 82.000 i divorzi (57% in più rispetto all’anno prima, anche per via della nuova legge sui divorzi brevi), quasi 92.000 le separazioni (anche queste in crescita). In quasi 9 casi su 10, i figli sono affidati in condivisione al padre e alla madre. Un passo avanti rispetto a 10 anni fa, quando non c’era la legge sull’affido condiviso e nell’80% dei casi i figli minorenni venivano affidati alla madre. Ora invece anche la legge riconosce il diritto e il dovere di entrambi gli ex partner di continuare a esercitare il ruolo di genitori, per il bene delle creature.

Tra una lite e l’altra ci si dimentica dei figli

Nonostante le facilitazioni burocratiche e il miglioramento della rete di assistenza, quella dei genitori separati resta una vita difficile. Ci sono momenti in cui ci si sente così svuotati e demotivati da non avere più energie da dedicare ai figli. Alle difficoltà pratiche si aggiunge il senso di solitudine e abbandono e, spesso, permane una scia di risentimento e rancore verso l’ex, che sfocia in conflitti e battibecchi. Una situazione difficile in cui sono i bambini i soggetti più vulnerabili, da tutelare e mettere sempre al primo posto. «La crescita dei figli richiede un impegno serio da parte di entrambi i genitori, che nella maggior parte dei casi si sono separati proprio perché avevano opinioni differenti su vari aspetti della vita», spiega Anna Oliverio Ferraris, psicoterapeuta e autrice di Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori, (Bur, 2015).

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I genitori devono sforzarsi di trovare un compromesso

«Nelle questioni in cui si è in disarmonia, non bisogna pretendere di “vincere” a tutti i costi, perché chi perde veramente in queste battaglie sono i figli. Un bambino si sente rassicurato se papà e mamma trovano un accordo sul tipo di scuola a cui iscriverlo, sul pediatra da cui portarlo, sulle attività da fare». Servono dialogo e tolleranza. Questo non significa essere d’accordo su tutto. «L’accordo dovrebbe esserci sulle questioni più importanti (istruzione, educazione, salute), per il resto una sovrapposizione totale di idee è difficile da raggiungere, non accade neanche nelle famiglie più unite», sottolinea Roberta Cacioppo, psicologa, psicoterapeuta dell’età evolutiva, già consulente presso il servizio di tutela minori del Comune di Buccinasco (Milano). «Sulle questioni secondarie, i genitori devono essere in grado di delegarsi con fiducia, per esempio per quanto riguarda le attività che il bambino fa durante i giorni in cui vive con l’ex. Un figlio sa che su certi argomenti i genitori hanno posizioni discordanti e, con il tempo, diventerà naturale per lui o lei il fatto che, per esempio, nelle due case in cui vive ci possano essere regole e abitudini differenti». Aggiunge Oliverio Ferraris: «Ciò che conta è trovare un compromesso e non criticare gli interventi dell’uno o dell’altra, altrimenti si crea incertezza, confusione e sensi di colpa nei figli, che si sentono impotenti di fronte al disaccordo dei genitori».

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Natale e compleanni: con chi stanno i figli?

Una delle questioni più calde è la suddivisione del tempo libero del bambino. «In linea di massima il tempo delle vacanze va diviso a metà», spiega Oliverio Ferraris. «È bene però essere elastici e considerare i bisogni di tutti. Un adolescente ha esigenze diverse da quelle di un bambino: magari vuole andare in vacanza dove ci sono i suoi amici o dove può fare lo sport che gli piace. È legittimo che l’altro genitore sappia dove sono i figli quando non sono con lui e abbia la possibilità di contattarli al telefono, evitando di essere assillante, lamentoso, ipercritico». Quando coinvolgere il piccolo in queste decisioni? «È giusto che gli adulti gli diano la possibilità di esprimersi, ponendosi in posizione di ascolto, ma chiarendo anche che la scelta definitiva spetta ai grandi», risponde Cacioppo, che aggiunge: «Prendiamo Natale e compleanni: per il bambino è rassicurante la possibilità di trascorrerli con entrambi i genitori, ma bisogna valutare bene la capacità di questi di stare insieme in modo sufficientemente sereno da non rovinare la festa». Fingere è molto difficile. Conferma Oliverio Ferraris: «Sguardi irritati, battutine, risposte evasive vengono percepite dai figli i quali poi, se si lamentano, vengono accusati di vedere cose che non esistono». Importante anche sottolineare bene il senso di questa compresenza dei genitori, per non alimentare la speranza che possano tornare insieme. «Il messaggio da passare dev’essere che mamma e papà sono contenti di stare insieme a lui o lei in questa occasione: lo fanno perché sono i suoi genitori, ma questo non ha nulla a che fare con la coppia che sono stati in passato», spiega Cacioppo.

Bisogna stare insieme nei momenti importanti

Ci sono poi situazioni in cui ritrovarsi e passare del tempo insieme è inevitabile. Nei momenti importanti della vita del bambino, concerti e recite, visite mediche o ricoveri, colloqui con le maestre, mamma e papà devono esserci. «In questi casi serve uno sforzo: i genitori devono essere in grado di condividere questi momenti senza creare ulteriori stress al bambino, che deve concentrarsi sull’esperienza che sta vivendo, senza il timore che i genitori si mettano a discutere», sottolinea Cacioppo. «È importante anche prevedere momenti di ritrovo con la famiglia dell’ex: nonni, zii, amici. Non è rilevante che sia presente anche l’altro genitore, basta che il piccolo percepisca un clima di rispetto reciproco (mai parlare male dei nonni o di altri parenti davanti al bambino)». Il ruolo di queste figure è fondamentale perché, oltre a garantire una continuità affettiva al bambino, possono essere di supporto ai genitori, aiutandoli nelle questioni pratiche e confortandoli nei momenti difficili. L’importante è che non cerchino di ricoprire il ruolo di conciliatori o mediatori familiari (anche se in buona fede), intromettendosi in questioni che non li riguardano.

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Come presentare il nuovo partner?

Un amico, uno zio, un nuovo papà? Difficile trovare una definizione per quell’uomo (o quella donna) che è sempre più presente di fianco alla mamma (o al papà). «Non c’è una procedura collaudata uguale per tutti», premette Oliverio Ferraris. «A seconda dei casi, il genitore può decidere se parlarne al figlio prima di fargli conoscere il nuovo partner, o dopo che il bambino lo ha conosciuto, magari a casa di amici o durante una gita». Aggiunge Cacioppo: «La conoscenza deve procedere gradualmente, con occhi molto attenti a leggere le reazioni del bambino. Trovo utile che i genitori discutano del tema in via preliminare tra loro. È consigliabile che il piccolo sia messo a conoscenza da subito di come stanno le cose: un partner si presenta come tale, non come amico, conoscente o altro. Riguardo al rapporto che può instaurare con il bambino, dipende dall’età di quest’ultimo, dalla sua disponibilità a mettersi in relazione, dalla mediazione messa in atto dai genitori. Alcuni diventano dei veri e propri genitori “vicari” (in inglese si utilizza il termine step-mother o step-father): si tratta di una condizione ottimale, non così rara, ma che richiede grande impegno». È compito dei genitori far capire che il nuovo arrivato non toglie nulla alla famiglia, semmai la arricchisce. Ma senza fretta. «L’affiatamento non è quasi mai istantaneo», sottolinea Oliverio Ferraris. «Ci vuole tempo per accettare di condividere con altri il proprio genitore. Sono i figli a decidere che ruolo può avere nella propria vita la nuova moglie di papà o il nuovo marito della mamma».

Un genitore (di nuovo) felice può nuocere ai figli?

Ancora una volta l’adulto si trova di fronte a un bivio, diviso tra il diritto di essere felice e la paura di nuocere ai figli. «Nel momento in cui si è felici per l’amore trovato, è bene non perdere la rotta, abituarsi a contenere le attese, accettare resistenze o eventuali rifiuti da parte dei figli, dell’ex, delle famiglie d’origine», si legge nel libro Famiglie allargate. Consigli pratici per una convivenza serena (Erickson, 2015), di Roberta Mariotti e Laura Pettenò. La «rivoluzione Cesaroni» ci ha insegnato che l’unione di due famiglie è possibile, anche se non facile. Ogni famiglia ricomposta comporta un riadattamento, sottolineano le autrici del volume. È d’accordo Oliverio Ferraris, che su questo tema ha scritto Il terzo genitore. Vivere con i figli dell’altro (Raffaello Cortina, 2016): «L’incontro con i fratellastri è un passaggio critico, perché possono cambiare le posizioni all’interno del sistema famigliare: un primogenito può sentirsi “scavalcato”, l’ultimo perdere la sua posizione di piccolino. Gelosie e risentimenti vanno messi in conto. I bambini sono sensibili alle “preferenze” e se c’è un divario di trattamento tra i figli dell’uno e dell’altro possono nascere proteste, dispute, conflitti. Invece di ignorarli o minimizzarli, è bene parlarne e cercare le soluzioni più adatte, caso per caso. Bambini e ragazzi collaborano di più quando si sentono presi in considerazione». È importante che i figli di ciascun membro della coppia ricostituita si sentano tutelati dal proprio genitore e in rapporto prioritario con lui. È utile per esempio che di tanto in tanto trascorrano un po’ di tempo da soli: questo li rassicura sul fatto di essere amati come prima e di non essere stati rimpiazzati. «Se la nuova coppia ha un figlio proprio, dovrà essere in grado di far accettare il fatto che questo viva sempre in casa con entrambi, mentre il fratello maggiore divida il suo tempo tra la casa di mamma e quella di papà», spiega Cacioppo. La nuova situazione familiare, se accettata e ben gestita, può rappresentare una svolta positiva: si impara ad accettarsi l’un l’altro e a compiere delle rinunce per andare d’accordo.

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