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Impara a superare le sconfitte

Testo di Michela Rosati, psicologa e psicoterapeuta, blogger di PSICOZOO Saper perdere può costituire un grande vantaggio. Troppe volte, invece, ci soffermiamo sugli aspetti negativi dell’insuccesso, ignorandone le potenzialità. William Arthur Ward, scrittore e insegnante americano del secolo scorso, diceva che «il fallimento non è fatale. Il fallimento dovrebbe essere il nostro maestro, non il nostro becchino. Dovrebbe spingerci verso nuove stimolanti sfide, non gettarci nelle profondità della disperazione».

Testo di Michela Rosati,
psicologa e psicoterapeuta,
blogger di PSICOZOO

Saper perdere può costituire un grande vantaggio. Troppe volte, invece, ci soffermiamo sugli aspetti negativi dell’insuccesso, ignorandone le potenzialità. William Arthur Ward, scrittore e insegnante americano del secolo scorso, diceva che «il fallimento non è fatale. Il fallimento dovrebbe essere il nostro maestro, non il nostro becchino. Dovrebbe spingerci verso nuove stimolanti sfide, non gettarci nelle profondità della disperazione».

Gruppo San Donato

Oggi, anche i ricercatori sono giunti alla stessa conclusione. In un recente studio, Madsen e Desai (2010) hanno scoperto che, in termini di apprendimento, la lezione che una sconfitta ci insegna viene ricordata molto più a lungo delle informazioni collegate ad una nostra vittoria.

In genere, però, le persone non hanno un buon rapporto con i loro piccoli o grandi insuccessi. Ho già descritto, nel mio precedente articolo, quanto lasciarsi dominare dalla paura di fallire o di essere rifiutati possa portare a conseguenze disastrose, in termini di autostima e di risultati concreti.

Cosa fare allora? Alcune strategie efficaci possono aiutarci a trasformare una sconfitta in una rampa di lancio verso il miglioramento e la crescita.

– Non è la fine del mondo. La prima cosa da capire, quando non riusciamo a raggiungere un obiettivo, è che non dobbiamo farne un dramma. Si può sempre risorgere, qualunque sia l’entità della perdita. In alcune occasioni, infatti, tendiamo ad essere eccessivamente catastrofici, immaginando conseguenze irrimediabili («è finita», «senza di lei/lui non sarò mai più felice», «sono condannato a…»). Tuttavia, le nostre aspettative pessimistiche non corrispondono quasi mai alla realtà dei fatti.

– Cadere è normale. Gli insuccessi dovrebbero essere considerati eventi normali – in una certa misura, inevitabili – e potenzialmente positivi, che vanno accettati e non demonizzati. Non possiamo pretendere che la nostra esistenza sia solo un susseguirsi di cose entusiasmanti. Certo, cerchiamo di massimizzare i buoni risultati e di ridurre al minimo le sconfitte, ma pensare che sia possibile evitarle del tutto è pura illusione.

– Non durerà per sempre. Come insegna Martin Seligman (1990), se riteniamo che la causa del nostro fallimento sia permanente («sono stupido», «sono brutto», «sono banale») non faremo niente per miglioraci. Se invece crediamo che la causa sia temporanea («ero solo un po’ stanco», «non mi sono impegnato abbastanza», «sono in sovrappeso») allora potremo agire per cambiarla e raggiungere la meta.

– Recuperare l’autostima. È importante riconoscere i propri errori e assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Ma questo non significa che la sconfitta sia sempre e solo colpa nostra (pensiamo ad un licenziamento a causa della cattiva gestione di un’azienda, ad un amico che smette di frequentarci semplicemente per mancanza di tempo). Passare ore interminabili ad incolparci di quello che è successo serve solo a consumare preziose energie mentali, che potrebbero essere utilizzate per trovare soluzioni alternative.

– Modulare le emozioni. È il passo più difficile, perché le emozioni che seguono la scia di una delusione – siano esse imbarazzo, umiliazione, paura, rabbia, tristezza – possono travolgerci. Anche se tali emozioni sono perfettamente normali, è fondamentale riuscire a modularle. Non possiamo rispondere in modo efficace agli eventi della vita finché non decidiamo di mettere da parte l’angoscia. Quando siamo angosciati, la prospettiva viene distorta: è molto complicato, in questi casi, valutare oggettivamente la situazione e agire costruttivamente per rimediare all’accaduto.

– Cambiare direzione. Consideriamo l’insuccesso per quello che è: una momentanea battuta d’arresto, una deviazione, che sta rallentando i nostri progressi. Ovviamente un ritardo non equivale ad una sconfitta e non occorre interpretare una strada sbarrata come la fine del viaggio. Magari non potremo più procedere in un determinato senso, ma ci sono quasi sempre altre strade da percorrere per arrivare allo stesso risultato.

– Essere proattivi. Mentre coloro che temono di fallire possono bloccarsi anche per molto tempo, nel tentativo di evitare ulteriori frustrazioni, gli individui che arrivano ad avere successo scelgono di rischiare e di essere proattivi. Per cambiare bisogna agire: portare a termine un progetto, per quanto modesto, dà sempre più soddisfazione di un’idea geniale che rimane chiusa in un cassetto.

– Imparare e non arrendersi. Le delusioni offrono l’opportunità di aggiustare il tiro, di ripensare a come e perché la cosa non è andata come avevamo previsto. Il feedback è spesso determinante per raggiungere il successo. Le persone capaci di realizzare le loro ambizioni, quando mancano un obiettivo, analizzano la situazione senza «rapimenti emotivi». Tenendo conto delle proprie risorse ed anche dei loro limiti, valutano l’opportunità di perseguire ancora una determinata meta o di cambiare direzione. Imparando dagli errori fatti, prendono di nuovo la mira facendo più attenzione, con la consapevolezza che ad ogni successivo tiro si avvicineranno sempre di più al centro del bersaglio. Ogni sbaglio, quindi, è calcolato non tanto in termini di fallimento quanto di progresso.

– Occhio al circolo vizioso. Fate attenzione, infine, a non rimanere intrappolati nel circolo vizioso dei pensieri catastrofici e delle emozioni negative. Se da troppo tempo vi tengono in ostaggio è opportuno consultare uno psicoterapeuta. Lo specialista può aiutarvi a superare le difficoltà nel modo migliore e, indipendentemente dal risultato, ad assaporare la gioia più autentica, quella che non deriva dalla vittoria e dal successo ma dal saper affrontare le prove della vita con saggezza e dignità.
Michela Rosati

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