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Tumore alla vescica metastatico: ecco una nuova terapia

Avelumab rappresenta un punto di svolta nella pratica clinica

Nel 2021 il tumore della vescica è stato diagnosticato a 25.500 persone e ha causato oltre 6.000 decessi. Questo tumore si sviluppa inizialmente nel rivestimento interno della vescica (urotelio) e per questo è chiamato anche tumore uroteliale. Può successivamente diffondersi alla parete muscolare che circonda la vescica e raggiungere i linfonodi, o altri organi come polmoni, fegato, ossa. «Per questo motivo, la diagnosi tempestiva è fondamentale, perché influenza la sopravvivenza futura, così come l’approccio terapeutico che, a seconda dello stadio del tumore, prevede interventi combinati tra chirurgia, chemioterapia, radioterapia e immunoterapia», spiega Roberto Iacovelli, dirigente medico presso l’Unità di Oncologia medica della Fondazione Policlinico
Universitario Agostino Gemelli di Roma.

Tumore alla vescica metastatico: ecco una nuova terapia

Fino ad ora il trattamento standard di prima linea del tumore in stadio avanzato era la sola chemioterapia. Nei pazienti in cui si osservava almeno una stabilità della malattia al termine della chemioterapia, seguiva un periodo di osservazione per individuare precocemente la nuova progressione di malattia cui far seguire un nuovo trattamento, questa volta di seconda linea. «Fino ad oggi non vi erano evidenze scientifiche sufficienti per proporre una terapia farmacologica di mantenimento con l’intento di mantenere il risultato raggiunto dalla prima linea di chemioterapia, ritardare la progressione, ed infine l’evoluzione della malattia» aggiunge Iacovelli. In questi giorni, però, l’Agenzia italiana del farmaco ha ammesso alla rimborsabilità una nuova terapia per il trattamento di mantenimento in prima linea di pazienti adulti affetti da tumore uroteliale localmente avanzato o metastatico senza progressione dopo una chemioterapia.

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Avelumab rappresenta realmente un punto di svolta nella pratica clinica

Si chiama avelumab ed è, quindi, la risposta a un’esigenza terapeutica, quella del mantenimento, per la quale non esistevano soluzioni. L’immunoterapia rappresenta un approccio terapeutico relativamente nuovo in oncologia, ed è considerata la “nuova arma” per la cura del cancro dopo chirurgia, chemioterapia e radioterapia. Riattiva e rinforza il sistema immunitario del paziente, spingendolo ad attaccare le cellule malate. «Per i tumori uroteliali, dopo quasi tre decenni senza sostanziali novità, avelumab rappresenta realmente un punto di svolta nella pratica clinica» sottolinea Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento di oncologia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni e Presidente incoming della Siuro (Società italiana di uro-oncologia). «Il farmaco non soltanto si è rivelato efficace nel controllo della malattia, e con risultati in sopravvivenza aumentati rispetto a quelli comunicati in precedenza, ma è anche ben tollerato. Elemento, quest’ultimo, di estrema importanza, alla luce della tipologia dei pazienti trattati, spesso anziani e affetti da molte altre patologie».

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