Salute Mentale

Amaxofobia: come superare la paura di guidare?

Lo specialista spiega come si manifesta questa fobia, come mai può insorgere e soprattutto quali sono le opzioni terapeutiche

Nora aveva 25 anni e stava tornando a casa in auto dopo una serata con gli amici quando è stata tamponata da un furgoncino. Uno spavento enorme, la macchina danneggiata, un brutto colpo di frusta. Sono trascorsi tre anni da allora, ma la ragazza non ha più guidato. Carla, 46 anni, è invece preoccupata del fatto che, quando è al volante, gli altri la possano giudicare. Di conseguenza, odia dover parcheggiare o svoltare a sinistra, soprattutto quando altri veicoli sono fermi in attesa che lei concluda la manovra. E quindi si muove prevalentemente con i mezzi pubblici o i taxi. Matteo, infine, non si fida delle sue capacità alla guida, tanto meno di quelle degli altri. Usa l’auto, ma con estrema riluttanza ed esclusivamente su brevi tratti di strade che conosce bene.

Paura di guidare: viene al volante ma anche solo se si pensa di mettercisi

Tutti e tre hanno paura di guidare, un disturbo chiamato dagli esperti amaxofobia, dal greco amaxa, carro, e fobos, timore, descritto dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – il testo di riferimento degli psichiatri – come un’ansia marcata, persistente, sproporzionata di mettersi alla guida di un veicolo: un tipico esempio di fobia specifica di tipo situazionale. L’angoscia al volante può colpire donne e uomini di tutte le età e si può scatenare non solo nel momento in cui ci si mette effettivamente al sedile di guida, ma anche quando ci si aspetta di doverlo fare (ansia anticipatoria) o quando l’idea viene semplicemente evocata. Se questa fobia compare in età adolescenziale o giovanile può impedire di conseguire la patente di guida, anche se di solito fa capolino in chi, pur avendo già in tasca questa autorizzazione, resta paralizzato di fronte alle quattro ruote.

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Può esserci sempre o comparire solo in determinate situazioni

«Si tratta di un fenomeno in espansione e molto eterogeneo, che va da lievi preoccupazioni e disagi occasionali ad alti livelli di ansia, che possono sfociare in veri e propri attacchi di panico», spiega Enrico Zanalda, direttore del dipartimento interaziendale di Salute mentale dell’Asl To3 di Torino e past president della Società italiana di psichiatria. «Nei casi più gravi il disturbo può diventare invalidante, riducendo l’indipendenza, la mobilità, il benessere e compromettendo l’attività lavorativa e i rapporti sociali».

L’amaxofobia può quindi essere completa, quando è sempre presente e di fatto impedisce di guidare l’automobile, oppure parziale, quando si scatena in circostanze specifiche, come per esempio in assenza di una persona al proprio fianco, di notte o quando è buio, in autostrada e su strade a scorrimento veloce, in presenza di gallerie, ponti, viadotti o di traffico intenso o, ancora, di fenomeni atmosferici avversi, come pioggia battente, nebbia, vento, neve, ghiaccio.

In particolare, chi soffre di questo disturbo teme di perdere il controllo del veicolo, di provocare o subire un incidente, di restare bloccato nel traffico, di perdere l’orientamento e smarrirsi, trovandosi in una zona sconosciuta. Alla luce di ciò non è un caso che l’amaxofobia sia a volte associata ad altre fobie, come per esempio la paura degli spazi aperti o di trovarsi in situazioni in cui non si può ricevere aiuto (agorafobia) o la paura di spazi chiusi e ristretti (claustrofobia).

Paura di guidare: quali sono le cause

Ma dove si possono rintracciare le origini di questa particolare fobia? In alcuni casi il disturbo può essere favorito da una scarsa autostima unita a un’esagerata necessità di controllo, che in auto è irrealizzabile, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente circostante e gli altri guidatori. In altri, invece, il problema può essere innescato da esperienze traumatiche sulla strada, come incidenti o guasti al veicolo, vissute in prima persona, accadute a persone care o alle quali si ha semplicemente assistito. La fobia può avere anche radici più profonde e nascere da un’ansia di separazione e dal desiderio più o meno conscio di mantenere un rapporto di dipendenza dalla propria famiglia, per esempio dai genitori o dal partner, rinunciando alla propria autonomia.

I sintomi

I sintomi dell’amaxofobia sono simili a quelli che si manifestano in altre fobie e includono respirazione affannosa (dispnea), accelerazione del battito cardiaco (tachicardia), vampate di caldo o di freddo, sudorazione profusa, aumento della pressione del sangue, bocca secca (xerostomia), tremori e, nei casi più gravi, anche sensazione di svenimento o di soffocamento, dolore al petto, nausea e capogiri.

I questionari per misurare la paura di guidare 

In presenza di questa patologia, meglio non adottare la tecnica dello struzzo, che mette la testa sotto la sabbia, ma rivolgersi allo specialista psichiatra. Quest’ultimo, dopo un colloquio con il paziente, che è in genere sufficiente a formulare la diagnosi, può avvalersi di alcuni appositi questionari, mirati ad approfondire alcuni aspetti specifici del problema.

Tra questi ci sono, per esempio, il Driving cognitions questionnaire, una scala di 20 punti ideata nel 2007 per testare il timore di provocare incidenti, di avere attacchi di panico, di essere giudicati negativamente dagli altri quando si è alla guida; il Driving skills questionnaire, ideato nel 1991 per misurare l’autopercezione delle proprie capacità al volante; poi il Driving situations questionnaire, creato nel 1994 per quantificare l’entità dell’ansia nelle varie situazioni di guida; infine il Driving behavior survey, un protocollo ideato nel 2011 per rilevare i comportamenti ansiosi alla guida.

Paura di guidare: un aiuto arriva dalla psicoterapia

Una volta appurati nel dettaglio i vari aspetti diagnostici, è bene agire tempestivamente per venire a capo del problema. L’importante è che la terapia sia personalizzata, in modo da essere il più possibile adeguata alle caratteristiche e alle necessità di ciascun paziente e all’entità della sua malattia. «Una valida strategia che può essere messa in campo in questi casi è la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale», sostiene Zanalda, «mirata a insegnare all’assistito il modo migliore per gestire pensieri e azioni quando si trova faccia a faccia con ciò che lo atterrisce.

Durante le sedute, i professionisti lo metteranno gradualmente in contatto con la situazione temuta, nel tentativo di contrastare quello che, in gergo tecnico, viene chiamato evitamento». Per esempio, i pazienti possono essere invitati dal terapeuta a visualizzare immagini o video che riguardano i veicoli; a sedersi sul sedile del guidatore senza accendere il motore; a guidare per un breve tratto, magari in un parcheggio vuoto; ad approcciare la guida con appositi simulatori o utilizzando la realtà virtuale. La progressiva esposizione allo stimolo provoca una lenta desensibilizzazione, che aiuta a far sì che il controllo sulle proprie paure aumenti.

In casi di ansia acuta e di attacchi di panico utili anche i farmaci antidepressivi

Al posto degli stimoli concreti, il terapeuta può anche fare ricorso all’immaginazione del paziente, che dovrà visualizzare nella mente proprio ciò che lo terrorizza. Del resto, anche lo scrittore Cesare Pavese affermava che «non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola». Le sedute, che in genere si effettuano una volta alla settimana e che durano circa 45-60 minuti l’una, si protraggono di solito per sei-otto mesi, in base alla gravità della patologia e alla risposta del paziente. In casi di ansia acuta e di attacchi di panico frequenti il medico può prescrivere, in aggiunta alla psicoterapia, dei farmaci antidepressivi, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina come citalopram, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina. Questa terapia deve proseguire per sei mesi-un anno sotto il controllo dello psichiatra.

Paura di guidare: un sostegno arriva dai corsi di guida sicura

Nei casi in cui la paura di guidare è meno intensa possono risultare utili alcune semplici strategie. Per esempio, quella di portare regolarmente la vettura da un meccanico per sincerarsi del buon funzionamento di motore, freni, frizione, fanali, in modo da affrontare qualsiasi tragitto, anche breve, con la consapevolezza che l’auto è in perfette condizioni. Durante il percorso può invece servire ascoltare un po’ di musica e fare respiri lunghi e profondi, che aiuteranno a sentirsi più calmi e rilassati. Anche iscriversi a uno dei corsi di guida sicura proposti da varie scuole guida può giovare. L’offerta è ormai molto ampia in modo da soddisfare le più diverse necessità.

Qualche esempio? Le lezioni focalizzate sulla guida nel traffico cittadino, per imparare a destreggiarsi tra semafori, grandi incroci, rotonde. Quelle incentrate sulle situazioni a rischio, durante le quali si impara a contrastare lo slittamento imprevisto dell’auto o a evitare un improvviso ostacolo. E ancora, quelle che aiutano ad affrontare l’autostrada, insegnando a mantenere la velocità adeguata, a utilizzare in modo corretto le corsie, a sorpassare auto e mezzi pesanti. Non mancano lezioni dedicate alla guida in condizioni meteorologiche avverse, durante le quali si apprende il giusto uso delle marce, si effettuano esercizi di frenata su strada bagnata, si prova a montare le catene da neve.

L’amigdala diventa iper-reattiva e prende il sopravvento

Se potessimo sbirciare nel cervello di chi ha una fifa blu di guidare vedremmo in azione il «circuito» della paura. «Gli organi di senso (vista, udito, olfatto…) ricevono dall’ambiente circostante informazioni che segnalano la presenza o la possibilità di un pericolo», chiarisce lo psichiatra Enrico Zanalda. «Queste ultime arrivano al cervello, e in particolare all’amigdala, una piccola struttura a forma di mandorla sede delle emozioni e quindi anche della paura, che immediatamente invia in modo del tutto automatico l’allarme all’ippocampo e alla corteccia pre-frontale, che costituiscono una sorta di controllori delle informazioni ricevute, con il compito di decidere se e come intervenire, regolando le reazioni in base ai bisogni, alla situazione e al contesto. L’interpretazione emotiva precede, dunque, quella cognitiva-razionale, che interviene in un secondo momento.

Vari studi hanno dimostrato che nel cervello di chi soffre di amaxofobia, così come di altre fobie, qualcosa si inceppa: l’amigdala diventa iper-reattiva e prende il sopravvento, innescando risposte esagerate anche di fronte a stimoli irrisori. In particolare, in questa regione aumenta l’irrorazione sanguigna a scapito delle zone corticali, mentre nei non fobici accade l’opposto. I ricercatori hanno anche notato che, oltre a essere molto ricettivo, il sistema di allarme di chi è affetto da paure esagerate torna più lentamente e con maggiore difficoltà alla quiete».

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